Dopo aver sdoganato con Rats la visione di documentari durante le Coppi Night, a distanza di un paio di settimane* ci siamo cascati di nuovo, stavolta con Food Choices, altro documentario disponibile su Netflix a tema cibo. Titolo e descrizione si sono rivelati leggermente fuorvianti, in quanto non si tratta di un documentario che illustra le diverse abitudini alimentari diffuse nel mondo, ma di una lunga propaganda alla dieta vegetariana/vegana.
Alt. Il discorso alimentazione è diventato negli ultimi anni uno di quei temi dibattuto con tifoserie da stadio, che vede opposti i nazivegani agli ubercarnivori, entrambi in aperta ostilità verso l'altro, sempre pronti a insultare e minacciare. Personalmente mi colloco in territorio neutrale: sono onnivoro ma consumo carne in proporzione limitata, e sono aperto ad altri tipi di regime alimentare, tanto per ragioni di salute che etiche. Non escludo in un futuro prossimo di diventare io stesso vegetariano.
Ciò nonostante, pur essendomi già posto il problema e avendo una mezza idea di spostarmi da quella parte, questo documentario non è riuscito a convincermi. Se l'obiettivo era dimostrare che il vegetarianismo (o meglio: la plant-based diet, visto che tecniamente anche una dieta basta su patatine e cocacola rientra nella definizione di "vegano") è la scelta migliore per tutti in termini salutistici, economici, ambientali ecc, i contributi dei vari intervistati non sono così efficaci nel raggiungere il punto. Forse è da mettere in conto una certa distanza rispetto a quanto descritto nel documentario, che parte dalla tipica dieta americana, per cui molte delle cose riportate non corrispondono alla mia realtà quotidiana: ad esempio le uova a colazione sono date quasi per scontate, quando in realtà da noi non capita così spesso.
Ma anche al di là di questo, il compito è comunque tirato via. Alcuni argomenti trattati sono interessanti, per lo più quelli degil intervistati che si occupano della questione da un punto di vista strettamente scientifico (biologi e nutrizionisti): in quei casi l'evidenza dei fatti è abbastanza forte da non richiedere altre argomentazioni. Ma quanto a parlare sono sportivi, conduttori tv, giornalisti e artisti di vario genere, si cade spesso in tesi aneddotiche che non reggono se sottoposte a un'analisi più rigorosa. In alcuni casi si sfiora proprio l'assurdo: che senso ha dire che le mani col pollice opponibile si sono evoluto apposta per cogliere la frutta? Siamo ai livelli della banana come prova dell'intelligent design per i creazionisti! Anche la donna che racconta come è guarita dalla depessione grazie alla dieta vegetariana mi è sembrata al limite dell'offensivo: nessuno mette in dubbio che a lei cambiare dieta abbia fatto bene, ma suggerirla come cura per una patologia così complessa è fuorviante e tendenzioso. Verso la fine il discorso si sposta anche sugli animali e le atrocità degli allevamenti intensivi, ma anche in questo caso l'atteggiamento è troppo paternalistico per poter colpire davvero.
Insomma Food Choices è indubbiamente interessante, e contiene nozioni utili (come la vera questione dei grassi omega-3). Il problema è che espone una tesi corretta in modo sbagliato, e così perde credibilità. L'autore si pone tropppo spesso su un piano più alto dell'osservatore, facendogli capire che lui ha capito come funzionano le cose, e se stai attento te lo spiega anche. Al che, pure io che come dicevo già pendo in quella direzione, dentro di me mi sono detto che se devo scegliere qualcosa lo farò da solo, non perché me lo dice lui.
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*Non ho fatto post sul film visto il 5 febbraio, perché francamente non valeva la pena perderci tempo per quanto brutto, noioso e inconsistente fosse. Se avete Netflix vi raccomando di stare alla larga dalle scimmie assassine, ma non voglio sprecare una parola di più per parlarne.
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