Marc Romboy - Voyage de la planète

Molte volte quando mi capita di discutere con altre persone dei miei gusti musicali (cosa che con gli anni ho imparato a evitare, così come per i gusti letterari, ma ogni tanto succede) mi trovo a dovermi "difendere" dalle accuse di inmusicalità dell'elettronica. In genere la posizione dell'interlocutore è piuttosto superficiale, e si basa sull'assunto "musica = canzone", al che mi permetto di sottolineare come certa musica elettronica abbia dei fortissimi punti di contatti con la musica classica, quella che per convenzione siamo abituati a considerare come l'essenza stessa della musica (anche su questo ci sarebbe da discutere, ma approfitto volentieri del preconcetto nell'ambito di tali dibattiti). La centralità della struttura, la gestione degli "strumenti", l'attenzione richiesta dall'ascoltatore sono a mio avviso paragonabili, se penso ad esempio ai pezzi di Villalobos, Minilogue, Ellen Allien. Questo senza andare a scomodare quegli artisti che si sono dedicati a composizione di concerti veri e propri, come il Krieg und Frieden di Apparat o Chronicles of Possibile Worlds di Jeff Mills.

Ma a partire da oggi se dovessi fare un esempio universale e inconfutabile di come musica classica ed elettronica sono sorelle (o quantomeno cugine), citerei immediatamente Voyage de la planète, l'album appena uscito di Marc Romboy.

Questo viaggio planetario è stato appositamente concepito come un'opera di raccordo tra la musica classica da orchestra e la sua controparte contemporanea, con una serie di tracce in cui la complementarità tra gli strumenti da orchestra e apparecchi elettronici è palese e assolutamente naturale, quasi scontata. Serve a mostrare a tutti gli ascoltatori che è sempre stato così, e forse sono stati loro a non aver mai prestato abbastanza attenzione.

Violino, piano, sintetizzatori, fiati, xilofoni, drum machine e tutti gli altri si affiancano con tanta leggerezza che è davvero difficile capire quando si sta ascoltando uno strumento suonato o uno sintetizzato. In questo senso, forse sono io che cerco connessioni anche dove non ci sono, ma credo si possa individuare un risultato per certi versi simile a quello ottenuto da Vale & The Varlet in Believer, di cui ho parlato poco tempo fa. Si tratta dello stesso approccio ma applicato a partire dalla direzione opposta, un equilibrio diverso ma equivalente. In realtà tutta la musica qui contenuta è composta ed eseguita dallo stesso Marc Romboy, ma l'insieme si presta perfettamente a un'esecuzione live con orchestra, occasione che è stata subito colta, e i cui risultati sono davvero straordinari. Stiamo parlando di cose come questa:


Ma come dice il titolo, Voyage de la planète è anche un viaggio, e in questo senso dimostra anche tutto il suo debito all'immaginario fantascientifico. Qualche indizio di questa tendenza tematica di Marc Romboy l'avevamo già avuto nella sua collaborazione con Stephan Bodzin alla realizzazione del progetto Luna, una vasta raccolta di pezzi dedicati ognuno a un satellite del Sistema Solare. Voyage de la planète riprende un approccio simile ed elabora invece un tributo all'esplorazione di nuovi mondi e modi di pensare, che emergono dai suoni, dalle atmosfere, dalle sequenze, dai cambi di registro. Il tutto è reso ancora più evidente dai titoli dei pezzi: l'apertura è riservata a Jules Verne, ma a seguire abbiamo L'univers étrange, L'univers parallèle, La machine du temps, La lune et l'étoile, Nocturne. Ogni traccia rappresenta una variazione del tema di fondo, e interpreta con un diverso rapporto di forze questa unione dei concetti musicali classici e moderni.

Con questa opera Marc Romboy entra di diritto nella mia personale cerchia di punti di riferimento. Da dj solo "interessante" salta di prepotenza diversi gradini e diventa qualcosa di più, un artista capace di mostrare il mondo che già conosciamo in una luce diversa. Può sembrare una formula esagerata per quello che è in fin dei conti soltanto un album di dieci tracce, ma non la uso con leggerezza. Esiste il talento, esiste la bravura e l'esperienza, ed esiste anche il genio. Qui ho il sospetto che ci troviamo dalle parti di quest'ultimo. Ma sono sempre disponibile a scoprire di nuovo, di più e di meglio, a compiere altri viaggi verso altri pianeti.

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