L'improbabile presente: di cosa parla oggi la fantascienza italiana

Questo è un post che avrei voluto scrivere parecchi mesi fa, poco dopo la lettura di Propulsioni d'improbabilità, l'antologia di racconti curata da Giorgio Majer Gatti e pubblicata da Zona 42, che riunisce diciotto testi di autori italiani che più o meno rappresentano quello che si muove oggi nella fantascienza italiana. Non l'ho fatto all'epoca perché, visto che il volume contiene anche un mio racconto, mi pareva che sarebbe potuto apparire come un ampio eufemismo pubblicitario. Ma a distanza di mesi la polvere si è posata, e penso se ne possa parlare senza essere tacciati di bieca autocelebrazione.

In realtà, non avrei rimesso mano a questo post nemmeno adesso, se non fosse venuto fuori un tema simile in un paio di discussioni ravvicinate che si sono succedute su alcuni gruppi e profili facebook, nei giorni scorsi. E che in un certo senso si riagganciano anche a quanto dicevo qualche settimana fa sulla percezione del "mondo nerd" da parte del resto del pubblico. La combinazine di queste circostanze mi ha portato a pensare che sarebbe stato interessante condividere questa riflessione sugli attuali trend della fantascienza italiana.

DISCLAIMER: quando parlo di "fantascienza italiana", ovviamente non intendo tutta. Vi voglio bene, eh, ma non ce la faccio a leggere tutto quello che pubblicate. E di sicuro la mia stessa scelta delle letture dipende da una visione personale delle cose, vuoi che si parli di gusti o predisposizioni, per cui la prospettiva che propongo potrebbe soffrire di un bias di fondo. Quello che propongo quindi non è un quadro completo della scena fantascientifica italiana, ma un'estrapolazione di quelle che mi sembrano le tendenze attuali degli autori italiani di fantascienza, in base alla mia esperienza diretta e ai movimenti che vedo intorno. Accoglierò con piacere e curiosità appunti e smentite.

Dicevo che la riflessione parte da Propulsioni d'improbabilità (per gli amici PrImp), e il motivo è questo: è una raccolta senza un tema. Agli autori contattati è stato chiesto soltanto di scrivere un racconto di fantascienza, senza nessun vincolo. Si può quindi pensare che ognuno di loro abbia scritto ciò che in quel momento sentiva più vicino, importante, meritevole di essere raccontato. Se invece fossero stati interpellati su un qualunque tema, si sarebbero tutti in qualche modo "forzati" all'interno di un argomento preciso. Invece ognuno era libero di scrivere ciò che voleva, ed è a questo punto che diventa interessante notare che pur senza un tema comune sembra di scorgere comunque un filo conduttore tra le diverse storie.

Personalmente ad esempio non posso fare a meno di notare un'affinità quasi sospetta tra il mio racconto e quelli di Maico Morellini o Alessandro Forlani. Si tratta di storie diverse, con obiettivi e stili ben distinti, eppure mi pare che, alla base, ci sia lo stesso nucleo. Qualcosa che ha a che vedere con l'incertezza di sé, la perdita di fiducia in un mondo in cui non ci si riconosce. E partendo da questo punto, si può ritrovare questa stessa sensazione anche in molti degli altri autori della raccolta: Lukha Kremo, Emanuela Valentini, Miki Fossati, Paolo Zardi. Sfido chiunque a dire che siano racconti tutti uguali, che letto uno letti tutti. Eppure, senza vincoli imposti, si sono trovati tutti a gravitare intorno allo stesso centro di attrazione, quel tema pregnante che sta alla base di tutte queste storie: il presente. Il qui e adesso, l'inadeguatezza rispetto a un luogo e un tempo che non siamo capaci di comprendere e affrontare, un presente improbabile e imprevedibile in cui ci troviamo tutti coinvolti.

Molti dei migliori racconti di fantascienza italiana che ho letto ultimamente (e in questo caso parlo anche al di fuori di PrImp) funzionano così. Non puntanto tanto sulla speculazione strettamente scientifica, e spesso non si spingono nemmeno tanto oltre nel tempo, raccontanto un futuro prossimo, o un presente alternativo. Il focus sembra quasi sempre quello: comprendere quello che ci sta succedendo, affinare strumenti diversi per analizzare ciò che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno.

Forse per molti appassionati questo significa dedicarsi a una fantascienza "pessimista". Dove sono finite le avventure, il sense of wonder, il positivismo, la fiducia nella scienza? Non dico che non ci sono, ma sicuramente ora come ora hanno un ruolo secondario. Ma non mi sembra così difficile capire perché. La fantascienza, da sempre, è un mezzo per parlare di ciò che si conosce attraverso ciò che è sconosciuto. Parlare del presente attraverso il futuro, parlare dell'uomo attraverso l'alieno. Non sto rivelando nessuna verità evangelica, credo. Viene quasi naturale collegare un momento (e per "momento" intendo decennio abbondante) di profonda incertezza, precarietà, mancanza di appigli, a storie che si sviluppano in questa stessa direzione. Quale futuro si può immaginare, a partire da oggi? Se negli anni 50 era facile inferire il continuo progresso sociale e tecnologico, forse solo con qualche comunista di mezzo, quale può essere l'estrapolazione che si può fare oggi, con i dati che abbiamo a disposizione? Il futuro è Black Mirror, il futuro è Mr Robot; anzi, in molti casi, sono già il presente. La fantascienza italiana di oggi parla di questo.

Ovviamente, non solo di questo, a tal proposito rileggetevi il disclaimer sopra. Ma mi pare innegabile questo punto di vista. Che sia un bene o un male, o che si debba in assoluto valutare in questi termini, lo lascio decidere a ognuno secondo la sua sensibilità. Sicuramente qualcuno preferisce un approccio più leggero alla fantascienza, ed è suo pieno diritto farlo. Io stesso riesco a godermi qualche bella storia positivista, quando è fatta bene. Ma non posso fare altro che pensare che se, in questo momento storico, scriviamo questo tipo di storie, è ciò di cui davvero abbiamo bisogno.

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