Rapporto letture - Marzo 2013

Analizzando a posteriori le letture di marzo non noto nessuna tendenza particolare che posso individuare come filo conduttore, visto che ho variegato sia tra generi (horror, sf, e contaminazioni varie) che tra formati (romanzi, racconti), sia tra supporti (cartacei ed ebook) che nazionalità (italiani, anglici e pure russi). Quindi come introduzione non so cosa scrivere, e passo subito all'analisi.


Intanto mi sono portato in pari con Luigi Musolino, giovane e barbuto autore "emergente" horror dal quale ho anche avuto il piacere di scroccare una birra qualche mese fa. Dato che avevo a disposizione i suoi ebook (uno vinto tramite un concorso sul Blog di Gelo, l'altro perché liberamente scaricabile), mi sono letto sia Bialere, storie da Idrasca, sia Nei loro templi oscuri. Il primo è una raccolta di racconti tutti ambientai a Idrasca e dintorni, una cittadina fittizia in cui sembra essere presente una insolita concentrazione di creature e malvagità assortita. Il secondo è un racconto singolo, una rapida incursione in uno scenario apocalittico (e infatti mi pare sia  stato distribuito intorno al dicembre dell'anno scorso, un po' come le mie Quattro Apocalissi [spam!]). I racconti di Musolino si sviluppano in modo classico, riprendendo un tema "mitologico" e sviluppandolo nel contesto contemporeaneo, mettendo personaggi "qualunque" di fronte a situazioni estreme e terribili. In Bialere, la mitologia è quella del folklore italiano, popolato di streghe (le masche), sortilegi, animali demoniaci (pesci-gatto e cani) eccetera. In Nei loro templi oscuri invece sono le mummie egizie del museo di Torino a farsi risentire, come nel più classico degli horror. Le storie riescono a essere inquietanti, soprattutto per il modo in cui legano il contesto quotidiano a queste forze eccezionali ed occulte, riuscendo a portare il "male" nella vita di personaggi che potrebbero benissimo essere il lettore. C'è però un problema ricorrente: i racconti mi sono parsi tutti dei coiti interrotti: si ha un'introduzione, uno sviluppo dell'orrore che cresce, una rivelazione delle forze in gioco... e poi la fine. Spesso (ed è evidentissimo soprattutto nel racconto del museo egizio) si arriva appena a vedere il "mostro" di turno, che il racconto termina, solo con la promessa di quello che sta per scatenarsi. È un peccato perché il climax viene costruito molto bene, ma poi si rimane fregati proprio quando ci si aspetta di vedere esplodere l'azione. In ogni caso lettura notevole e autore da seguire. Assegno rispettivamente un voto 7/10 e voto 6/10.


Più riguardo a Paura degli stranieriPoi passiamo a Edwin Charles Tubb, autore inglese dell'età dell'oro della fantascienza scomparso nel 2010, anche qui con due romanzi brevi (il secondo forse è l'ultimo scritto prima della morte). Sia in Paura degli stranieri che in Sulle orme degli angeli si assiste a una sorta di "contaminazione" che si diffonde a partire da un paio di soggetti per ragioni sconosciute: nel primo si tratta di astronauti di ritorno da una missione, nel secondo soltanto uno stato di animazione sospesa che coglie all'improvviso persone a caso. Le storie procedono quindi a metà tra azione e investigazione, nel tentativo di risalire alle cause (e quindi a una cura) delle infezioni, prima che possano coinvolgere tutto il pianeta. Mentre nel primo si assiste però ai tentativi di fuga degli astronauti incriminati, nel secondo abbiamo invece il padre di una ragazza tra le prime vittime della "malattia" corre per tre quarti del romanzo alla ricerca di soluzioni che si rivelano poi infruttuose (e di fatto una volta archiviate non aggiungono molto alla trama). Questo è forse un po' il limite di entrambe le storie, che non sembrano costruirsi pezzo per pezzo, ma procedere un po' alla cieca prima di approdare al finale. A livello di scrittura poi, i personaggi risultano piuttosto piatti, e le loro emozioni preconfezionate, come dimostrato dai repentini e totalizzanti innamoramenti che sembrano coglierli manco l'amore fosse come un raffreddore. Quindi risulta difficile empatizzare, e pertanto lasciarsi coinvolgere a fondo dalla storia. Per questo assegno al libro complessivamente un voto 5/10.


Più riguardo a ZeroPoi ho letto Zero, di Anna Starobinec, autrice russa che con questo romanzo del 2011 ha vinto anche qualche premio del suo paese. Si tratta di una storia post-cyberpunk, ambientata in un sistema centralizzato sorto dopo una grande crisi mondiale che tiene sotto controllo l'intera popolazione terrestre (ora fissata nel numero di tre miliardi di individui) grazie all'integrazione tramite una sorta di realtà virtuale a più livelli. Zero è il nome di un elemento nuovo, una nascita imprevista del tremiliardeun-esimo individuo, che destabilizza il sistema. Si tratta chiaramente di una distopia, ma molto meno allegorica di quanto si legge solitamente, anzi, per alcuni versi piuttosto intrigante. E potrei aggiungere molto altro, ma evito perché qualche settimana fa ho dedicato un post apposito a questo libro e allora perché mi dovrei ripetere? Tornate a leggere quello e ne saprete di più. Qui dico solo che per me è un voto 9/10.


Più riguardo a Millemondi Estate 2011: Vennero dal FuturoE infine uno dei periodici Year's Best SF curati da Hartwell/Kramer e tradotti a distanza di qualche anno da Urania. Questo credo sia il numero 17 corrispondente all'anno 2007. Come sempre, trattandosi di un "best of" la qualità media è alta, ma in questa annata non ho riscontrato la presenza di grandi capolavori. Ci sono certamente lavori notevoli, come i due racconti di Tony Ballantyine, Nancy Kress, Greg Egan, Bruce Sterling e James Van Pelt (quest'ultimo forse il migliore e più suggestivo), ma anche lavori piuttosto mediocri come quelli di Kage Baker e John Kessel. Alcuni sono obiettivamente non di fantacienza, come Marc Laidlaw (una lunga narrazione di un rpg fantasy, wtf!?) e Terry Bisson (che comunque rimane gradevole), un paio invece sono dei meta-racconti sulla scrittura (scientifica o narrativa), ovvero Ragioni per non pubblicare e Come sai, Bob, entrambi gustosi. Nel complesso quindi il voto è sufficiente ma ci sono alti e bassi, solitamente dallo Year's Best ci si aspetta qualcosa di più ma può andare. Voto: 7/10.

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