So bene che arrivo dopo i botti, e che parlare di Fringe nel 2018 è come parlare del telegrafo nel 1988. È passato abbastanza tempo dalla sua fine perché si sia potuto dire tutto della serie tv ideata e prodotta da J.J. Abrams, sull'onda del successo di Lost, che riprende e aggiorna la formula di X-Files, con la sua struttura di procedural investigativo con un arco narrativo che emerge e si concretizza nel corso delle stagioni.
Ma sta di fatto che, a causa della mia stringente policy di fruizione delle serie tv, ho visto Fringe solo di recente, pressappocco a partire da settembre dell'anno scorso, e l'ho finito solo da qualche settimana. Questo post in ogni caso non vuole essere una recensione della serie, quanto una constatazione di come, ancora una volta, viene fuori che le idee non sono di nessuno e l'originalità è un valore molto aleatorio per chi inventa storie.
È successo infatti che, man mano che procedevo nella visione di Fringe, mi sono trovato di fronte a decine di spunti e idee che io stesso ho usato o ho pensato di usare in qualche racconto. La cosa mi è sembrata inizialmente curiosa, poi si è fatta frustrante e infine mi sono arreso all'evidenza che non c'è più niente da inventare.
Uno dei temi portanti della serie (si, vabbè, spoiler alert, ma vi devo anche spiegare come funziona il telegrafo?) è l'esistenza di più universi paralleli, anche se in particolare ne vengono mostrati due e non è mai specificato se, come in genere si intende, ne esistano in realtà infiniti. L'interazione tra questi universi è possibile, a volte in modo fisico e altre solo come un collegamento tra gli stessi individui delle due dimensioni. Più avanti si assiste anche alla rimozione di una persona dall'esistenza, con la conseguente alterazione della timeline vista fino a quel momento, se non che, in particolari circostanze, questa persona può tornare a farsi presente. La più semplice di queste circostanze è il sogno: le persone coinvolte sognano una versione diversa della storia, un universo che è stato, come potrei dire... retconizzato, ecco. È curioso anche notare come gli Osservatori, le entità post-umane che compaiono per raccogliere la storia, si chiamino con i nomi dei mesi, per cui abbiamo Settembre, Agosto, Dicembre... e presumibilmente, da qualche parte, anche un Novembre.
Naturalmente so di non aver inventato la retcon come meccanismo narrativo, ma il punto è che questo non è l'unico spunto che Fringe mi ha messo in scena sotto il naso, mentre io ero impegnato a fare altro per una decina d'anni prima di scoprirlo. Senza entrare troppo nello specifico delle varie trame, ecco una carrellata delle idee che ho trovato nella serie dopo averle già sfruttate in alcune mie storie:
- Colone di funghi che formano una rete neurale capaci di entrare in contatto con gli umani.
- L'accesso a un universo parallelo che provoca una "falla" dalla quale si estende un'anomalia in grado di destabilizzare la struttura di entrambi gli universi.
- Lo stato di sogno utilizzato per accedere a universi diversi o versioni precedenti dell'universo.
- Umani del futuro che possono viaggiare nel tempo e tornano nel passato per pilotare l'evoluzione della specie in modo da poter raggiungere il punto in cui si trovano loro.
- Crescita accelerata che fa nascere un bambino già semiadulto.
- La probabilità come forza primaria da cui si origina l'universo.
- Musica/suoni e vibrazioni che permettono di sincronizzare menti diverse.
- Un astronauta che durante una missione entra in contatto con una qualche entità che gli rimane poi "attaccata".
Di nuovo, non voglio dire che Fringe mi abbia rubato le idee (ma nemmeno il contrario, considerato che l'ho visto solo ora!), né che le mie siano idee tanto geniali che ci avrei potuto scrivere io una serie del genere e JJ avrebbe dovuto pagare me invece dei suoi sceneggiatori. Mi piace però notare come certi spunti probabilmente sono "nell'aria" e possono essere colti in momenti e da persone diverse, dato un contesto comune di partenza. Con ogni probabilità, tra altri vent'anni le suggestioni mie e di Fringe saranno superate, e a nessuno verrà in mente di costruire storie basate su queste stesse idee, ma in questo momento e in questo tempo, temi del genere continuano a emergere anche da fonti indipendenti, in una sorta di convergenza evolutiva memetica.
Insomma, alla fine dei conti non si inventa mai nulla, o quanto meno, io non invento nulla, e ciò che conta è soprattutto il modo in cui la stessa storia viene raccontata, ancora e ancora.
Insomma, alla fine dei conti non si inventa mai nulla, o quanto meno, io non invento nulla, e ciò che conta è soprattutto il modo in cui la stessa storia viene raccontata, ancora e ancora.
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