Mesata dedicata interamente alla fantascienza, seppur in
diverse declinazioni di tematiche, stili, provenienze ed epoche. Grandi
classici, classici moderni, e classici potenziali, tutti autori di grande
livello. Che poi mica lo faccio apposta, li scelgo pressoché a caso.
Il primo è Arthur C.
Clarke, non so se lo avete mai sentito nominare. E il classicone in
questione (perché quasi tutto quello che è ha scritto è considerato “classico”)
è Incontro
con Rama, riconosciuto come uno dei romanzi più suggestivi dell’autore,
una randellata di sense of wonder di quelle che ti lasciano stordito. La storia
è quella di un primo contatto, anche se non ci sono in realtà alieni ma
soltanto i loro manufatti: una gigantesca astronave cilindrica in avvicinamento
al sistema solare, verso cui gli umani indirizzano una spedizione di
ricognizione per capire di cosa si tratta. A parte qualche capitolo di
introduzione, tutta la storia segue appunto questa esplorazione di Rama, come
viene battezzato l’oggetto. Si scoprono poco per volta dettagli e vengono fatte
supposizioni a ogni passo, si cerca di interpretare la fisiologia, la mentalità
e le intenzioni degli artefici di Rama, soprattutto per rispondere alla
domanda: cosa sono venuti a fare da noi? La lunga esplorazione è sicuramente
affascinante, l’approccio scientifico rigoroso, però mi sento di schierarmi con
gli eretici a dire che a questo romanzo (come a tanti di Clarke, per la verità)
manca qualcosa. In effetti, manca proprio una storia: abbiamo un tot di
astronauti, ognuno con la sua specializzazione sotto la guida dell’integerrimo
comandante, che si muovono in un ambiente extraterrestre (e potenzialmente
ostile), affrontano una serie di difficoltà… e poi niente, tutto qui. Non ci
sono svolte nella trama, non ci sono obiettivi e nemmeno sviluppi significativi
di nessuno di loro. Anche la situazione turbolenta sulla Terra e le altre
colonie si risolve senza portare nessun cambiamento. È un po’ come guardare un
lungo documentario, che in certi momenti riesce anche a toglierti il fiato ma
non ti coinvolge a livello personale, non ti fa sperare che le cose si evolvano
in un modo o in un altro, semplicemente perché non c’è nessun tipo di
evoluzione, le cose sono solo mostrate per quello che sono. Non dico che sia un
brutto libro, ma al contrario di quanti molti mi avevano anticipato non mi ha
colpito nel profondo. Forse avrebbe avuto un altro effetto se lo avessi letto a
dodici anni, come può valere per altri classici della fantascienza, ma letto
ora la reazione è diversa. Voto: 6.5/10
A seguire sono andato a cercare uno dei testi di Clelia Farris che ho ancora in lista, e
ne sono uscito con Chirurgia creativa, un racconto lungo pubblicato l’anno scorso
da Future Fiction. La storia è narrata in prima persona da uno studente di bioingegneria
che si mette a lavorare con una specialista occulta del settore per iniziare a
mettere sul mercato nuove strabilianti creature messe insieme secondo la moda
del momento. C’è anche un piano più lungo al di sotto di tutto questo, ma il
nostro protagonista ne rimarrà perlopiù all’oscuro fino alla fine. Come tutto
quanto scritto dalla Farris, la lettura no è facilissima, perché l’autrice non
fa particolari sforzi per facilitare l’immersione in questo mondo futuribile ma
così vicino al limite dell’assurdo. Ma una volta acquisita una certa
familiarità con parole e nozioni, allora si riesce a godere dell’affresco messo
insieme con pochi ma incisivi tratti. Mi è parso di cogliere qualche indizio
che questo racconto si possa trovare nello stesso universo narrativo di Rupes Recta, ma non ne sono così sicuro.
Un’ulteriore conferma dell’altissimo livello della scrittura di questa autrice,
in questo caso applicato a un testo dal tono più leggero del solito. Forse l’ho
già detto, ma Clelia Farris è senza dubbio tra i migliori esponenti della
fantascienza contemporanea, e meriterebbe una diffusione ben maggiore. Voto: 7.5/10
E concludiamo con China Mièville, autore che ho iniziato a percorrere troppo tardi ma ho intenzione di recuperare. Ho già parlato a suo tempo di Embassytown, uno dei romanzi più recenti (e complessi) dell'autore, il mese scorso invece mi sono letto La città e la città, che da un certo punto di vista si può considerare come qualcosa di molto più semplice. In fondo è costruito come un poliziesco: inizia con l'omicidio di una ragazza, il protagonista/narratore è un agente della squadra omicidi della polizia locale e deve indagare sul crimine. Tutto molto semplice, appunto. Se non fosse che la storia si svolge tra la città e la città, Beszel e Ul Qoma, città che occupano topograficamente lo stesso spazio ma sono separate da una "barriera socio-culturale", che impedisce agli abitanti di una di entrare in contatto con quelli dell'altra, anche quando sono fisicamente vicini, e qualora un contatto dovesse esserci, è pesantemente sanzionato dalla Violazione, una sorta di potere occulto che esiste per mantere le città segregate. L'abilità di Mièville è di far passare questa anomalia gigantesca come una cosa normale, come lo è appunto per il protagonista che a Beszel è nato e cresciuto e quindi da sempre disvede Ul Qoma. L'indagine viene mostrata meticoosamente in tutti i suoi passaggi, dai primi testimoni, al ritrovamento del mezzo usato per trasportare il cadavere, e così via. Naturalmente la morte della ragazza ha alla base qualcosa di più profondo, che potrebbe destabilizzare la struttura stessa delle città, e per questo il detective dovrà passare da una città all'altra per mettere insieme i pezzi. La storia è certamente appassionante ed è gustoso il modo in cui alcune teorie sembrano spiegare tutto e poi si infrangono nel nulla. Tutta la vicenda però è mostrata con un certo distacco, per il nostro eroe non è realmente coinvolto in quanto succede, al di là della sua deontologia professionale. Per la verità il narratore stesso rimane un po' amorfo, non sembra avere una personalità e degli obiettivi definiti, e sono anzi altri personaggi a spiccare come più caratterizzati rispetto a lui. Quindi spesso si ha la sensazione di procedere per scoprire quello che succederà, ma senza davvero tifare per l'eroe che dovrebbe riportare giustizia. Peraltro, ho scoperto da poco che da questo romanzo è stata tratta una miniserie prodotta dalla BBC, e la sto guardando proprio in questi giorni. Ci scapperà probabilmente un prossimo post sul confontro tra film e adattamento. Voto: 7.5/10
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