Qualche anno fa quando uscì Ralph Spaccatutto (Wreck-It Ralph) non lo vidi al cinema, anzi forse non notai nemmeno che esisteva fino a diversi mesi dopo, quando lo recuperai in altro modo (ancora non c'era Netflix in italia credo, o se c'era non ero abbonato). La storia mi aveva attirato inizialmente per l'ambientazione nel mondo del videogioco classico, i vecchi cassoni arcade con cui ho appena avuto il tempo di fare limitata esperienza prima dell'eplosione delle consolle casalinghe. Quanto basta comunque per cogliere le numerose citazioni e apprezzare la premessa: un villain stanco del suo ruolo che vuole passare a essere considerato l'eroe.
L'esecuzione del film, però. Wow. Non me l'aspettavo e mi ha del tutto sorpreso. Al di là del contesto e delle gag, alcune forse indirizzate al pubblico più giovane e quindi non proprio formidabili, la storia è di un equilibrio e una profondità invidiabile. All'epoca avevo una percezione per lo più empirica di cosa fosse il classico "arco di trasformazione" del protagonista di una storia, ma rivedendolo in seguito (e l'ho visto altre tre volte, che per me è un numero di ripetizioni che possono vantare forse giusto una decina di film) ho potuto apprezzare quanto tutto fosse perfettamente orchestrato. E forse per questo già da allora Ralph era salito nel ristretto club dei miei personali eroi, assieme per esempio al Dottore, Desmon di Lost, Leto II della saga di Dune, e più recentemente Akecheta di Westworld.
Per questo avevo molta paura di Ralph spacca internet (Ralph Breaks the Internet). Annunciato in un periodo in cui cinema e tv sembrano capitalizzare tutto su nostalgia preconfezionata e citazionismo 3x2 (un easter egg ogni due riferimenti espliciti!), i primi trailer mi avevano lasciato una brutta sensazione, o come direbbe il target tipico di questo tipo di film: a bad feeling about this. Ciò che veniva proposto come rappresentativo del nuovo film era la scoperta del mondo al di fuori dell'arcade, con Ralph e l'amica Vanellope catapultati nell'immensita dell'internet, tra social media, ebay, video di gattini e quartiere Disney. Era soprattutto quest'ultimo a preoccuparmi, anche per la lunga sezione dei trailer dedicata all'incontro con le principesse. Quanto di più aderente a quell'idea di nerdgasm autoreferenziale per il quale risulto patologicamente frigido. Eccoci al nuovo Ready Player One, mi sono detto, o diocisalvielliberi un altro Emoji Movie.
Mi sbagliavo.
O meglio, non mi sbagliavo nelle mie impressioni, perché di fatto anche rivedendoli adesso i trailer pubblicizzano un prodotto piuttosto diverso da quello che poi si trova: un film markettabile per bambini, con tante risatelle stupide e tanti personaggi di cui mamma ho il pupazzetto di quello. Ma Ralph spacca internet si rivela poi un'operazione del tutto diversa da quanto mostrato in quei pochi minuti*.
Siamo di fronte a un altro film estremamente complesso, che certo gioca alla citazione (come il precedente peraltro) ma non ne fa il perno della sua sua esistenza. E quello che mi ha colpito è come l'obiettivo del protagonista sia coerentemente ribaltato rispetto al primo film. Il Ralph di Ralph Spaccatutto è insoddisfatto e combatte per uscire dal suo ruolo ed essere accettato per quello che è, e alla fine lo ottiene. Di conseguenza all'inizio Ralph spacca internet, è davvero felice: la sua vita è come l'ha sempre voluta, e non c'è niente che vorrebbe cambiare. È così convinto e appagato di ciò che ha, che tutta la storia consiste essenzialmente nella sua oppposizione al cambiamento, per mantenere lo status quo in cui si trova: il "lavoro" giornaliero, il suo piccolo ambiente ristretto, l'amicizia con Vanellope. È talmente concentrato a godere di quello che ha ottenuto che non si rende conto che sta costringendo anche le persone a lui più care (ovvero, Vanellope) alle sue stesse (assenti) ambizioni.
Si può ammettere che questo film non colpisce come il precedente, perché non c'è un nemico esterno come era King Candy nel primo (villain peraltro estremamente affascinante e multisfaccettato). A parte gli occasionali scontri, il vero nemico per tutto il tempo è lo stesso Ralph, e lo è fin dall'inizio ma ce ne accorgiamo solo a un quarto d'ora dalla fine, perché siamo talmente immersi nel suo punto di vista di bonaccione e amico premuroso che non lo vediamo finché non ci viene sbattuto davanti. E quando succede, è talmente esplicito che arriva come una pallonata nello stomaco. Forse non ci sono scene strazianti come quella nel primo film in cui Ralph distrugge il kart di Vanellope (diomio, solo a pensarci mi si stringe la gola), ma se il finale può sembrare anticlimatico per come si risolve, è solo perché solo quella poteva essere la soluzione del problema: non i botti e le esplosioni, ma una serena (per quanto dolorosa) accettazione. Il rapporto tra Ralph e Vanellope appare come quello tra un padre e una figlia che sta cercando la sua strada, e che bisogna imparare ad accettare anche se le sue scelte la porteranno lontana. È una storia meno facile da presentare, soprattutto in un film "per bambini", ma che funziona alla grande. Molto più del percorso di redenzione cattivo-eroe, ci tocca da vicino, perché siamo tutti i peggiori nemici di noi stessi quando ci opponiamo al cambiamento.
Ecco come ha fatto Ralph con le sue manone a spaccarmi il cuore e trovarci un posto. Dovrò rivederlo in lingua originale per poter cogliere meglio certe gag intraducibili (oh boy / ebay, ad esempio), ma so già che mi rimarrà dentro. È in casi come questi, rari ma preziosi, che vengo convinto sempre di più del potere della narrativa di parlare a tutti, un linguaggio universale che può solo unire le persone e in pochi casi, rari ma preziose, migliorarle.
*Postilla in merito al trailer: Ralph spacca internet è consapevole di aver ingannato il pubblico per come si è presentato. Nella scena dei titoli di coda vediamo infatti la bambina che si lamenta "ma nel trailer c'era una scena che non si è vista", che era poi una delle sequenze più stupidotte che mi aveva fatto storcere il naso. Ma rivista in quel momento, in quel contesto metatestualizzato, ha assunto tutto un altro testo e ho riso di gusto. E a quanto mi risulta è la prima volta che in un film viene apertamente calcata l'attezione su come il materiale pubblicitario non corrisponda al prodotto. Chi ha deciso di trollarci, lo ha fatto con gran classe.
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