C'è stato un tempo in cui il rap era il mio genere musicale preferito. Un tempo piuttosto remoto, si parla di una ventina d'anni fa circa. All'epoca ero un ragazzino che andava in seconda media e mi trovai ad ascoltare, un po' in radio e un po' dalle cassette registrate di mia sorella, i pezzi degli allora Articolo 31. Ne rimasi in qualche modo impressionato, come ci si può ingenuamente impressionare a quell'età. E così ne diventai un avido consumatore, anche se da quel punto di partenza non andai mai oltre ad esplorare gli altri esponenti del genere, che ancora oggi ignoro chi potessero essere in quegli anni.
Poi è successo qualcosa. Sono cresciuto. Sono cambiato. E ho iniziato a considerare che quel ragazzino della seconda media fosse un deficiente. Non tanto per la musica in sé, per tante ragioni, di cui quella musica era comunque un'espressione o un sintomo. Da quel deficiente volevo prendere le distanze, e così cercai una strada diversa, nella musica ma non solo. E poi, a dirla tutta, non mi era mai andata giù la "cultura" rap, quel modo di parlare, vestirsi, muoversi, atteggiarsi, che ritenevo artefatto e in cui sapevo di non potermi riconoscere. Quindi da quel punto di vista fu quasi un sollievo dirmi che non avevo più bisogno di fingere di apprezzare quella parte del mondo di cui volevo far parte.
Come è andata lo vedete dalla musica di cui tratto (purtroppo raramente) su questo blog. La mia strada è partita da Gigi D'Agostino e gli Scooter e Mauro Picotto, da Kai Tracid e Ian Van Dahl per approdare poi a Dominik Eulberg e Moderat, Johannes Heil e Stephan Bodzin, Trentemoller, Miike Snow e Anthony Rother e Villalobos, Paul Kalkbrenner e Jacek Sienkiewicz e insomma quanti ne devo citare? Questo percorso mi ha completato e soddisfatto, al punto che vent'anni dopo quel cambio di prospettiva sono abbastanza in pace con me stesso da ammettere che posso provare interesse anche in altro. Infatti già da qualche anno ho iniziato a rivolgere attenzione a qualche tipologia di musica differente, ma non pensavo che a un certo punto mi sarei riavvicinato anche al rap, da cui mi ero separato con rancore tanto tempo fa.
Disclaimer: fino a qui e nel resto del post userò il termine "rap" in senso lato per intendere tutti i vari sottogeneri afferenti a questo filone, che sia rap vero e proprio o hip hop o trap o vai a sapere. Non ho approfondito abbastanza da riconoscere le sfumature e non mi interessa, in questa fase.
Questo riavvicinamento credo che sia partito con Stromae, un artista piuttosto insolito che peraltro canta in francese, altro elemento che tempo fa avrei scansato a priori. Stromae è salito alla fama con Alors on danse, un pezzo euro-house banalotto ma ben concepito, ma non è con questo che mi ha conquistato. Sono stati invece altri suoi pezzi, sempre in bilico tra rap ed elettronica. E così un pezzo come Papaoutai è riuscito a conquistarmi con la sua commistione di generi e la forza del tema trattato, sarà anche perché da tre anni a questa parte quello è diventato il mio punto debole.
Sicuramente non è questo il miglior esempio di rap in circolazione (nemmeno tra i pezzi di Stromae), ma ha contribuito a riavvicinarmi a una musica più "parlata".
Il passo successivo, risalente a metà del 2019 sono stati i Coma_Cose. Avevo già preso confidenza con qualche artista del panorama indie italiano come Baustelle e Zen Circus, ma quando poi mi sono trovato ad ascoltare i loro pezzi, validi dal punto di vista musicale e con i testi basati su giochi di parole e manipolazione della lingua, sono rimasto enormemente sorpreso. Era la dimostrazione che qualcosa di nuovo (almeno per quanto ne sapevo io) poteva davvero esserci.
Flash forward all'inizio del 2020. In un momento della vita che mi pone già di fronte a consistenti cambiamenti, qualcuno mi ha suggerito di provare ad ascoltare qualcosa che non conoscevo. In realtà lo conoscevo già, perché quel nome mi era già stato fatto diversi anni fa, da persone i cui gusti si sono sempre dimostrati piuttosto sovrapponibili ai miei. Ma allora forse non ero ancora pronto ad ammettere di essermi formato un bias mentale contro questo genere musicale e concedere l'ascolto.
Mi rendo conto che possa sembrare scontato tirarlo fuori adesso, dopo che per un paio di settimane se ne è parlato tanto in concomitanza con il festival che monopolizza le discussioni di tutta la popolazione italiana per qualche giorno, ma quel nuovo approdo è stato Rancore. Mi sono trovato ad ascoltare alcune tracce dell'album Musica per bambini e ne sono rimasto colpito. Non ho la competenza per giudicarne le capacità tecniche di rapper, ma quello che Rancore dice nei suoi pezzi, il suo modo estremamente visivo di raccontare, uno showdontell che manca a parecchi scrittori che dovrebbero applicarlo più di lui, le decine di riferimenti e i multipli livelli di lettura delle sue canzoni: tutto questo mi ha sconvolto. Mi è difficile proporre qui un solo pezzo a rappresentare quello che mi ha provocato l'ascolto, ma provo a scegliere questo:
Io lo trovo incredibile. Le immagini del drago, del cavaliere e della principessa, la favola con tutti i suoi archetipi ma con un significato ben più profondo e attuale. Mi sono fatto una mia interpretazione, ne ho lette altre, e mi sembrano tutte ugualmente efficaci, e non credo sia un caso. Quel sangue di drago, quel cavallo nutrito male, e quel mago che adesso si capisce chi rappresenta. Faccio solo questo esempio, ma la stessa cosa mi è avvenuta con buona parte dei pezzi di Rancore che ho sentito, e praticamente per tutti quelli di quest'album.
Ma non è finita qui. Perché lasciando andare youtube in autoplay a passare da un pezzo all'altro, per una di quelle imprevedibili serendipità mi ha proposto un altro artista che, appena ascoltato la prima volta senza nemmeno sapere chi fosse mi ha fatto l'effetto di una pallonata in faccia. Il pezzo che ho sentito è questo:
Di nuovo, quei testi così visivi, la capacità di raccontare storie con poche frasi dosate alla perfezione e nel caso di Murubutu, anche una quantità di riferimenti letterati e storici da richiedere una guida alla lettura. Lo stesso Murubutu è capace di creare anche pezzi a tema storico come questo:
E anche in questo caso mi sono torvato quindi letteralmente a trattenere il fiato, alcune delle canzoni al primo ascolto mi hanno commosso profondamente, superata l'emozione iniziale sono riuscito poi ad analizzarle meglio e comprenderle ed apprezzarle ancora di più.
Ora quindi so che il rap non mi è per forza nemico. Che ci sono artisti capaci di fare grandi cose, e che sono in grade di apprezzarle. La cosa che più mi piace di tutto questo, è che ho mantenuto abbastanza obiettività da riconoscere che alcune delle loro tracce non mi piacciono granché, le accetto nell'insieme di una poetica più ampia ma non le riascolto così volentieri. Quella di adesso quindi non è un'altra infatuazione irrazionale, ma una comprensione ragionata, che forse richiedeva un mio diverso livello di maturità, o forse solo il momento e la situazione giusta.
È andata così che ho fatto pace con il rap.
E grazie a questo sento di aver fatto anche un po' pace con me stesso.
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