Non sono sicuro che il titolo si scriva come acronimo puntato o tutto di seguito, comunque il senso è quello, all cops are bastards. Si tratta di un film che più volte era stato proposto nel corso delle Coppi Night ma che finora non aveva mai vinto, e che per la verità avevo sempre osteggiato. Le caratteristiche di base infatti lo rendono ben lontano dai miei standard di gradimento: un film italiano e con tematica politica, cosa c'è di peggio? Beh, sarebbe peggio se volesse anche essere una commedia, e fosse recitato per più di metà da bambini (cfr: La mafia uccide solo d'estate). Stavolta però ho voluto risolvere per sempre la questione, e ho deciso di appoggiarlo.
E col senno di poi, posso dire che tutto sommato non mi è dispiaciuto. Mi aspettavo un film "di denuncia", che mostrasse gli abusi delle forze dell'ordine, tema che, per carità, è sicuramente importante, ma non è il tipo di argomento che mi piace vedere sviluppato in un film. Sospettavo quindi di vedere quindi una storia che puntasse a senso unico contro la polizia (nello specifico, i "celerini" della squadra mobile che sono incaricati di gestire la sicurezza durante particolari eventi come manifestazioni, partite ecc). Invece, sorprendentemente, il film si presta a più interpretazioni, fornendo punti di vista alternativi e senza incanalare l'opinione in una direzione univoca.
Quello che voglio dire è che, immaginando idealmente che esistano due schieramente pro- e contro-celerini, credo che entrambi riterrebbero la loro posizione rafforzata dopo la visione di questo film. È vero che gli agenti abusano della loro autorità, anche al di fuori dei loro incarichi ufficiali e senza la divisa addosso, ma d'altra parte si vede come ci sono fazioni che non aspettano altra occasione che quella di scatenare guerriglia urbana proprio contro di loro. Per me che non ho una posizione definita in questa battaglia, ne risulta banalmente che la verità sta nel mezzo, o forse, meno banalmente, da nessuna parte.
Sono rimasto quindi piacevolmente sorpreso, anche perché ho avuto la conferma che, tutto sommato, questi attori italiani che vediamo solitamente impegnati in commedie di basso rango e dal valore comunicativo pari a zero, se messi all'interno di una storia ben scritta e diretti da qualcuno che sa il suo mestiere, non si rivelano così cani. Viene così confermata la teoria così abilmente esposta nella serie Boris, di come la mediocrità derivi non tanto dall'assenza di capacità dei professionisti del settore quanto dalla mancanza di voler proporre qualcosa di diverso. Pensiero che, pur essendo in qualche modo rassicurante, lascia un certo retrogusto agrodolce.
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