Alcuni mesi fa ho letto La città e la città, romanzo investigativo di China Miéville che, essendo China Miéville, non scrive un "romanzo investigativo" come lo scriverebbe chiunque altro. Poco dopo la lettura ho scoperto che dal libro era stata tratta una recentissima miniserie prodotta dalla BBC con lo stesso titolo The City and the City, e trattandosi di quattro episodi che concludono tutta la storia (invece delle indeterminate serie di cui non si sa mai se e quando finiranno), ho pensato che fosse interessante vederla e proporre un confronto tra romanzo e adattamento.
Come sempre in questi casi serve ripercorrere per sommi capi la trama di cui stiamo parlando, per cui vi piazzo un'allerta spoiler anche se al di là di ambientazione, personaggi e punto di partenza della storia non rivelerò molto, per cui potete continuare il post anche se non avete né letto il libro é visto la serie. Preciso anche che per semplicità non metterò tutti gli accenti strani sulle consonanti che dovrei cercare sulla charmap e perderci due minuti ciascuno.
La città e la città è ambientato tra Beszel e Ul Qoma, due città mediorientali "gemelle", unite da un legame molto particolare. Di fatto occupano lo stesso territorio, ma in un'epoca piuttosto lontana tra le due è stata imposta una divisione, che non è una separazione fisica con muri e steccati, ma una sorta di censura sensoriale adottata da tutti gli occupanti dell'una o dell'altra. Chi vive a Beszel deve ignorare ciò che avviene ad Ul Qoma e viceversa, anche se in termini materiali è qualcosa che avviene a pochi centimetri da lui. Tutta la popolazione è istruita a "disvedere" (unsee) l'altra città e i suoi abitanti, ma anche i suoi edifici e veicoli in movimento, a non ascoltare i suoni che vengono dall'altra parte, e in generale la comunicazione tra città è scoraggiata. Non è impossibile passare dall'una all'altra, ma ci vogliono speciali permessi e ogni violazione di questa segregazione è punita. A sorvegliare sulla corretta separazione c'è appunto la Violazione (Breach), un'entità misteriosa che esercita un forte potere sulle due città, pur non essendo ben chiari quali siano i limiti dei suoi "poteri" (se esistono) e chi ne faccia parte. La prolungata divisione delle due città nella storia ha portato a una notevole differenza anche nel loro sviluppo: lingua, cultura e vocazione di ognuna sono diverse tra loro. Beszel ha conservato i caratteri di un'antica città di frontiera del medioriente, tra bazaar, traffico congestionato, vecchi edifici; Ul Qoma invece si è modernizzata, ha costruito grattacieli, ripulito le strade e vietato il fumo nei luoghi pubblici.
In tutto questo, il protagonista è Tyador Borlù (nella serie interpretato da David Morrissey, che molti potranno ricordare per il suo ruolo del Governatore in The Walking Dead), un ispettore della polizia di Beszel a cui viene assegnato il caso di omicidio di una giovane ricercatrice americana, impegnata negli scavi archeologici a Beszel. Il romanzo inizia proprio con l'arrivo di Borlù sul luogo del delitto e le prime rilevazioni sulla dinamica di morte della ragazza, e da lì si sviluppa con il proseguire delle indagini. Oltre al fatto che a essere stata uccisa sia una straniera, emergono presto altri dettagli anomali sulla sua morte, in particolare il fatto che sia stata in effetti uccisa ad Ul Qoma, e il corpo abbandonato in seguito a Beszel. Per proseguire l'indagine Borlù deve quindi spostarsi a Ul Qoma e assistere lì la polizia locale, ma anche questo non sembra essere sufficiente, perché forse dieto la morte della ragazza c'è qualcosa di più che coinvolge entrambe le città e l'origine della loro separazione. Il tutto sempre sotto la minaccia della Violazione.
Nel romanzo di Miéville, una delle cose che mi hanno colpito di più è la meticolosità con cui l'indagine viene portata avanti. Dai primi interrogatori coi ragazzini che hanno scoperto il cadavere, ai contatti con il proprietario del furgone rubato e così via, ci vogliono un centinaio di pagine solo per arrivare all'identità della ragazza. Questo da una parte è un gran punto a favore perché aumenta la verosimiglianza della storia e concede l'occasione per mostrare il mondo in cui si svolge la storia, dall'altra però rappresenta a volte un limite perché si ha l'impressione che la storia fatichi a procedere, soprattutto nelle prime fasi. Non che la lettura sia noiosa, ma ci si trova ad aspettare uno sviluppo concreto per un tempo forse eccessivo. L'autore fa un gran lavoro per presentare le due città e il paradigma della separazione, così come il mistero intorno alla Violazione, che incombe come un predatore nascosto nell'ombra, pronto a colpire, infallibile e spietato.
Nell'adattamento per lo schermo, la sfida più grande stava sicuramente nel trovare il modo di rendere la separazione tra le città. La differenza culturale è evidente, Beszel infatti è caratterizzata nell'estetica come una città cresciuta troppo in fretta, moderna ma attaccata al suo passato, come potrebbe essere una Istanbul. Ul Qoma invece è Dubai, che ha saputo stare al passo e anche anticipare i tempi, centro di affari e grandi aziende, un posto dove si smuovono interessi di livello globale. La diversità tra le due è resa in maniera molto efficace, tanto nell'architettura quanto nel modo di vestire, nel tipo di locali, le auto che circolano, le divise e gli uffici della polizia: si ha davvero l'impressione di trovarsi in due posti diversi. Per quanto riguarda la censura reciproca, il trucco adottato dalla serie è semplice ma immediato: le parti della città opposta sono mostrate sfocate, a simulare il disvedimento degli abitantiche si trovano da una parte. È interessante notare come alcune alcune aree vengono mostrate prima da un lato e poi dall'atro, come l'edificio centrale che fa da municipio per entrambe e frontiera tra le due città. La separazione è sottolineata anche da dettagli di contorno, come avvisi e manifesti che ricordano a tutti il divieto di interagire con l'altra lato: "When in Beszel, see Beszel."
Una differenza invece sottile ma piuttosto significativa tra romanzo e miniserie è il modo in cui viene considerata la Violazione. Nel libro la Violazione è un'entità oscura ma tangibile, che incute un forte timore su entrambe le città (meno sugli stranieri) e che da queste è rispettata. Ci si rivolge alla Violazione con deferenza e si accettano le sue decisioni, perché è risaputo che sa sempre quando e come deve agire. C'è anche la sensazione che non sia composta da semplici uomini ma da entità con un potere che trascende quello delle normali persone. Nella serie l'ottica è un po' diversa, e sembra piuttosto che la Violazione sia una sorta di società segreta da cui difendersi, tant'è che ci sono manifesti che consigliano di guardarsi bene intorno per scoprire i suoi agenti. In questa versione la Violazione è ancora temuta, ma è tratta più come un intruso pericoloso che come un'autorità superiore la cui volontà sovrascrive quelle dei poteri locali.
Ma la differenza più sostanziale tra le due versioni è il coinvolgimento di Borlù nella vicenda. Come dicevo infatti nel commento al romanzo, nel libro Borlù porta avanti con diligenza e professionalità la sua indagine. Scopre via via nuovi pezzi e la sua voglia di risolvere il mistero aumenta sempre di più, tuttavia non c'è niente che lo spinga a "sentire" l'indagine al di là della suo codice deontologico di ispettore. Ne rimane sempre in un certo modo distaccato, come se fosse solo il solutore di un enigma. Questo era stato uno degli aspetti che nel libro mi erano mancati di più. Anche gli autori della serie se ne sono accorti, e infatti qui la situazione è ben diversa: la moglie di Borlù è scomparsa tempo prima, ed era anche lei interessata al passato delle città e agli scavi archeologici su cui lavorava la ragazza uccisa. Sono anzi entrambe allieve dello stesso professore (Bowden, personaggio chiave che è stato reso in maniera diversa rispetto al libro, ma funzionale al suo nouovo ruolo), e questo loro collegamento indiretto non può che far pensare al protagonista che risolvere l'omicidio dell'una potrà portarlo a ritrovare l'altra, o almeno scoprire la verità su cosa le è successo. Si può contestare che la modalità con cui il protagonista viene collegato all'indagine è la più scontata possible, un cliché fin troppo tipico del noir, però in effetti viene gestito abbastana bene, e comunque è sempre preferibile che un qualche tipo di coinvolgimento personale ci sia, se pur il più elementare possibile.
Alla fine la soluzione del mistero è sostanzialmente equivalente anche se diversa in qualche dettaglio, ma comunque porta allo stesso tipo di considerazioni. Nel romanzo erano presenti alcuni accenni a tecnologie dimenticate nel passato delle città, che invece nella serie sono dimenticati, ma visto che non hanno grande impatto sulla vicenda non è un problema. Nell'adattamento c'è invece un twist abbastanza inaspettato su uno dei personaggi principali, anche questo reso molto bene, e che forse nel romanzo non avrebbe funzionato, ma per come invece è stata impostata la storia nella serie colpisce nel modo giusto.
In ultima analisi, The City and the City prodotto dalla BBC è una serie di ottimo livello, che ha saputo prendere una storia abbastanza complessa soprattutto per le caratteristiche di base della sua ambientazione e renderla al meglio. Come diciamo sempre, ha poco senso dire se "il film è meglio del libro", ma in questo caso sicuramente si può dire che la sfida di portare su schermo le città gemelle è stata vinta, e allo stesso tempo le potenzialità di questa stessa sfida sono state valorizzate. Un lavoro ben fatto quindi, e in un'epoca in cui le serie si protraggono all'infinto senza nessuna garanzia sul loro futuro e costanza qualitativa, trovare qualcosa come questo, che si prende giusto il tempo che serve per mettere giù la storia e concluderla, è un grande sollievo.
Ma la differenza più sostanziale tra le due versioni è il coinvolgimento di Borlù nella vicenda. Come dicevo infatti nel commento al romanzo, nel libro Borlù porta avanti con diligenza e professionalità la sua indagine. Scopre via via nuovi pezzi e la sua voglia di risolvere il mistero aumenta sempre di più, tuttavia non c'è niente che lo spinga a "sentire" l'indagine al di là della suo codice deontologico di ispettore. Ne rimane sempre in un certo modo distaccato, come se fosse solo il solutore di un enigma. Questo era stato uno degli aspetti che nel libro mi erano mancati di più. Anche gli autori della serie se ne sono accorti, e infatti qui la situazione è ben diversa: la moglie di Borlù è scomparsa tempo prima, ed era anche lei interessata al passato delle città e agli scavi archeologici su cui lavorava la ragazza uccisa. Sono anzi entrambe allieve dello stesso professore (Bowden, personaggio chiave che è stato reso in maniera diversa rispetto al libro, ma funzionale al suo nouovo ruolo), e questo loro collegamento indiretto non può che far pensare al protagonista che risolvere l'omicidio dell'una potrà portarlo a ritrovare l'altra, o almeno scoprire la verità su cosa le è successo. Si può contestare che la modalità con cui il protagonista viene collegato all'indagine è la più scontata possible, un cliché fin troppo tipico del noir, però in effetti viene gestito abbastana bene, e comunque è sempre preferibile che un qualche tipo di coinvolgimento personale ci sia, se pur il più elementare possibile.
Alla fine la soluzione del mistero è sostanzialmente equivalente anche se diversa in qualche dettaglio, ma comunque porta allo stesso tipo di considerazioni. Nel romanzo erano presenti alcuni accenni a tecnologie dimenticate nel passato delle città, che invece nella serie sono dimenticati, ma visto che non hanno grande impatto sulla vicenda non è un problema. Nell'adattamento c'è invece un twist abbastanza inaspettato su uno dei personaggi principali, anche questo reso molto bene, e che forse nel romanzo non avrebbe funzionato, ma per come invece è stata impostata la storia nella serie colpisce nel modo giusto.
In ultima analisi, The City and the City prodotto dalla BBC è una serie di ottimo livello, che ha saputo prendere una storia abbastanza complessa soprattutto per le caratteristiche di base della sua ambientazione e renderla al meglio. Come diciamo sempre, ha poco senso dire se "il film è meglio del libro", ma in questo caso sicuramente si può dire che la sfida di portare su schermo le città gemelle è stata vinta, e allo stesso tempo le potenzialità di questa stessa sfida sono state valorizzate. Un lavoro ben fatto quindi, e in un'epoca in cui le serie si protraggono all'infinto senza nessuna garanzia sul loro futuro e costanza qualitativa, trovare qualcosa come questo, che si prende giusto il tempo che serve per mettere giù la storia e concluderla, è un grande sollievo.