Nuovo rapporto bimestrale, e stavolta abbiamo in canna un paio di letture fuori dai canoni tipici di Unknowo to Millions. Visto che quest'anno mi sono ripromesso di dedicare spazio a libri diversi dai generi a cui mi dedico di solito, qui è dove ci ho provato e ho trovato conferma che forse non facevo mica male.
L'arcobaleno della gravità ce l'avevo sullo scaffale da almeno dieci anni, forse di più. Sapevo che si trattava di una lettura impegnativa e quindi non avevo disturbato
Thomas Pynchon fino a che non mi sono sentito pronto. Finalmente ho deciso di provare e... non è andata bene. Ammetto di non aver finito il libro, ho provato difficoltà già nelle prime cento pagine ma mi sono imposto di andare almeno fino a metà per poter affermare con maggior criterio se era un libro per me o no. Dopo quattrocentocinquata pagine e rotte di sofferenza, posso dire che una cosa di questo tipo è totalmente estranea alla mia idea di narrativa (a meno che nelle ultime venti pagine non succeda qualcosa di così strabiliante da ribaltare tutta la concezione delle ottocentottanta pagine precedenti, ma dubito). Qui l'autore non racconta una storia, ma sbrodola pagine su pagine di wall of text (che già di per sé non facilitano la lettura, infatti l'ho usato come esempio per un
video proprio su questo) con personaggi vagamente collegati tra loro, ma continuando ad aggiungerne altri, e senza una vera progressione di alcun tipo ma solo elencando situazioni, che se possono essere anche gradevoli per alcune dinamiche grottesche e paradossali, per lo più lasciano disorientati perché non si capisce cosa sta succedendo e perché. Mi rendo perfettamente conto che questa era la precisa intenzione dell'autore e sono disposto ad ammettere che sia un limite tutto mio quello di non entrare in sintoia con questo libro, ma davvero faccio fatica a parlare di narrativa in casi come questo, e se questo è il Grande Romanzo Americano allora mi sa che mi tengo i piccoli romanzi provinciali. Forse in realtà non ero ancora pronto. Ma non credo che tra altri dieci-dodici anni penserò di riprenderlo in mano. Non ho finito il libro quindi non esprimo un giudizio complessivo, ma per me a posto così, grazie.
Siccome poi avevo per casa il Premio Strega del 2018 assegnato a
Helena Janeczek, ho pensato di leggere
La ragazza con la Leica, anche perché in quelle settimane stavo lavorando a un romanzo con ambientazione storica simile ho pensato che potesse contenere qualche spunto interessante da cogliere. Questo libro si dichiara come biografia romanzaga di Gerda Taro, fotografa di guerra morta negli anni 30 che è stata compagna e ispiratrice di Robert Capa e altri fotografi dell'epoca. Personalmente non ho un gran rapporto con la fotografia, ma il libro non è assolutamente tecnico in questo aspetto quindi non mi sono perso nulla. Il problema semmai è che se prima di leggerlo non avevo idea di chi fosse Gerda Taro, a lettura ultimata ancora non so chi sia Gerda Taro. La storia è raccontata a posteriori da tre personaggi storici che hanno conosciuto e accompagnato Taro nel corso della sua vita, che riferiscono le loro esperienze dopo la sua morte. Ma il punto è proprio che vediamo questa gente farsi le sue passeggiate per il centro di Buffalo, NY ed elucubrare su come e quando hanno visto/parlato/bevuto con la ragazza, ma lei non la vediamo mai. Di Gerda Taro sappiamo solo che era fenomenale in tutto: bella affascinante spiritosa coraggiosa sensuale intelligente incrollabile furba tosta. Tutti la ammiravano tutti la amavano segretamente o meno. Addirittura quando è finita in carcere pure lì non ha avuto un attimo di cedimento e anche le guardie quasi quasi erano dalla sua parte. O almeno così ci viene detto. Perché di cosa ha fatto Gerda, a parte ammaliare tutti quelli che ha incontrati nella sua vita, non sappiamo davvero nulla. Anzi viene quasi il dubbio che sia esistita davvero, tanto è vaga e idealizzata la sua rappresentazione in questo libro. Se doveva essere la biografia di un'eroina, non le rende affatto giustizia. Se non altro la scrittura è abbastanza semplice, senza quei virtuosismi artificiosi che ci si aspetta dai premistrega, ma appoggiata a una narrazione che non narra nulla intorno a un personggio che non esiste, risulta tutto piatto e vuoto. Ci sono inoltre problemi con la gestione delle molteplici lingue usate dai personaggi (e anche di questo
ho parlato in un video). Insomma se questo è il meglio della narrativa italiana del 2018 come vogliono farci credere, c'è davvero da stupirsi se la gente apre un libro e pensa che la lettura non faccia per loro?
Voto: 4/10Per disintossicarmi dalle pretese di artisticità mi sono orientato su un autore che, conoscendolo, ero quanto meno sicuro che mi avrebbe proposto una storia onesta.
Metallo danzante è il secondo romanzo del Ciclo dell'Uovo di
Leo Munzlinger, il primo letto qualche anno fa era
Il lavoro dei maiali, ma la numerazione si riferisce solo all'ordine di uscita, poiché non si tratta di episodi successivi ma soltanto di storie ambientate in un'ambientazione condivisa, ovvero l'Uovo, questo pianeta di tipo terrestre in una dimensione parallela alla nostra abitato da creature di ogni sorta e su cui gli umani possono manifestarsi durante lo stato di sogno (insieme a polpi e corvi). Se il libro precedente saltava dalla Terra all'Uovo,
Metallo danzante è interamente ambientato sull'Uovo e si addentra ancora di più nelle bizzarrie di questo mondo/universo. La storia è quella di Dragonetto, un uomo-rettile orfano che ha perso il suo padre adottivo e vuole vendicarsi della strega che lo ha maledetto causandone la morte. Per compiere la sua vendetta, Dragonetto vuole risvegliare il Montone, un'antica entità semidivina biomeccanica (io me lo sono immaginato un po' come il T1000 di
Terminator 2) che in epoche remote ha combattuto in una guerra planetaria. Ma Dragonetto ha anche altri problemi da gestire, tra la vigna che era di suo padre da mandare avanti e il rapporto con la sua ragazza che è una sorta di entessa. Dragonetto è un giovane di buon cuore, forse un po' ingenuo, che cerca di fare il suo meglio per non scontentare gli altri e forse proprio per questo si ritrova spesso in difficoltà quando gli altri si approfittano delle sue debolezze. Lui spera che sarà il Montone a risolvere i suoi problemi, ma quando riesce finamente a risvegliarlo. Se vuole davvero portare a compimento la sua vendetta contro la strega deve mettere pelo sullo stomaco, ed è proprio di questo suo percorso di crescita (caduta?) che parla questo romanzo. La storia di per sé è piuttosto semplice (come dicevo: onesta), ma uno degli aspetti più affascinanti dell'Uovo di Munzlinger è senza dubbio la vastità e assoluta follia di questo mondo, a ogni frase si percepisce l'esistenza di un universo vivo e attivo, che non si esaurisce solo nella dimensione di questo libro ma che esiste davvero, da qualche parte. Molti aspetti secondari spesso non sono chiariti, ma non si ha mai la sensazione che manchi qualcosa, si capisce che tutto ha una sua giustificazione, siamo solo noi a non conoscerla perché ci stiamo affacciando da un treno in corsa e non abbiamo fatto in tempo a contare quanti alberi c'erano dietro la curva. Una lettura scorrevole, con un paio di twist azzeccati (e uno particolarmente terribile), e un mondo immenso in cui perdersi.
Voto: 7.5/10Visto che avevo bisogno di una lettura inframezzabile tra vari altri progetti da seguire di editing e revisione, mi sono poi pescato un altro libro che tenevo sugli scaffali da tempo, una raccolta di racconti di
James G. Ballard. È stato molto confortante leggere delle buone storie di breve-media lunghezza, tutte fondate su un concept interessante sul quale veniva costruita una storia con personaggi che "fanno cose". I racconti di quest raccolta (come in generale la produzione di Ballard) oscillano tra
fantascienza, horror, realismo magico e quello che oggi chiameremmo
weird. È interessante che nonostate siano storie di 50-60 anni fa siano tutte ancora validissime, perché anche gli spunti scientifici inseriti non sono troppo tecnici e quindi non sono diventati obsoleti. Si nota anche una certa fascinazione di Ballard per l'acqua, molti racconti sono ambientati in prossimità di mari, laghi e fiumi, e si possono cogliere alcuni vaghi riferimenti incrociati tra alcune storie (oltre che la frequenza di donne chiamate Judith). Era da tempo che non leggevo qualcosa di suo ma devo dire che mi ha pienamente soddifatto e credo che potrei aumentare il suo rank nella mia classifica personale degli autori di riferimento.
Voto: 8/10