Nella mia continua ricerca di proposte musicali che possano suscitare interesse per lo spettatore casuale, ho pensato di dedicare un post a questo insolito duo, che ho avuto l'occasione di vedere esibirsi live poche settimane fa. Vale & The Varlet è un gruppo composto da due "Vale": Valeria Sturba e Valentina Paggio. Se qualcosa vi suona familiare, forse è perché Valeria Sturba è già stata citata su questo blog, quando ho recensito l'album OoopopoiooO di cui è autrice con Vincenzo Vasi. È proprio da questo collegamento tramite theremin che sono arrivato ad ascoltare acquistare Believer l'album autoprodotto nel 2016 da Vale & The Varlet.
La musica delle due Vale è qualcosa che non risulta facile da classificare secondo le usuali definizioni a cui siamo abituati. Gli strumenti principali sono tastiera, violino elettrico, drum machine, theremin e voce, oltre alle rispettive campionature di tutti questi. Da questi ingredienti risultano brani electro-soul, in cui la voce dal timbro blues della Paggio (occasionalmente accompagnata dalla collega) è la componente intorno a cui viene strutturata la musica, con frequenti cambi di ritmo e registro. La parte musicale è comunque tutt'altro che secondaria, e nonostante si basi su pochi strumenti tra loro non complementari, riesce comunque a riempire il contesto, dando una caratterizzazione completa alle tracce.
Si spazia da stornelli surreali come I Forogt Belgium e Alejandro a pezzi più d'atmosfera come la title track Believer, dall'electro effettata di TechOMG alle incursioni soul di Sunday Morning e Only a Man. Non mancano le citazioni, come le melodie riprese dal Bolero e dalla Carmen, e sicuramente tante altre che non so cogliere perché non conosco abbastanza la storia della musica da notarle. Ma la cosa più soddisfacente dell'album rimane la possibilità di accorgersi come i singoli elementi sono rimescolati per creare registri e mood diversi. Il violino e la voce sono le due componenti principali: in un certo senso, il violino è la voce di Valeria contrapposta a quella di Valentina: entrambe infatti si piegano e modellano a seconda delle necessità. Il violino può essere suonato, pizzicato, percosso, la voce estesa e modulata: queste creano il percorso a cui segue il resto degli strumenti. Come nella miglior tradizione della techno minimal che spesso passa su questo blog, a volte basta solo un clic in più per dare corpo e profondità al pezzo e raggiungere il climax. Non che, a dire la verità, i pezzi seguano la struttura base della musica pop con intro, corpo, refrain e outro, anzi in molti casi non si capisce subito quando un pezzo sta arrivando alla fine. Per i miei gusti avrei inserito tanto tanto più theremin, che in questo album non è uno strumento princpale ma un supporto, ma so bene di essere monomaniaco in questo senso.
Come dicevo parlando di OoopopoiooO, per quanto l'ascolto dell'album sia piacevole, la vera esperienza è quella di seguire un live delle Varlet, durante il quale l'improvvisazione e la campionatura in tempo reale e l'effettistica portano a versioni sempre diverse e a volte difficilmente riconoscbili dei pezzi. Durante l'esibizione non è soltanto la musica a catturare, ma anche l'esibizione, con le intense interpretazioni vocali di Valentina e il continuo affanno di Valeria, costantemente impegnata a premere pulsanti e girare manopole, un'attività febbrile da pilota di astronave.
Quindi visto che le due sono tuttora in giro a portare la loro improponibile musica in giro per locali d'Italia, date un'occhiata al calendario delle prossime serate e se avete l'occasione fate un salto ad ascoltarle.
Si spazia da stornelli surreali come I Forogt Belgium e Alejandro a pezzi più d'atmosfera come la title track Believer, dall'electro effettata di TechOMG alle incursioni soul di Sunday Morning e Only a Man. Non mancano le citazioni, come le melodie riprese dal Bolero e dalla Carmen, e sicuramente tante altre che non so cogliere perché non conosco abbastanza la storia della musica da notarle. Ma la cosa più soddisfacente dell'album rimane la possibilità di accorgersi come i singoli elementi sono rimescolati per creare registri e mood diversi. Il violino e la voce sono le due componenti principali: in un certo senso, il violino è la voce di Valeria contrapposta a quella di Valentina: entrambe infatti si piegano e modellano a seconda delle necessità. Il violino può essere suonato, pizzicato, percosso, la voce estesa e modulata: queste creano il percorso a cui segue il resto degli strumenti. Come nella miglior tradizione della techno minimal che spesso passa su questo blog, a volte basta solo un clic in più per dare corpo e profondità al pezzo e raggiungere il climax. Non che, a dire la verità, i pezzi seguano la struttura base della musica pop con intro, corpo, refrain e outro, anzi in molti casi non si capisce subito quando un pezzo sta arrivando alla fine. Per i miei gusti avrei inserito tanto tanto più theremin, che in questo album non è uno strumento princpale ma un supporto, ma so bene di essere monomaniaco in questo senso.
Come dicevo parlando di OoopopoiooO, per quanto l'ascolto dell'album sia piacevole, la vera esperienza è quella di seguire un live delle Varlet, durante il quale l'improvvisazione e la campionatura in tempo reale e l'effettistica portano a versioni sempre diverse e a volte difficilmente riconoscbili dei pezzi. Durante l'esibizione non è soltanto la musica a catturare, ma anche l'esibizione, con le intense interpretazioni vocali di Valentina e il continuo affanno di Valeria, costantemente impegnata a premere pulsanti e girare manopole, un'attività febbrile da pilota di astronave.
Quindi visto che le due sono tuttora in giro a portare la loro improponibile musica in giro per locali d'Italia, date un'occhiata al calendario delle prossime serate e se avete l'occasione fate un salto ad ascoltarle.
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