È sempre una bella esperienza quando un libro ti sorprende, e una alla quale mi ero disabituato. Con gli anni sono diventato abbastanza abile a identificare i libri che mi interessano, tant'è che raramente anche nei miei rapporti letture mi trovo costretto ad assegnare insufficienze. Di contro è anche più raro che un libro contenga qualcosa che non mi aspetto, per cui anche quando leggo un bel libro, alla fine mi aspettavo che lo fosse.
Con Lasciami andare invece c'è stato questo elemento sorpresa. Questo romanzo di Katie M. Flynn, autrice di cui non avevo mai sentito parlare, è uscito per Frassinelli nelle settimane scorse. Titolo, copertina e sinossi puntavano tutte in una direzione: young adult distopico. Genere che non disdegno, anche se ha prodotto una marea di monnezza nel corso degli ultimi anni, e anzi che io stesso ho approcciato da autore (tuttora senza sbocchi editoriali, ma chissà). Insomma, mi aspettavo una cosa, e ne ho ottenuto un'altra.
Lasciami andare, che nella sua versione originale si intitola The Companions, non è affatto un young adult. E non lo dico col tono paternalistico di chi sostiene che lo YA sia narrativa indegna, con la stessa spocchia del leitmotiv: "[classico di fantascienza che ha avuto risonanza nella cultura mainstream] non è solo fantascienza". Faccio solo una constatazione che spiega perché mi sono ritrovato spaesato, e che comunque potrebbe avvicinare qualcuno che quel pregiudizio verso lo YA ce l'ha davvero, per ragioni che non mi metto a discutere.
The Companions è la storia di Lilac, questa ragazza sedicenne che è morta per un incidente durante una giornata con le amiche. Solo che dopo essere morta, la sua mente è stata copiata e installata in un corpo robotico piuttosto rozzo (con ruote e pinze) ed è diventata così una "compagna". I compagni sono appunto persone morte la cua personalità è stata caricata all'interno di corpi meccanici. In un futuro prossimo abbastanza riconoscibile dalla nostra posizione, la società Metis ha sviluppato questa tecnologia e offre contratti da sottoscrivere prima della morte, affinché si possa continuare a vivere, in qualche modo, anche dopo. I compagni non si possono acquistare ma solo noleggiare, e il loro ruolo è quello del nome: fanno compagnia, vengono usati come assistenti nelle case di riposo o come nel caso di Lilac, come amici surrogati di bambini costretti in casa. È così che inizia la storia di Lilac, con lei che racconta il giorno della sua morte alla sua amica Dahlia, la cu mamma ha noleggiato una compagna per starle accanto durante la quarantena.
"Quarantena"? Già vi si drizzano i peli sulle braccia, vero? Ci torniamo dopo.
Lilac sa di essere morta. Come tutti i compagni, non c'è nessuno sconvolgente mistero sulla loro natura "artificiale" e sulla loro attuale condizione. Non siamo in una di quelle storie che propone l'eterno dilemma della Nave di Teseo su chi sia l'originale e chi la copia, con il clone che realizza di essere quello venuto dopo. Sono questioni interessanti, che reggono intere opere come ad esempio Westworld, ma non fanno parte di questa storia. I ricordi prima della sua morte sono un po' confusi, e anzi c'è il dubbio che possa non essere stato del tutto un incidente, ma non vedremo mai Lilac disperarsi e porsi profonde domande filosofiche davanti allo specchio. Però, decenni dopo l'incidente e dopo aver raccontato centinaia di volte quella storia alla sua padroncina, le viene in mente che forse c'è ancora qualcosa che deve scoprire, sulla sua morte.
In realtà, la storia di Lilac non è soltanto sua. Perché dopo essere fuggita da casa di Dahlia, la narrazione inizia a saltare su numerosi altri personaggi, che entreranno in contatto con Lilac in durante il suo viaggio alla ricerca di chi può conoscere ciò che ha provocato la sua morte. Il collegamento con molti di questi personaggi sarà piuttosto labile, eppure tutti saranno toccati in qualche modo dal loro incontro con lei. Si viene così a creare una storia corale, che riesce a dare una prospettiva ampia del mondo in cui queste vicende si svolgono. I personaggi che conosciamo appartengono a contesti e classi diverse: ricercatori, infermieri, attori di hollywood, orfani cresciuti in strada, agricoltori. Tutti questi entreranno in contatto proprio grazie all'intervento di Lilac, il cui punto di vista non verrà più toccato dopo il capitolo iniziale, la vedremo solo attraverso la prospettiva di questi altri personaggi ricorrenti.
Questo mondo che ci viene raccontato, come dicevamo prima è proiettato nel futuro ma è riconoscibilissimo. Lo è ancora di più adesso, perché uno degli eventi cardine da cui parte la storia è la diffusione di un virus che ha provocato una pandemia, che ha reso necessaria una quarantena protratta a tempo indefinito, e che arriverà a durare alcuni anni. Ma è bene sottolineare che Lasciami andare non è un libro sulla pandemia: il virus e la quarantena rimangono sullo sfondo, sono una parte dell'ambientazione che condiziona in modo quasi implicito la vita di tutti i personaggi, ma che rimane un fatto dato per scontato, un paradigma intorno al quale si è ricostituita interamente la società. È puttosto perturbante nella primavera dell'anno del signore 2020 leggere della quarantena in questi termini, perché la sottotraccia è proprio quella che percepiamo anche oggi. E il fatto che il libro non ci calchi sopra l'attenzione rende il tutto più vero, perché rende ancora meglio quella nostra percezione dissociata di un mondo che è shiftato sotto i nostri piedi mentre ci reggevamo al corrimano. Da questo punto divista è importante notare come il romanzo sia stato pubblicato negli USA a marzo di quest'anno, quindi gli accenni alla quarantena non hanno niente a che vedere con l'esperienza del Covid. Apprezzabile anche il fatto che Frassinelli non abbia sfruttato questo aspetto a livello di marketing, come invece hanno fatto altri editori che hanno cercato tutti i possibili collegamenti all'hot topic del momento. Questo è senza dubbio un altro degli elementi che mi hanno sorpreso di questo romanzo.
Del mondo di Lilac e compagni (pun not intended) riceveremo una visione piuttosto ampia anche a livello temporale, perché la storia ci porterà fino a una quindicina di anni dopo, e vedremo anche l'evoluzione della società dopo la fine della quarantena e le conseguenze della diffusione dei compagni. Tutti i personaggi avranno una conclusione alla loro storia, ma in molti casi il finale è di quelli che si possono considerare "aperti". Non nel senso che rimane la possibilità di un sequel, ma che le domande rimaste insolute sono molte, e in fondo più importanti delle risposte.
Anche lo stile di scrittura (e di traduzione) è maturo, a volte spigoloso ma non crudo in maniera gratuita. Non c'è spazio per lirismi ma la prosa rimane efficace ed evocativa, e soprattutto in linea con il registro della storia. Tutto questo fa di Lasciami andare uno dei migliori libri che abbia letto negli ultimi mesi, capace di esprimere meglio di tanti altri l'inquietudine e la transitorietà dei tempi che stiamo vivendo, pur senza affrontare in modo diretto questi temi. Può darsi che il mio giudizio sia distorto in positivo dal fatto che mi aspettassi un altro tipo di storia e di target, ma se anche fosse, allora ben venga questo tipo di sorprese.