Quando ho letto un anno e qualcosa fa la notizia dell'uscita di The Adjacent, la cui trama citava la presenza tra i protagonisti di un fotografo e di un prestigiatore, ho pensato tra me: vabbè, Christopher Priest ormai ricicla le stesse cose fatte in passato, con The Prestige gli era andata tanto bene (Christopher Nolan che dirige il film tratto dal tuo libro si può considerare un successo) e allora si è adagiato e ha scritto ancora qualcosa sulla stessa linea. Per un po' ho quindi archiviato la questione, anche se quel titolo mi si era insinuato dentro e continuavo a pensarci ogni tanto. Poi in una di quelle catene di connessioni random che si trovano su internet mi sono imbattuto di nuovo in una recensione di questo romanzo, e anche in un commento più ampio all'opera di Priest, e mi sono convinto che un autore di tale esperienza non poteva aver semplicemente fotocopiato il suo precedente successo. Così alla fine ho acquistato The Adjacent in ebook e me lo sono letto durante la settimana di vacanza.
È buona norma iniziare una recensione dando una prospettiva (possibilmente spoiler-free) della trama del libro in oggetto, tuttavia in questo caso non è facile riuscire a fornire un riassunto per sommi capi di quanto viene narrato in questo libro. La storia è divisa in otto capitoli, di cui la metà sono incentrati sullo stesso personaggio, Tibor Tarent, che potremmo quindi considerare per convenzione (ma senza altrettanta convinzione) il protagonista. Tarent è un fotografo freelance, che ha seguito sua moglie durante una missione in Anatolia, in una zona di guerra, e qui l'ha perduta. Perduta perché Melanie è probabilmente morta, ma in realtà nessuno ne ha trovato traccia. Tarent rientra nella sua Gran Bretagna con un visto diplomatico, e durante il viaggio incontra una donna misteriosa che sembra sapere molto di lui e di quanto è successo a sua moglie. Questa parte è quella in cui maggiormente si percepisce la componente fantascientifica del romanzo: non solo perché è ambientata intorno al 2040-2050 (non è specificato), ma anche perché ci troviamo in un'Inghilterra che è in pratica un sultanato (si chiama ora IRGB: Islamic Republic of Great Britain), sconvolta da devastanti tempeste, e lentamente apprendiamo che quello che ha portato via Melanie (così come buona parte di Londra) è un nuovo tipo di arma, derivante appunto dalla adiacenza, una tecnologia che ha qualcosa a che vedere con gli universi paralleli, anche se non nel modo tipico con cui siamo abituati a considerarli.
Nelle parti del libro che non seguono direttamente Tarent, conosciamo diversi personaggi sparsi in epoche (e mondi?) diversi: un illusionista inglese del 1915 convocato sul fronte francese per inventare un modo di far sparire gli aerei da ricognizione in volo; un tecnico di una base aerea durante la Seconda Guerra Mondiale che incontra un'abile pilotessa polacca, la quale a sua volta racconta la storia di come è arrivata a volare per l'esercito inglese; la giornalista che per ultima ha visto lo scopritore dell'adiacenza; e di nuovo un fotografo, un mago e una pilota, ma stavolta tutti abitanti sull'isola di Prachous, un posto che non appartiene alla nostra Terra, ma che presenta evidenti affinità con questo mondo. Le storie di tutti questi personaggi sono indipendenti tra loro, ma è presente un'interconnessione profonda e impercettibile. Non si tratta del classico schema delle sottotrame che convergono, perché tutti questi non si incontreranno mai tra loro, non risolveranno mai il mistero che si cela dietro le loro vite e non capiranno mai davvero che cosa sia e come operi l'adiacenza, anzi, la maggior parte di loro non sa nemmeno che esista qualcosa del genere.
Per questo inizialmente dicevo che non ero in grado di descrivere la trama del libro: perché qui non troviamo lo svolgimento di una storia, e nemmeno una serie di storie tra loro intrecciate: piuttosto, ci sono personaggi sovrapposti, confini tra le persone, le vicende e i ricordi che sfumano gli uni negli altri. Non è facile riuscire a cogliere questi indizi, perché il passaggio avviene in modo quasi invisibile, e ci si accorge solo gradualmente che quello che stiamo leggendo non è più la stessa storia di prima, ma qualcosa di diverso eppure simile, qualcosa di adiacente.
Una chiave per cercare di interpretare tutto sono i nomi dei personaggi, che in qualche modo ricorrono o si ripresentano in varianti più o meno riconoscibili, ma si tratta più di un indizio che di una prova. Non c'è modo di affermare con certezza che un tale personaggio sia lo stesso che rivediamo in seguito, eppure la sensazione indotta dalla lettura è quella. Vi si potrebbe scorgere in questo senso qualche affinità con Cloud Atlas (mi riferisco quantomeno al film, non ho letto il libro), ma a un livello molto più sottile. Tuttavia non credo che questo sia un libro che deve essere spiegato: per quanto esista, sicuramente, un'interpretazione "esatta" di quello che si legge, il punto è che non è questo il punto.
Infatti, credo che la caratteristica principale e memorabile di The Adjacent sia il modo in cui il lettore sia portato a intuire, avvicinarsi a una risposta per poi venirne di nuovo spinto lontano (sempre che esista davvero). L'adiacenza non è solo un concetto scientifico/tecnologico, ma diventa qualcosa di metafisico e anche metatestuale. Seguiamo vicende di personaggi che non sono al centro degli eventi, ma adiacenti a essi, vicini al nucleo della storia ma senza prenderne parte: Tarent che fotografa l'inventore dell'adiacenza, l'illusionista che cerca di capire come nascondere un aereo in volo, la pilota che sorvola l'isola adiacente a Prachous e ne scorge i diversi e incompatibili aspetti. Siamo sempre sull'orlo di ottenere una rivelazione ma ci fermiamo proprio lì, facciamo un passo indietro, poi aggiriamo il baratro e ci avviciniamo da un'altra direzione, ma anche da quella parte non riusciamo ad arrivare in fondo. Non è qualcosa di cui ci si accorge a livello razionale, ma una sensazione diffusa, un istinto che porta a convincerci che qualcosa c'è, e che dobbiamo solo spingerci un po' più avanti per trovarlo. Per questo, nonostante il libro sia lento, quasi del tutto privo di azione in senso stretto, non si sperimenta un solo istante di noia, e i capitoli scorrono in rapida successione, finendo sempre qualche paragrafo prima di quanto avremmo voluto.
The Adjacent non è tanto una storia, quanto una storia di storie, una narrazione multipla di cose che sono indubbiamente successe ma che gli stessi attori non saprebbero descrivere, un'esperienza di difficile decifrazione ma di pieno coinvolgimento. Probabilmente mi è sfuggito qualcosa, forse non ho colto qualcuno di quei piccoli dettagli che si affacciavano di tanto in tanto a beneficio del lettore e degli stessi personaggi che paiono altrettanto confusi e sperduti. Forse qualche frase mi tornerà alla mente, come i ricordi che si formano e svaniscono, e una molla mi scatterà nel cervello portandomi a capire quello che non ho letto, ma per il momento mi accontento di essere arrivato abbastana vicino, se non alla soluzione, almeno a qualcosa di adiacente.
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