Il blog è in standby da più tempo del solito, ma queste ultime sono state settimane piuttosto movimentate che hanno tenuto impegnato il mio "tempo libero" lontano da questo spazio. Peraltro, anche le prime settimane di ottobre potrebbero essere simili, quindi nessuno si stupisca se salto fuori con un paio di post o poco più: non sto mollando, ho solo di meglio da fare.
Riprendiamo quindi con un film che negli anni trascorsi da quando è uscito si è guadagnao una certa fama. È risaputo che tra i due grandi studi di animazione digitale Pixar e Dreamworks, il secondo è nettamente inferiore e tende anzi a seguire le orme del primo (vedi Pets che è praticamente Toy Story con gli animali). Nel caso di Dragon Trainer devo ammettere però che c'è del merito, sempre proporzionando le aspettative al prodotto.
La storia del giovane allenatore di draghi ha dei bei momenti, e qualche scena di azione e di volo abbastanza intensa, tanto che ora mi pare che una recente puntata di Game of Thrones possa quasi essere vista come un omaggio a questo film (vedi immagine allegata). La parte più interessante è sicuramente quella in cui vediamo il protagonista iniziare a instaurare il rapporto con il drago, e riconoscere poco per volta che tutto quanto la sua gente aveva sempre pensato delle bestie era errato, viziato da una prospettiva parziale e distorta. Avevo quasi sperato che ci fosse una componente in più di integrazione biomeccanica tra il drago, il cavaliere e i macchinari, creando un insieme uomo-drago-macchina squisistamente steampunk. Il finale fa un passetto in più in questa direzione, ma non credo che sia questo il nucleo principale della vicenda. Certo un uomo-drago bio-meccanico sarebbe stato davvero fantastico.
Ci sono ovviamente anche dei difetti. La storia è in buona parte prevedibile, e diversi anacronismi punteggiano la storia. Certo non si guarda un film del genere pensandolo come un documentario, ma se mi parli di vichinghi e non di una popolazione di un regno inventato, allora mi aspetto che non abbiano i libri stampati. In realtà mi sembra anche che i draghi non siano creature della mitologia nordica, per cui mi suona un po' strano che abbiano scelto questa popolazione invece di un'altra, oppure che appunto non ne abbiano inventata una tipo, chessò, le Isole di Ferro. Forse l'aspetto più fastidioso però è il modo in cui gli altri ragazzetti nella parte finale montano sui draghi e riescono a dirigerli senza alcuno sforzo, cosa che invalida tutta la parte centrale del film in cui Hic costruisce con fatica un rapporto di fiducia con il suo drago. Bisogna anche che qualcuno vada ad Hollywood a spiegare agli autori come funziona il fuoco, e fargli presente che se ti trovi dietro una colonna di legno che sta brucando su tutti i lati, non sei salvo solo perché il fuoco non ti ha toccato. Sai, il calore, le ustioni, la pelle che si squama...? In definitiva, un po' di cura in più avrebbe reso tutto il film più solido e godibile, e quindi insomma, in effetti siamo ancora lontani da Wall-E o Zootopia, fatevene una ragione.
Per la rubrica dei titoli tradotti con fantasia, di cui abbiamo parlato anche in occasione dell'ultimo Coppi Club, qui c'è da notare quell'altra curiosa tendenza a prendere un titolo in inglese e tradurlo con un altro titolo in inglese, che di per sé non è tanto più accessibile dell'originale. Capita più spesso diquanto pensate.
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