Diomio, come ho fatto a resistere quasi per sei mesi? Noto solo scrivendo questo post che gli ultimi acquisti prima di questi risalivano a luglio, e sono riuscito a tirare avanti per tutto questo tempo? Forse ha contribuito il fatto di aver avuto un'agenda piuttosto fitta, ultimamente. In effetti ho trovato il tempo per il mio periodico giro a Firenze comprensivo di visita a Disco Mastelloni solo con la scusa dei regali di Natale.
Come già sapete già da un po' miei acquisti comprendono sia cd che vinili, e non faccio distinzioni di supporto (come non la faccio tra carta ed ebook nei rapporti letture). Suddivido l'elenco in due parti, parlando adesso di album ed EP, e nel prossimo di compilation e singoli.
Cominciamo con un album per cui avevo la bava fin da quando ne ho sentito parlare: EX è l'ultimo lavoro di Plastikman, una sessione live registrata e successivamente incisa. Di Plastikman, prima incarnazione di Richie Hawtin, e dell'importanza fondamentale da lui ricoperta nello sviluppo della minimal, non serve parlare (e se serve, non lo farò io). Bisogna però ammettere che negli ultimi anni lo stile di Hawtin si era arricchito dal punto di vista tecnico, ma al tempo stesso impoverito in termini di contenuto e "purezz". Con EX invece si ritorna proprio alle sonorità pulite delle origini, quelle di Musik e Recycled Plastik. Non si può quindi parlare di novità, ma di una piacevole rievocazione di un genere che oggi non ha più la presa che aveva un tempo.
Passiamo a Ernesto Ferreyra, uno dei produttori della squadra latina di Cadenza, etichetta techno/minimal di alto livello. Some Kind of Sign è un EP che contiene una serie di pezzi di buona minimal, anche se forse l'ispirazione non è così evidente. Non si tratta di un album, è vero, quindi il paragone con il precedente El Paraiso del las Tortugas non è del tutto corretto, tuttavia i sette pezzi non sembrano avere una loro unità, anche se il livello è comunuqe buono.
Rimanendo in casa Cadenza, abbiamo un altro EP, stavolta di un autore di minor diffusione riseptto a Ferreyra. Eduardo De La Calle non è un nome di spicco, ma con The Methodical Machines potrebbe attirare una certa attenzione. Siamo sempre nell'ambito della minimal, ma De La Calle riesce ad azzeccare una buona combinazione di suoni morbidi, e siamo in grado di percepire anche un filo conduttore che unisce tutti i pezzi della raccolta. Grazie a questa completezza si ha l'impressione di ascoltare un lavoro con una forte caratterizzazione, e il coinvolgimento è amplificato. Un autore da tenere d'occhio.
Kink invece lo conosco già bene, il suo nome come produttore o remixer si già fatto notare molte volte negli ultimi tempi. Under Destruction è il suo primo album, e qui conferma l'impressione di distanza dagli schemi attuali che già aveva dato in precedenza. L'album infatti contiene pezzi di una techno difficilmente classificabile, che fa ampio uso di loop e suoni elettronici, quasi affini alla VGM, e alcuni dei quali si sviluppano in direzioni imprevedibili. Anche qui si percepisce un'unità di temi che conferisce l'identità al lavoro nel suo complesso, e si può quindi promuovere a pieni voti la prima prova sulla lunga distanza di Kink.
Il prossimo disco è una chicca, perché si tratta di qualcosa di estremamente di nicchia: questo Wrong Steps EP, dell'eponimo Wrong Steps della cui identità non sappiamo nulla, è un disco di ottima techno prodotto dalla misconosciuta etichetta Huntley & Palmers. Purtroppo in questo caso non sono in grado di fornire nessun tipo di contesto, perché appunto non so nulla dell'etichetta né degli autori. È uno dei classici esempi di quando ascolti una cosa, ti piace, e decidi di prenderla senza necessariamente conoscerne la storia. Non posso nemmeno dirvi di provare ad ascoltarlo, perché non credo sia facile trovarlo anche da scaricare...
Anche l'ultimo pezzo di questo primo blocco è senza dubbio qualcosa di molto gustoso. Il Mawa EP di Anchorsong si presenta come un vinile da 10 pollici trasparente (il primo che mi capita). La copertina è da subito indicativa del contenuto: quattro tracce di techno tribale, con campionature, sonorità e atmosfere provenienti direttamente da qualcuna delle più remote tribù africane. Quando si parla di tribal techno è facile cadere nello stereotipo delle tracce costruite semplicemente aggiungendo il loop della canto tradizionale del popolo sconosciuto su una base, qui però il discorso è più complesso e profondo, e si percepisce una forte armonia e compenetrazione reciproca tra le parti campionate e quelle aggiunte dall'autore. Se si pensa poi che Anchorsong è in effetti un dj giapponese, fa quasi strano pensare al modo in cui culture così diverse riescano a integrarsi in questo modo, e non sto facendo un discorso da united colors of benetton, parlo proprio della constatazione che questo EP è nato grazie all'apporto di menti che distano più di mezzo pianeta in termini di spazio, e ancora di più a livello culturale. E questo sì, fa un po' impressione.
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