Ultimi acquisti - Luglio 2014 (parte 1)

Torniamo a parlare di musica sul blog dopo qualche mese di assenza ingiustificata, e lo facciamo con la tradizionale descrizione degli ultimi acquisti effettuati. Come per le ultime volte, non farò distinzione dal supporto (cd o vinile) su cui si trovano la musica acquisita, ma solo una suddivisione tematica: in questa prima parte parlerò degli album, nella successiva delle raccolte e compilation.


Iniziamo con techno di quella pura. Chris Hardt mi era del tutto sconosciuto, ma mi è sembrato fin dall'inizio uno di quei tedeschi che sanno cosa significa pestare per bene con un pezzo, d'altra parte la schranz l'hanno inventata loro. Qui siamo su un territorio simile, con pezzi duri, fatti di percussioni e bassi tormentati, con effetti sonori da industria pesante. Difficile fraintedere lo stile di Black Knight Satellite, uscito nel 2014 ma che sembra più un prodotto della techno progressive degli anni 90. Curioso il fatto che tre degli otto pezzi abbiano un titolo in italiano (Avanzare, Progressista, Una bomba).


Rimaniamo sempre sulla techno classica con un altro tedesco, Ascon Bates, che pur essendo in giro da parecchi anni arriva solo adesso con Undying Pieces al suo primo album. Anche qui non ci sono dubbi su come classificare questo disco, anche se Bates si concede qualche incursione in più verso la melodia rispetto al precedente, come in Another Stairway to Universal Space, pur senza diventare stucchevole. Il ritmo è sempre alto, e le lyrics in loop aiutano ad aumentare il senso di claustrofobia (soprattutto in The Smoky Behavior).



Un nome più noto dei precedenti è quello di Theo Parrish, americano sulla scena fin dagli anni 90. Il suo album Parallel Dimensions del 2000 è stato ristampato nei mesi scorsi e Mastelloni mi ha raccomandato di non farmelo scappare: come sempre, non è stato un brutto consiglio. Nelle nove tracce dell'album si segue un percorso di house autentica, completa di influenze tribali e di suoni che richiamano (o direttamente campionano) il blues. È musica da professionisti, con tracce lunghe oltre i 9 minuti (fino anche a15) ma che mantengono la loro unicità. Ascolto avvolgente e armonico, e dev'esserci una ragione se il disco è stato riesumato dopo 14 anni, fatto del tutto eccezionale in questo ambito.


Esce invece sull'etichetta Ostgut Ton, che deriva al famoso club Berghain di Berlino, Code, anche questo opera prima di Answer Code Request. È scontato che se si parla di una discoteca berlinese ci si può aspettare della buona techno, ma in questo disco si trova anche altro, infatti metà dei pezzi abbandona il ritmo in 4/4 e vira sul downtempo, facendo spazio a un po' di calore in quello che altrimenti sarebbe un album fin troppo preciso. Efficace commistione di generi quindi, per un disco che non innova niente ma regala comunque delle buone combinaizone di suoni.



E terminiamo la sezione dedicata agli album con qualcosa di ascolto più facile. I GusGus sono una band in giro da parecchio, che fin dall'inizio si sono ricavati una nicchia in un genere molto particolare, a cavallo tra house, electro e pop (ne trovate un paio in alcuni dei miei dj set). Sarebbe riduttivo definirlo synthpop, perché l'impostazione dei pezzi è molto più affine a quella di una traccia tech-house, ma allo stesso modo i testi e la centralità data a melodie e ritornelli rende i loro pezzi di facile assimilazione (nonché oggetto di gustosi remix). Mexico è il loro ultimo album, preceduto nei mesi scorsi dall'estrazione di alcuni singoli (Crossfade e Obnoxiously Sexual) che rendono eccellentemente l'idea del loro stile. Ma tra i nove pezzi se ne trovano di altrettanto validi, e anche meno pop e più synth, come Sustain o l'eponimo Mexico, che ricordano per certi versi alcune opere degli Underworld. Un ottimo disco per chi vuole iniziare a conoscere l'elettronica e non sa cosa aspettarsi da un genere che punta più sul suono che sulle parole.

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