Mr. Robot, avatar dei Millennials

Si è da poco conclusa la terza stagione di Mr. Robot, la serie ideata da Sam Esmail che a partire dal 2015 segue le vicende di Elliot Alderson (Rami Malek), un giovane hacker coinvolto in un piano per sovvertire in pratica il Nuovo Ordine Mondiale. Le cose sono abbastanza più articolate e complesse di così, anche per la molteplicità di personaggi collaterali a cui la storia si allarga, ma posso proseguire solo dopo un'allerta spoiler, che in realtà riguardano solo l'idea generale della serie e non eventi specifici. Meglio comunque aver visto almeno la prima stagione prima di continuare a leggere questo post, che comunque non è una recensione alla serie in sé.

Questa terza stagione è stata a mio avviso la migliore vista finora, perché la serie è davvero esplosa (no pun intended) in tutto il suo potenziale, mostrando quanto profondo e vasto sia il bacino di tematiche a cui attinge. Ed è forse solo dopo aver visto questa stagione (in particolare un paio di episodi: Runtime Error e Don't Delete Me) che sono riuscito ad afferrare cosa mi affascina davvero della serie, e forse anche cosa Mr. Robot tratta davvero. Per quanto la premessa, il protagonista e i comprimari appartengano tutti al mondo dell'informatica e dell'hacking, l'argomento centrale della serie non è questo. D'altra parte sarebbe piuttosto noioso e inaccessibile per chi non è familiare con tecnologia e lessico specifico. Certo, diversi snodi della vicenda hanno a che fare con operazioni di questo tipo, ma vengono in genere illustrate velocemente e in termini generici e comprensibili anche a chi non capisce nulla di programmazione (come me). Quindi non è di questo che parla Mr. Robot.

Mr. Robot parla di una generazione. Parla dei Millennials, con i quali si intende grosso modo i nati tra la metà degli anni 80 e i primi 2000 (non, come spesso viene dato da intendere, i nati dopo il 2000): la generazione successiva ai Baby Boomers e alla Generazione X, quelli che si sono trovati adulti negli anni in cui il mondo occidentale è più o meno andato a puttane. I Millennials, come concordano pressoché tutte le fonti, sono la prima generazione dall'inizio del Novecento che si troverà più povera di quella che l'ha preceduta. Non è intenzione di questo post analizzare il fenomeno, ma un resoconto abbastanza esaustivo della situazione si può trovare in questo articolo di Michael Hobbes (focalizzato sugli USA, ma di base applicabile anche nel resto del mondo civilizzato).

Tutti i protagonisti di Mr. Robot sono millennials: Elliot e sua sorella Darlene (così come soci e sostenitori della FSociety), Angela e Tyrell Wellick, l'agente FBI Dominique DiPierro. Anche lo stesso Mr. Robot, essendo una parte dissociata della personalità di Elliot, è in un certo senso suo coetaneo, nonostante appaia con le sembianze del padre. Tutti questi personaggi, anche se moralmente ambigui, sono di fatto gli eroi della storia, mentre gli antagonisti sono tutti delle generazioni precedenti: Colby, Price, Whiterose/Zhang, Irving, Santiago.

Ed ecco che lo scontro tra le generazioni diventa una guerra. Da una parte quelli che hanno il potere, l'un per cento dell'un per cento capaci di decidere il futuro del mondo, che giocano senza rimorsi con le vite e il Sistema stesso (nazioni, economia, media) per piegarle ai loro scopi relativamente futili: troppo grandi per fallire, troppo forti per cedere; dall'altra, elementi isolati di una Generazione Y che si è vista sbriciolare sotto i piedi il terreno su cui stava cercando di costruire quello stesso futuro, e che quindi cerca senso e compimento in obiettivi e direzioni diverse da quelle che gli sono state insegnate: quando ogni meccanismo del sistema sembra studiato per impedirti di ottenere una qualunque forma di stabilità, l'unica soluzione è distruggere il meccanismo.

Esmail non fa mistero delle sue ideologie anti-sistema e anti-capitalismo, e attinge da un ampio bacino di opere precedenti per mettere in scena il suo dramma contemporaneo. Una delle influenze più evidenti è Fight Club (più il film che il libro, in effetti), con cui si possono trovare diversi tratti in comune. Dal piano per abbattare la EvilCorp molto affine al Progetto Mayhem, alla stessa patologia dissociativa di cui soffre il protagonista, con un alter ego spietato e determinato che non è in grado di controllare. I dialoghi (o forse è più appropriato parlare di soliloqui) tra Elliot e Mr. Robot contengono spesso echi molto familiari rispetto al discorso motivazionale di Tyler Durden, il famoso "siamo i figli di mezzo della storia". Il tutto aggiornato di una ventina d'anni, con l'inasprirsi di quelle stesse condizioni sottolineate da Palahniuk e Fincher alla fin degli anni 90. Per esempio:


Quello che parla, pur avendo l'aspetto di un uomo di mezza età, è in realtà una parte di Elliot stesso, quella che gli continua a ripetere che tutto questo non è accettabile, non è giusto, e va combattuto. Quella parte che sentiamo, ogni tanto, tutti quanti, nel profondo delle nostre coscienze, ma che cerchiamo di sopire perché, tutto sommato, non ci va così male, e comunque potrebbe solo andare peggio se decidessimo di fare qualcosa... come puntualmente accade proprio in Mr. Robot.

Mr. Robot (il personaggio) rappresenta questo: l'avatar di una generazione costretta a confrontarsi con un mondo che non gli concede spazio. È il nostro grillo parlante, che ci mette in guardia di fronte a quello che ci aspetta, il futuro che è già presente per cui non disponiamo di strumenti adatti ad affrontarlo. Non a caso qualche settimana fa quando parlavo dei temi della fantascienza italiana di oggi citavo questa serie. Mr. Robot non è una serie di fantascienza, non in senso stretto, ma è sicuramente un'estrapolazione sociale che mostra un presente alternativo ma credibilissimo e anzi, per quanto ne sappiamo, molto vicino a ciò che sta accadendo davvero nel mondo.

Tutto questo, unito a una realizzazione eccellente (dalla regia alla colonna sonora, dal linguaggio alle interpretazioni magistrali soprattutti di Rami Malek, Christian Slater e Martin Wallstrom), fa di Mr. Robot una serie fondamentale per comprendere il mondo di oggi. Non è una visione sempre facile, ed è tutt'altro che leggera, ma riesce a raggiungere apici di profondità grazie al coinvolgimento emotivo per personaggi ben costruiti e coerenti. Sappiamo già che ci sarà una quarta stagione, e per come le cose si concludono nella terza, sarà interessante vedere in quale direzione si svilupperà. Avete tutto il tempo per recuperare le stagioni precedenti se ancora vi mancano.



...e se invece siete già in pari, parte di queste tematiche si ritrovano in qualche modo anche nel mio racconto Memehunter, come la copertina già suggerisce, ma con un approccio meno apologetico e qualche elemento di evoluzionismo dell'informazione in più.

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