Se pure a dicembre ho acquistato e recensito due cd, in realtà era da novembre che non passavo a fare la spesa da Mastelloni. D'altra parte come ho mostrato, la musica è stata una delle mie principali voci di spesa nel 2012, e vorrei mantenere questo trend nel 2013, in culo alla crisi. Per cui ecco i primi nove acquisti del nuovo anno (nemmeno tanti, dai), suddivisi in due parti, album e compilation.
Continua la serie delle ristampe degli album di Plastikman, e io non posso fare finta di nulla. Per ora ho acquistato solo Musik, anche se ne erano già disponibili altri, che ho deciso di dilazionare nelle prossime occasioni. Non c'è molto di diverso da dire rispetto algi altri: una techno minimale fino ai limiti dell'essenziale, suoni puri e puliti, pezzi lunghi e riflessivi. Questi lavori dei primi anni 90 di Plastikman (quello che poi avreste conosciuto come Richie Hawtin) sono probabilmente i capisaldi della minimal. Pertanto irrinunciabili.
Si procede con un altro nome comparso di frequente su queste pagine, visto che di Paul Kalkbrenner mi sto ricostruendo pezzo per pezzo la discografia. Icke Wieder è il suo album del 2011, e come altri di cui ho parlato in altri post contiene una serie di pezzi di grande qualità. Se non fosse per i titoli impronunciabili, tutte e dieci le tracce meriterebbero davvero una diffusione maggiore, da Jestrupp a Kleines Bubu. Fortunatamente Kalkbrenner (Paul, non Fritz) è riuscito a sfondare il muro che lo separa dal mainstream, e può contare su un pubblico relativamente ampio. È un bene, perché la sua musica è una delle migliori espressioni della techno più "soft" attualmente in circolazione.
Anche Boys Noize, per qualche strana combinazione, è uno (perché è uno solo, nonostante la S di "boys" faccia pensare a un plurale) che ultimamente sta scavallando la nicchia dei seguaci dell'elettronica, e lo dimostra, tanto per dire, la collaborazione con Snoop Dogg per una delle tracce di questo Out of the Black. Come sempr enon voglio fare il trend leader, ma Boys Noize lo seguo da before it was cool, e si può dire che essenzialmente il suo stile è rimasto il solito: musica frenetica, vocal distorti, synth spremuti al massimo. In questo senso, l'ultimo album rimane coerente con la sua tradizione, il che è a suo modo confortante, perché dimostra come, nonostante la crescente popolarità, Alex Ridha (mi pare si chiami così) non abbia ceduto a compromessi per uno stile più marchettabile... a meno che il duetto con Snoop Dogg non sia già di per sé un compromesso.
Di Fairmont invece non si può dire che sia popolare (nonostante il successo di Gazebo). Uno degli allievi della Border Community di James Holden, back in the days, era da un po' che non si faceva sentire. Dopo qualche anno di silenzio, è tornato fuori a fine 2012 con questo Automaton, che contiene una decina di tracce del suo particolare e riconoscibile genere. Fairmont, come pochi ma eccellenti altri artisti, riesce a fondere i fondamenti dell'elettronica con una componente pop, creando brani lenti ma densi di significato, spesso arricchiti da testi interpretati da lui stesso. È un'alchimia non facile per tutti, ma che si esprime al meglio in pezzi come Old Ways e Broken Glass. Sicuramente un genere accessibile a chiunque, in grado di far apprezzare la profondità dell'elettronica anche a chi non la segue.
Infine troviamo Starkey, che nemmeno io conoscevo e a cui ho dato fiducia in base ai titoli dei pezzi. Orbits si è rivelato essere un album principalmente dubstep, genere che già mi soddisfaceva poco in origine, ma che a maggior ragione nell'epoca post-Skrillex sta iniziando a diventare irritante (soprattutto per i numerosi tentativi di imitazione, non tanto perché sia fastidioso di per sé... almeno non del tutto). Per questo, non posso dire che l'album mi sia piaciuto più di tanto. Paradossalmente, mi sono sembrati migliori i pezzi puramente strumentali come Crashing Sphere, che sembrano più ispirati, piuttosto che quelli che dovrebbero essere la "portata principale" del disco. Per cui il tutto risulta ascoltabile ma non entusiasmante.
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