La settimana scorsa è apparsa su Netflix la prima stagione di Disincanto (Disenchantment), la nuova serie ideata e prodotto da Matt Groening, che per eventuali neanderthal lettori di questo post che non riconoscessero il nome, è l'ideatore dei Simpson e soprattutto di Futurama (anche se c'è da dire che poi il team di autori di quest'ulimo è stato guidato per lo più da David X. Cohen, ma questo è un altro discorso).
Dato che sono il fan italiano numero uno di Futurama (nessuno mi ha ancora smentito), l'uscita di questa serie mi ha da un lato eccitato, nella speranza di trovare in Disincanto qualcosa dello splendore di Futurama, dall'altro mi ha preoccupato, nel timore di trovare in Disincanto qualcosa dello splendore di Futurama. In ogni caso, fin da quando è stata annunciata sapevo che l'avrei vista, per capire se avevo ben riposto le mie speranze e i miei timori. Dopo aver visto i dieci episodi della prima serie, sono pronto a tracciare un breve riepilogo e un confronto con la mia serie animata preferita. Seguiranno moderati spoiler, ma non su punti particolari della trama quanto soprattutto su temi, personaggi, archi narrativi. Anche se non avete visto la serie potete leggere senza troppi rischi.
Partiamo subito sgombrando il terreno: Disincanto non è riuscito come Futurama. Anche considerando solo la prima stagione, che pure in Futurama era immatura, sono tanti i punti in cui questa nuova serie non eguaglia la precedente. Ammetto di affrontare la questione con un certo confirmation bias, perché sotto sotto voglio che Futurama rimanga migliore, ma credo ci siano dati oggettivi che si possono portare a conferma della mia tesi. Provo a elencarli.
- La protagonista. Giusto per contestualizzare, Disincanto è la storia di Bean (diminuitivo di Tiabeanie), giovane principessa del regno di Dreamland. Bean è la classica principessa che non vive bene il suo ruolo, ribelle, tomboy, preferisce passare il suo tempo a sbronzarsi in taverna piuttosto che al castello. La sua vita le va stretta e questo è il punto principale che rende difficile empatizzare con lei. Sicuro, siamo abituati a personaggi del genere (da Fantaghirò a tutti i più recenti film Disney), e l'archetipo del nobile insofferente per la sua posizione può funzionare. In questo caso però, Bean appare per lo più come la bimba viziata che crede tutto le sia dovuto, anche una vita entusiasmante e avventurosa. Infatti nessuno di chi le sta intorno è particolarmente malvagio, oppressivo o violento verso di lei. Anzi, quasi tutti le mostrano comprensione e continuano a perdonare le sue scappatelle. Suo padre Re Zog, per quanto burbero e anaffettivo, le vuole bene e in fondo si trova in una posizione ben peggiore della sua; il "personale" di corte, dalle guardie alla domestica, al ministro, sono sempre a sua disposizione per ascolto e incarichi; perfino la sua matrigna, che per tradizione dovrebbe essere cattiva, è viscida solo in senso letterale (in quanto di specie umano-anfibia), ma in realtà è condiscendente e addirittura dispensa consigli. Quindi, che ha da lamentarsi Bean, quando ha tutte le possibilità di fare e ottenere ciò che vuole? Facendo un confronto con Futurama, a differenza di Fry che è tonto ma buono e si trova spesso in situazioni spiacevoli non per colpa sua, questa principessa sembra ricercare le proprie sciagure per combattere la noia. Anche il suo alcolismo, se pure non viene rappresentato come un problema serio ma solo una forma di evasione, non contribuisce a farla risultare simpatica. E se è sempre vero che un protagonsita non deve essere necessariamente simpatico, è comunque importante che lo spettatore sia interessato ai suoi problemi e tifi per lui nei conflitti. Purtroppo non è così.
- I personaggi principali. Oltre alla protagonista, c'è qualche problema anche con gli altri comprimari. Del trio principale, forse solo Elfo ha personalità e uno sviluppo narrativo ben definito e condivisibile. Il suo interesse romantico ber Bean forse è un po' forzato, ma si può accettare. Il demonietto Luci invece non ha un ruolo altrettanto chiaro: inviato come dono da stregoni sconosciuti, dovrebbe essere il demone personale di Bean e portarla sulla strada del male, ma nella maggior parte dei casi si rivela essere la voce della ragione. È sicuramente il più intelligente e pratico del gruppo, oltre ad avere una serie di poteri che possono tornare comodi molto spesso. Credo che il paragone con Bender sia scontato: il personaggio "negativo" che non fa mistero della sua cattiveria e ostenta i suoi vizi. Con la differenza che mentre Bendere, coerentemente con questa caratterizzazione, spesso causa problemi agli altri e se stesso, Luci invece li risolve. Poi abbiamo il già citato Re Zog, che dovrebbe essere in qualche modo un antagonista ma a ben vedere è un povero diavolo: ha perso l'unico amore della sua vita (la madre di Bean), è stato costretto a un matrimonio politico per terminare una guerra e in fin dei conti nemmeno avrebbe dovuto diventare re. Insomma, va bene sovvertire gli archetipi, ma qui sono proprio le funzioni narrative che non combaciano perfettamente e rendono la storia squilibrata.
- Il sense of wonder. Dov'è? Da una serie fantasy ci si aspetta un buon livello di worldbuiling, tante invenzioni e ambientazioni e idee che ispirino meraviglia. Invece tutto Disenchantment si appoggia fin troppo su cliché e topoi del fantasy epico più commerciale, dalle creature mitologiche alle quest, dalla magia alle mappe. Certamente tutto è reinterpretato in chiave parodistica, come già faceva Futurama per i cliché della fantascienza, ma non c'è davvero un'invenzione che sia una. Il sangue di elfo come elisir di vita? Già visto. Il villaggio degli elfi come catena di montaggo di dolciumi? Praticamente uguale ai nettuniani di Futurama che lavorano nella fabbrica di babbo natale, anche nell'aspetto. Il gigante buono? Il cacciatore di demoni? I barbari invasori? Check. Check. Check. L'unica idea che ho trovato minimamente originale è la nazione di umani-anfibi, dove vengono fori anche alcune simpatiche trovate nell'ambientazione. Ma lo sforzo è proprio ai minimi.
- Animazione e musica. Non sono un super esperto, ma mi pare che scarseggi qualcosa a livello di animazione, soprattutto nelle scene d'azione. Ovvio, in questo senso lo stile di Groening non brilla né ne I Simpson né in Futurama, eppure mi è sembrato che non ci sia stato nessun miglioramento nonostante i decenni di innovazione tecnologica. La sovrapposizione tra 2D e 3D c'era già in Futurama (e all'epoca era davvero innovativa), per il resto niente da notare. E la colonna sonora, in generae, non sembra accompagnare né sottolineare in maniera adeguata ciò che avviene. L'esempio più lampante è la sequenza della rissa nella taverna del primo episodio: una scena che dovrebbe essere caotica e concitata risulta del tutto piatta, senza tensione.
- L'umorismo. Alla fine dei conti ho riso poco. Questo può essere un mio problema, perché chiaramente ognuno è più sensibile a un certo tipo di umorismo, e per me quello scientifico/assurdo di Futurama è il più efficace. Però in generale mi sembra che non si va oltre le situazioni da sitcom, con poche gag visive (che sono quelle che a posteriori rendono di più) e tante battute prevedibili. Apprezzo però che si faccia poco affidamento sulle battute basate sulla cultura pop, quindi riferimenti all'attualità, dalla politica allo spettacolo. Questo è quello che ha rovinato I Simpson ed è bene starne lontani quanto possibile.
Non sono sicuro se seguirò la seconda stagione o se Disincanto finirà tra le serie che ho smesso di vedere. Credo che guarderò almeno i primi episodi per scoprire come hanno risolto i cliffhanger, in particolare quello di Elfo e Luci (di Bean ho già detto che mi importa poco?), e se la risoluzione mi sembrerà inadeguata, potrei mollare. Nel complesso comunque non mi sento di scoraggiare la visione, ma di certo tenere le aspettative basse.
In alternativa, c'è sempre la possiblità di recuperare Futurama.