Mese di letture piuttosto variegate, che spaziano da classici a contemporanei, fantascienza con sfumature horror, supereroi, thriller e giallo, internazionali e italiani. Che altro volete?
Ho visto più volte e apprezzato Il villaggio dei dannati (almeno nella versione di Carpenter, non quella precedente), ma non avevo letto il libro di John Wyndham da cui è tratto. I figli dell'invasione (di cui mi piace molto il titolo originale: The Midwich Cuckoo) è un romanzo carico di tensione, a tratti decisamente inquietante, ma anche ricco di speculazione e spunti di riflessione. Il tema della "maternità surrogata" (da cui i cuculi del titolo), tanto attuale in queste settimane, è qui affrontato con precisione e serietà, ed è solo l'anticamera di un ben più profondo tentativo di affrontare l'altro, quell'intruso così simile ma pericolosamente diverso. È un libro che pone più questioni di quante ne risolve, e per questo risulta ancora molto attuale nonostante l'età. Voto: 8/10
Mettiamo da parte il fantastico e occupiamoci di un thriller senza fronzoli. Legàmi (occhio all'accento) di Gianni Leoni, autore dei Sognatori con cui ho avuto il piacere di condividere qualche bicchiere di vino (è questo che si fa tra autori, che credete?) è una storia a prima vista semplice, che coinvolge persone tutto sommato comuni: un ghost writer di successo, una prostituta di alto livello, il rampollo di buona famiglia, legati tra loro da un incrocio di relazioni non proprio limpide. La trama si apre come un'indagine sull'omicidio della donna, di cui si apprendono gradualmente i retroscena, e poco dopo metà un twist deciso cambia completamente la prospettiva di quanto si pensa fosse successo. La storia procede bene e appassione, anche se forse sarebbe stato interessante l'approfondimento di un paio di personaggi che sembrano rimanere troppo in secondo piano, nonostante il loro ruolo determinante. Voto: 7/10
Altro microscopico editore di genere italiano con le palle è La Ponga, di cui ho già parlato in qualche post precedente. Stavolta il libro in esame è Testamento di una maschera, romanzo di Stefano Tevini, scrittore, filosofo e wrestler (vi sfido a trovare un'altra combinazione di queste tre caratteristiche). Si tratta di una storia di supereroi italiani (tema in auge grazie a Lo chiamavano Jeeg Robot), che però affronta il fenomeno con un taglio diverso da quello a cui siamo abituati a concepire i personaggi. I metaumani infatti qui non sono combattenti solitari, ma strumenti politici, invischiati volontariamente o meno nei torbidi rapporti tra lo Stato e gli altri centri di potere. Il libro alterna una parte ambientata nel presente, con una squadra di metaumani (i Vigilantes) che cerca di affermare la propria posizione con le forze dell'ordine e le bande rivali, a una lunga confessione di un generale che è stato per decenni coinvolto nelle operazioni dei metaumani. Il contesto che ne emerge è molto interessante, perché reinterpreta molti fatti storici dalla prima guerra mondiale in poi (globali ma anche italiani) in chiave supereroistica, mostrando come la presenza di un singolo metaumano potesse cambiare le sorti di un intero conflitto, e come questo rappresenti un rischio per le potenze in lotta, che decidono così di incasellare e contenere il fenomeno. Forse però proprio la complessità di questo scenario è anche uno dei difetti del romanzo, perché lo scenario delineato è talmente ampio che se ne afferra appena un frammento, quando si capisce che ci sarebbe molto di più da raccontare e sapere. In questo senso, le azioni dei protagonisti, che pure segnano un punto di svolta epocale nella storia, passa a volte in secondo piano rispetto al testamento del titolo, che copre invece decenni di attività metaumane segrete. Un grandissimo potenziale quindi in questo libro, forse non pienamente sfruttato, ma chissà, espandibile con altri romanzi. Voto: 7/10
Uno pensa di arrivare a trent'anni avendo letto tutto quanto Isaac Asimov abbia scritto, e invece salta fuori che gli manca qualcosa. Non stiamo però parlando di fantascienza, ma della seconda occupazione dell'autore, il giallo. Murder at the ABA (per noi Rompicapo in quattro giornate) è un giallo ambientato interamente a una fiera dell'editoria. Il narratore è uno scrittore ispirato ad Harlan Ellison, che si trova coinvolto a risolvere l'enigma della morte di un collega, apparentemente accidentale, ma che lui è convinto trattarsi di un omicidio. Il protagonista incontra diversi personaggi (reali e inventati, tra i quali lo stesso Asimov) da cui raccoglie gli indizi che lo porteranno alla soluzione. Lo svolgimento delle indagini è abbastanza coinvolgente, anche se forse si dilunga troppo su alcuni aspetti secondari poco rilevanti (come il tempo che indugia a parlare di Asimov), in compenso alcune riflessioni sull'editoria (almeno quella della metà degli anni 70) aggiungono colore alla storia, che alla fine si risolve senza grosso clamore. Rimane una lettura piacevole anche se certo non mind-blowing come altri gialli (coi robot o senza) scritti dall'autore. Voto: 6.5/10
Appunto leggermente OT: devi (devi!) vedere la versione originale de Il villaggio dei dannati. Batte quella di Carpenter 10 a 0. Fidati.
RispondiElimina(E io Carpenter lo apprezzo assai.)
messa in questi termini, allora provvedo. appena ho digerito Anomalisa...
EliminaConcordo con l'iguanoide, anche se a me di Carpenter piacciono "solo" 2/3 della produzione, forse anche un filo meno, e quindi sono più biased in questa preferenza nei confronti dell'originale.
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