Ne abbiamo già parlato, di come Doctor Who sembri aver passato la maggiore età in questa nona stagione. Abbiamo visto episodi cupi, storie drammatiche e allegorie di temi attuali, abbiamo forse perso una parte di quell'innocenza che da sempre contraddistingue la serie. Che sia un bene o un male per lo show, probabilmente lo sapremo solo in seguito, quando si scoprirà se il tono di questa stagione verrà mantenuto anche nelle prossime (pare sia già stato confermato che ci saranno almeno altri cinque anni di DW, e almeno un altro con Peter Capaldi come protagonista). Ma per il momento, ci possiamo ampiamente accontentare che con questo nuovo taglio si possano vedere episodi come Heaven Sent.
Avevamo lasciato il Dottore distrutto dalla morte di Clara, e forzato al teletrasporto dalla trappola innescata da Ashildr/Me e i suoi ignoti mandanti. Adesso lo ritroviamo in un misterioso castello dalle pareti mobili, inseguito da una lenta ma inesorabile presenza demoniaca che proviene dai suoi stessi incubi, e che può fermare (solo temporaneamente) raccontando i suoi segreti.
Il primo segreto che scopriamo è che il Dottore non è fuggito da Gallifrey, duemila e passa anni prima, per noia. Questa è la versione che abbiamo sempre saputo, è quanto il Secondo Dottore racconta nel suo ultimo episodio, The War Games, il primo in cui conosciamo i Time Lord (che condannano il Dottore alla rigenerazione e all'esilio sulla Terra). In seconda battuta si apprende che il Dottore sa tutto dell'ibrido, quello di cui ha parlato con Davros. Dopodiché decide di non rivelare altro, che gli altri suoi segreti se li terrà per sé, come del resto ha sempre fatto.
Ma c'è anche qualcos'altro che questo episodio rivela, al di là delle confessioni esplicite. Forse per la prima volta vediamo il modo in cui il Dottore affronta i problemi, il suo spazio mentale sicuro in cui si rifugia per trovare la soluzione alle imminenti catastrofi, spesso la sua stessa morte incombente. Il Dottore parte dal presupposto di aver già vinto, e nella sala controllo del TARDIS spiega al suo companion (una Clara silenziosa e vista solo di spalle, attualmente) come ha fatto a salvarsi, anche se in realtà la salvezza è ancora tutta da raggiungere. E così tutte quelle soluzioni brillanti e immediate adesso appaiono più sofferte, il prodotto di uno sforzo costante e invisibile da fuori, ma che prosegue da sempre... e a volte nemmeno basta.
Heaven Sent fa un ottimo lavoro di costruzione, alimentando la tensione tenendo sullo schermo un solo personaggio, con un eccellente lavoro di regia, fotografia, musica, montaggio. Tutto contribuisce alla preparazione del climax finale, che in realtà non si risolve in un unico folgorante momento di liberazione, come siamo abituati, ma è una lunga sequenza in cui il Dottore perservera, prova, capisce, fallisce, riparte. Ancora e ancora, sapendo di averlo già fatto anche se non lo ricorda, per un tempo incalcolabilmente lungo, come l'uccellino che si affila il becco sulla montagna di diamante.
Certo si potrebbero notare delle piccole incoerenze: perché se tutte le stanze si resettano, il muro di diamante mantiene il suo stato precedente, e il teschio rimane nella stanza iniziale? E come è partito il primo ciclo, se il Dottore non aveva il teschio e l'indizio iniziale (la scritta "bird") per ricostruire quanto sta succedendo/è successo/succederà? Perché il teletrasporto lo ha fatto finire nel disco delle confessioni, e come mai uscendo da questo si ritrova su Gallifrey (quando l'ultima vosta lo abbiamo visto in mano ad Ashildr/Me)? Presumibilmente ad alcune di queste domande troveremo risposta nel prossimo episodio, così come alla rivelazione finale sull'ibrido, che potrebbe riportare nel canone della serie una teoria risalente all'epoca del film del 1996, in cui l'Ottavo Dottore (Paul McGann) rivelava di essere metà umano e metà Time Lord.
Ma in realtà di questi particolari si può fare a meno. Perché quando una storia è raccontata in modo così completo, così profondo e coinvolgente, anche quegli aspetti non del tutto chiari passano in secondo piano. Heaven Sent è una straordinaria storia che più di tante altre con alieni e technobabble vari riesce a esprimere le potenzialità dell'elemento fantascientifico di Doctor Who, un altro importante tassello nella crescita di questa serie e perfetta preparazione per il finale di stagione, che anzi a questo punto rischia di apparire sottotono rispetto a questo.
Per molti versi questo episodio mi ha ricordato il videogioco Braid, si trova la stessa pratica di trial-and-error, ripetere un errore infinite volte per tornare all'inizio e rifare le cose nel modo giusto, lasciarsi consumare da un'ossessione che forse non è così saggio assecondare, rischiare di rivelare qualcosa di sé stessi che dovrebbe rimanere dentro, per poter rimanere in pace. Anche per questo la reputo un'altra puntata straordinaria, e a questo punto, a meno di un finale pasticciato e superficiale, penso si possa già eleggere la stagione nove come la migliore del New Who. Voto: 9/10
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