Coppi Club 29/10/2017 - Mindhorn

Il revival anni 80 è una delle tendenze che tira di più ultimamente, vedi il successo di serie come Stranger Things, ma anche film tipo il nuovo It, e il continuo fiorire di remake/reboot di franchise di successo di quegli anni. Sappiamo tutti che finirà presto, ma come usano dire tutti i produttori di cinema, "finché dura fa verdura". E in questo solco si inserisce anche Mindhorn, action comedy prodotto da Netflix e uscito pochi mesi fa.

La storia è quella di attore in disgrazia, popolare ai tempi del poliziesco degli anni '80 (Mindhorn, appunto) di cui era il protagonista, che cerca di far sopravvivere la sua carriera nonostante la palese assenza di qualsivoglia talento, e un nome che ormai non apre più nessuna porta. Abbandonato dal suo agente, dimenticato dai colleghi, e costretto a dubbie performance nella pubblicità, coglie l'occasione di un killer che sembra ossessianto dal vecchio telefilm e dichiara di voler parlare solo con lui. L'attore viene convovato dalla polizia sull'isola di Man per collaborare alle indagini, ed è qui che mette in scena la sua nuova performance, certo dell'attenzione mediatica che il caso riceverà.

Il film si muove quindi su due piani, da una parte seguendo l'omicidio e il mistero che si nasconde dietro a questo, che va oltre un "normale" killer; dall'altra i tentativi dell'ex Mindhorn di riguadagnare la sua popolarità, rientrando in contatto con i colleghi dell'epoca, tutti passati a nuove fasi della loro vita, a differenza di lui. Il protagonista è un personaggio egocentrico e presuntuoso, convinto che il mondo debba riconoscere il suo talento. Si appoggia anche a personaggi di caratura simile, falliti che vivono delle briciole lasciate dalle altre star. La maggior parte delle gag deriva quindi da questo contrasto tra le illusioni del protagonista e la realtà di un mondo che è andato avanti per trent'anni.

Ma questo è allo stesso tempo anche il punto debole del film. Dopo la sequenza iniziale durante le riprese di Mindhorn e le prime scene che servono a capire l'attitudine del protagonista, il resto del film prosegue sempre sulla stessa strada, proponendo a oltranza le stesse situazioni. Rimane quindi difficile empatizzare con un personaggio che di per sé è odioso, e dopo mezz'ora di film non è più nemmeno simpatico. Oltre a questo, anche la soluzione degli omicidi avviene in modo del tutto indipendente dalle sue azioni, e per tutto il film è soltanto un agente passivo, capace solo di autocompiacersi.

Mindhorn avrebbe funzionato meglio se invece di durare un'ora e mezzo fosse durante venticinque minuti, una specie di mediometraggio alla Kung Fury, dove l'assurdità delle situazioni e l'incoerenza dei personaggi non pesa troppo, visto che tutto è talmente concentrato da non dare il tempo di pensare. In questa forma allungata invece tutto appare molto presto annacquato e stantio, a danno di un'idea di base valida e interpretazioni efficaci.

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