Inedito is a state of mind

Non serve che vi racconti io dell'immagine che vedete qui accanto, no? In un paio di giorni la notizia ha rimbalzato un po' su tutti i social, e se siete un minimo coinvolti nel mondo della narrativa/editoria/bibliofilia (cosa probabile se state leggendo questo post), sicuramente conoscete già la storia. Il tizio qui accanto, che per qualche combinazione si ritrova attualmente a essere ministro di questa nazione, ha rilasciato questa dichiarazione. La cosa inizialmente è venuta fuori durante un intervento per la premiazione di un concorso letterario rivolto agli studenti, ma poi è stata ribadita su twitter, che è l'organo stampa ufficiale della politica contemporanea, quindi non si trattava di una boutade ma di un pensiero concreto.

È chiaro che in realtà non ne verrà mai fuori nulla, che è stata una dichiarazione sparata nel mucchio con l'intenzione di apparire un despota illuminato (d'altra parte è lui che sovrintende alla Cultura in questo Paese), e per commenti articolati sulla fattibilità e opportunità di questa proposta vi rimando ai numerosi, completi post che trovate ovunque. A me interessa concentrarmi più su un aspetto: che cosa è un "inedito".

La definizione da dizionario è abbastanza banale: inedito è ciò che non è edito. Cioè, che non è mai stato pubblicato. Fino a una quindicina di anni fa la cosa era abbbastanza facile da determinare, ma poi è arrivato il print on demand. Poi gli ebook, il kindle e il selfpublishing. E allora è diventato un macello. Un sistema convenzionale di definizione è considerare edito ciò che ha un ISBN, che è poi lo stesso criterio che è stato deciso per la diversa applicazione dell'iva sui libri digitali (voluta sempre dal signore qui sopra). In realtà anche questo non è esatto, perché ad esempio ciò che è pubblicato col Kindle Direct Publishing non ha ISBN, mentre altre piattaforme di selfpublishing lo rilasciano, quindi esistono distinzioni tra prodotti che hanno lo stesso canale di distribuzione. Ma appunto, è una convenzione, usiamola come punto di partenza.

Tutto ciò che non ha ISBN è per definizione inedito, e potrà quindi finire nella Biblioteca Nazionale dell'Inedito. Diamo per assunto anche il fatto che ciò che viene raccolto nella BNI non riceva un ISBN come sistema di classificazione, altrimenti diventerebbe edito e non potrebbe stare nella BNI, per risolvere questo problema bisognerebbe chiedere al barbiere di Bertrand Russell. A questo punto ci ritroviamo con un certo volume di opere senza ISBN che però meritano di essere lette. Ovvero: inediti che dovrebbero essere editi.

Viene quindi da chiedersi: che cosa distingue, nella colossale massa di materiale non pubblicato, ciò che invece dovrebbe esserlo? Nel discorso che ha preceduto la dichiarazione di sopra, il tizio in questione ha parlato di (non sono le parole testuali) "storie di tutti che devono essere ricordate, patrimonio di una nazione da conservare". L'accenno quindi è abbastanza chiaro a tutti quei romanzi nel cassetto, tutte quelle storie più o meno personali che uno pensa di raccogliere quando gli capita qualcosa e pensa "diavolo, potrei scriverci un libro". L'idea di fondo è che tutte le storie meritino di essere lette e tramandate, che ogni opera abbia un valore per definizione, in quanto creazione di un essere umano. Tutto questo è molto bello e molto nobile, perché libera l'Arte dai criteri commercial-capitalisti che dominano da secoli il settore dell'editoria, e probabilmente era proprio questo l'intento della dichiarazione, mostrare che il nostro ministro ha una concenzione dell'Arte ben più ampia. Tutto molto bello e nobile, ma... non funziona così.

"Inedito" non è un attributo arbitrario che viene attribuito a un'opera, e da cui questa non può liberarsi. Non si tratta di una discriminazione di classe, non è una apartheid nei confronti di testi bollati come immeritevoli. Ogni opera (letteraria o di altro genere), ma volendo estendere il discorso, ogni pensiero nasce come inedito. Si origina nella mente di qualcuno, e sta lì fino a che questo qualcuno non lo porta fuori. Se avete un'idea (che sia un commento sulla finale di champions, una proposta per migliorare la viabilità, un consiglio su un film, una barzelletta...) e la esponete la sera al bar, in qualche modo la state "pubblicando", e il pubblico (appunto) deciderà se merita di essere condivisa o morirà subito dopo il parto. Lo stesso accade con buona parte delle cose che vengono scritte da chiunque, nel mondo. Molti non hanno nemmeno la reale intenzione di diffondere i loro testi, e pertanto l'inediticità è decisa a monte, è uno state of mind. Ciò che non è edito, nella quasi totalità dei casi, non deve esserlo. Naturalmente ci sono eccezioni (in un senso e nell'altro), e i meccanismi perversi che regolano il mercato conducono a tutta una serie di storture per cui è probabile che esistano davvero belle opere che nessuno leggerà mai. Ma non è mettendo sullo scaffale tutti i diari dei cittadini che si troveranno queste perle. Il passaggio da ineditlo a edito è un percorso complesso, difficile, che richiede impegno, dedizione, fortuna. È un investimento e un lavoro. Ed è forse il vero percorso di accrescimento per l'autore.

In realtà sappiamo bene che un 80% buono della popolazione occidentale ha velleità di scrittore, e quindi ritiene che i suoi romanzi/racconti/poesie/sceneggiature/fumetti devono raggiungere il pubblico. Ma pensare che per poter essere letti l'unico sforzo da fare sia tirare giù qualcosa su un fogliaccio e lasciare che i netturbini della NBI lo passino a raccogliere è una perversione che va ben oltre gli obbrobri a cui ha condotto in tempi recenti il selfpublishing.

Forse il signor ministro lì sapeva bene che, pur leggendo meno di un libro all'anno, buona parte dei suoi cittadini ritiene di essere uno scrittore, e la proposta ha anche un sottofondo propagandistico. O forse, il signor ministro lì non conosce come funziona davvero il mondo dell'editoria: lui sa solo che quando ha scritto una cosa un Grande Editore (nel caso specifico, Bompiani) è stato pronto a pubblicarlo, e non si capacita del fatto che per tutti gli altri non funzioni nello stesso modo. Come mai, per lui è stato così facile e tutti gli altri invece faticano tanto?

Te lo sei chiesto, @dariofrance?

3 commenti:

  1. Purissima demagogia, sul modello del Maestro Renzi. Tié, qui c'è un governo chettipubblica pure se non sei capace di scrivere. Poi mi voti, no?

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    1. certo, quello è chiaro, io in fatti non mi sono soffermato troppo sull'aspetto "politico" della dichiarazione.

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  2. Io non sono nemmeno sicuro di averla capita, questa proposta... O è fuori tempo e sarebbe potuta sembrare buona prima di internet, o... non so. Non la capisco proprio. Non vedo quale interesse potrebbe avere una biblioteca di Babele senza neanche tutti i libri.

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