Son tutti lettori col culo degli altri

Lo scorso weekend si è tenuta a Milano la seconda edizione di Stranimondi, evento dedicato alla narrativa di genere (principalmente fantascienza, ma anche horror, weird e fantasy) che ha visto raddoppiare rispetto all'anno scorso le presenze, già buone nel 2015 per un evento appena nato. Anch'io ho partecipato e posso confermare le buone impressioni di chi c'era, se pur rimangono alcuni aspetti da migliorare, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione degli spazi e degli eventi.

Ma questo post non vuole essere una cronaca della convention, mi interessa concentrarmi su un appunto mosso da più di un visitatore, qualcosa del tipo:
Quasi tutti i partecipanti erano addetti ai lavori (autori, editori, curatori, traduttori, illustratori, ecc). Mancavano i lettori "puri", il vero pubblico a cui si rivolge la narrativa.
Si tratta di una cosa che anch'io ho notato. Non sono in grado di quantificare, ma io stesso nel corso dei due giorni ho fatto la battuta a quei 4-5 lettori puri che ho incontrato: "Ah, allora dobbiamo tenerti buono, sei una specie in estinzione!" Per il resto, pur con tutta la piacevolezza delle conversazioni, ho rilevato che appunto avevo sempre a che fare con altri autori, o editori, o traduttori, o "addetti ai lavori" in senso ampio. L'impressione quindi è quella di un settore che si nutre di se stesso, e uno allora si può porre il classico problema: ma se mangi te stesso, diventi grosso il doppio o sparisci completamente?

È una cosa di cui si parla spesso nell'ambiente, e occasionalmente il dibattito viene calamitato da questo o quell'evento particolare. Stavolta è toccato a Stranimondi, e visto che mi ci sono trovato nel mezzo, anch'io ci ho riflettuto. Perché a movimentare la narrativa di genere sono solo (o almeno in gran parte) gli addetti ai lavori?

Partiamo dalla definizione: chi può identificarsi come "addetto ai lavori"? Un lettore semplice non lo è, un autore sì. Ma si può dibattere anche su chi possa definirsi "autore": uno che ha pubblicato un racconto occasionale in una raccolta? Uno che ha più titoli col suo nome in copertina? Uno che partecipa regolarmente ai concorsi ma non ha pubblicato niente? E ancora, un blogger specializzato, è un addetto ai lavori o si considera parte del pubblico? Un editor o un traduttore di professione, che lavorano su testi dei più vari generi ed editori? Insomma, non è facile, e il discorso è complicato anche dal fatto che una stessa persona può ricoprire più ruoli contemporaneamente.

Facciamo un esempio con un cazzone a caso: io. L'anno scorso a Stranimondi presentavo DTS, ed ero quindi considerabile un "ospite", o comunque uno dall'altra parte del banchino. Quest'anno invece ero presente soprattutto in veste di lettore e appassionato. È vero che qualcuno mi ha cercato per un autografo (e quindi mi ha fatto rientrare nel ruolo di autore) e che ero presente a un panel (ma chi c'era si sarà accorto che in effetti ho fatto il mio intervento iniziale di 86 secondi e poi sono stato ad ascoltare), ma la mia idea di partecipazione era quella di girare, chiacchierare, scoprire, acquistare. Tant'è che in due-tre occasioni, quando magari ho chiesto una dedica, l'autore ha visto il mio nome sul cartellino ed esclamato "Ah, ma sei quel Andrea Viscusi?" (perché lo stagno è piccolo e i nomi li conosciamo tutti), proprio perché non mi sono proprio curato di presentarmi in quanto collega.

Quindi, io parto dalla mia esperienza, ma mi viene da pensare che un discorso analogo possa valere per molti altri. E allora ho iniziato a pensare che forse c'è un collegamento forte tra queta sproporzione di addetti ai lavori e i ben noti problemi di lettura in Italia.

Mi spiego. Conosciamo tutti le desolanti statistiche: gli italiani che leggono meno di un libro l'anno sono la maggioranza, una parte consistente non legge del tutto, i "lettori forti" (che in queste indagini significa una decina di libri l'anno) sono una percentuale esigua, gli uberlettori da 30-40 libri l'anno non fanno nemmeno statistica. In tutto questo, sappiamo che la narrativa di genere ha una posizione ancor più svantaggiata, perché non è promossa, non vende, la gente vuole il realismo e lo Strega lo danno ai soliti tre Grandi Editori. Quindi quel lettore occasionale probabilmente sceglie il suo libro all'anno prelevandolo dalle pile accanto alla cassa: gli può capitare per le mani un Lagioia, un Camilleri o una Ferrante quando va bene, sennò anche una Chiperi o un FaviJ. Fantascienza, fantasy, horror non esistono proprio in questo ambito.

Ne consegue che chi, imperterrito, vuole proprio proprio proprio leggersi una space opera, deve essere molto motivato. Tanto motivato da andarsi a cercare una libreria specializzata, da segnarsi un paio di editori di fiducia, da imparare a leggere in inglese per sopperire alle carenze del mercato nazionale. Tanto motivato da pensare di poter fare qualcosa per questo settore.

Ed ecco che avviene il salto. Da lettore puro, questo scellerato diventa anche un addetto ai lavori. Perché, diamine, se va così male di certo non può peggiorare se mi ci metto anch'io, anzi magari il mio piccolo contributo riesco a darlo e poi chissà. Faccio due esempi concreti con nome e cognome, mi scusreanno gli interessati se li cito ma non credo che per loro sia un problema (se fosse, ditemelo!).
  • Giorgio Raffaelli è attualmente noto nel panorama sf italiano per essere uno dei fondatori di Zona 42. Da prima che io nascessi, Giorgio era un appassionato di fantascienza e un vorace lettore, abituale frequentatore delle allora fiorenti mailing list. Ha continuato a fare l'appassionato "passivo" per anni e anni, poi nel 2014 qualcosa è scattato e ha deciso di iniziare lui a pubblicare libri. Lo ha fatto per convinzione, per passione e per cercare di migliorare l'ambiente attuale proponendo sul mercato italiano titoli nuovi e originali. Quindi, Giorgio è oggi un addetto ai lavori, e ovviamente ha interessi diretti in una manifestazione come Stranimondi (di cui peraltro è uno degli organizzatori); ma al tempo stesso, continua a essere prima di tutto un fan della fantascienza.
  • Luigi Musolino è un giovane autore che ha mosso i primi passi nei forum di scrittura come Tela Nera e Edizioni XII, più o meno nello stesso periodo in cui ci bazzicavo anch'io (il tuo nick era Idrascanian: i know what you did last summer). È noto nel nostro piccolo stagno soprattutto per i suo racconti horror, che attingolo al folklore riportando in vita antichi miti locali quasi dimenticati. Musolino scrive da diversi anni con buoni risultati, ma nel suo curriculum ha anche la traduzione de I vermi conquistatori di Brian Keene, pubblicato appunto da XII (non mi ricordo l'anno). Si presume quindi che Gigi, già appassionato lettore e autore di horror, a un certo punto abbia pensato di poter fare qualcosa di più e spingersi a diventare ancora di più un addetto ai lavori. Anche lui è passato a Stranimondi per qualche ora, e anche per lui non è facile definire in che veste abbia paretcipato.

Questi due esempi (scelti solo per familiarità, non per merito o rappresentatività) servono a illustrare il fenomeno di cui parlo. Quella "motivazione" che i lettori di genere in Italia devono avere come caratteristica innata per poter resistere (altrimenti si stancherebbero molto presto), e che può facilmente portare a un mescolamento e sovrapposizione di ruoli. Nel caso di Stranimondi, c'erano tante persone che conoscevo, molte delle quali in qualche modo addette ai lavori, ma non mi sento di mettere in dubbio la loro presenza in quanto appassionati e lettori prima di tutto. Certo, molti avevano interessi diretti, come Giorgio e Gigi qui sopra, ma penso che se non fossero stati un editore e un autore avrebbero partecipato lo stesso.

Mi viene da pensare che là fuori dallo stagno, dove il pubblico è più ampio e non deve sforzarsi più di tanto per trovare qualcosa che coincida con le sue passioni, siano molto più isolati i casi in cui un lettore è tanto motivato da volersi impegnare in prima persona. Nell'ambito del fantastico invece, viene operata una sorta di selezione naturale che porta solo i più determinati ad andar avanti, e la stessa determinazione è quella che poi li spinge a fare qualcosa. Vanity press a parte, ma quello è un fenomeno tanto trasversale e riconoscibile che lo escludo da questo discorso.

Tutta quest'analisi non serve a concludere "meno siamo meglio stiamo". È evidente a tutti questi famigerati addetti ai lavori quanto il settore della narrativa di genere fatichi a sopravvivere, ed è importante cercare di superare le barriere culturali ed economiche per raggiungere un pubblico più vasto. Sarebbe anche ideale smettere di sgomitare in questa patetica guerra tra poveri che combattiamo da decenni e cercare una strategia condivisa piuttosto che il mors tua vita mea. A mio avviso segnali incoraggianti ci sono, ma si può fare di meglio. E occasioni come Stranimondi, abbastanza giovane da poter ancora decidere di prendere una direzione diversa, più user friendly per i profani, non sono da sottovalutare.


Concludo con una nota personale, che lego a questo discorso ma in realtà si può applicare in molti altri contesti simili. Quasi sempre, quando sento fare discorsi simili a quello da cui parte questo post ("Tutti scrivono, nessuno legge" e variazioni sul tema), il discorso parte da qualcuno che scrive, ed è rivolto in tono polemico non tanto a quelli che non leggono, quanto agli altri che scrivono, con l'implicita accusa di dilettantismo nei loro confronti. Il sottinteso di solito è "Smettetela di scrivere, voi che non sapete farlo, e lasciate lavorare quelli bravi." Lo trovo un atteggiamento molto fastidioso, e credo sia la base di questa estenuante guerra tra poveri di cui parlavo sopra. Io non considero il mio "diritto" di scrivere e pubblicare insidiato dallo stesso diritto espresso dagli altri. Il che non vuol dire mettere tutto sullo stesso piano: le porcate si riconoscono e alla lunga si perdono nel mare di palta di cui è costituito il 90% di tutto. Ma non è affermando la propria zona di controllo sul territorio che ci si realizza come autori, o addetti ai lavori in senso più ampio. Quindi ognuno si preoccupi di fare bene il proprio lavoro prima di additare le mancanze degli altri, già questo potrebbe bastare a creare un clima più sereno e collaborativo.

25 commenti:

  1. Ciao Andrea.

    Più che da commentare mi viene da applaudire il tuo discorso.
    Che dire: sono pienamente d'accordo con te.

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  2. Visto, confermato e sottoscritto. Ed vero io quello che ti aveva riconosciuto dopo :D

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    1. esatto, tu sei uno di quelli. ma anche in altri casi dopo magari 10 minuti di chiacchiere qualcuno ha notato il nome e ha chiesto "ah ma sei quello di...?"

      a quel punto ho tirato su il colletta e scrollato la chioma.


      (ho rimosso un tuo commento che era uscito doppio)

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  3. "Smettetela di scrivere, voi che non sapete farlo, e lasciate lavorare quelli bravi." Io ho seguito questo consiglio e, secondo me, la narrativa italiana ha fatto un salto di qualità, ahah!

    Comunque, io, che sono tutt'altro che un lettore puro di fantascienza ma non sono nemmeno editore, scrittore o chissà cosa, posso dire a te e agli altri che c'è sempre un barlume di speranza, perché nella mia coda di lettura ora è finito un libro di fantascienza e non ci sarebbe mai finito senza "Strani Mondi", probabilmente. Quindi la morale è che tutti gli addetti ai lavori devono portare minimo una persona che non ama la fantascienza e farla immergere in quel contesto... qualche lettore puro un domani verrà fuori. Da ex "studiosa di pedagogia"(?) posso dire che l'immersione in un ambiente stimolante genera apprendimento e curiosità. Non è una condizione necessaria e tanto meno sufficiente, ma è una possibile via. E va percorsa.

    Firmato: una che ha letto pochissima fantascienza e si è fatta due giorni pieni a "Strani mondi". Ed è contenta di esserci stata.

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    1. può darsi che sia una strategia giusta, infatti anch'io spesso in queste occasioni sono accompagnato dalla mia ragazza, che è portatrice sana della passione per la lettura (oltre che il mio software esterno di riconoscimento facciale). e anche lei, pur non essendo così "invischiata" nella narrativa di genere, è rimasta abbastanza incuriosita da portarsi via 3-4 libri.

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  4. Sono perfettamente d'accordo. Ti riporto la domanda che ho posto su un altro blog: chi è la “gente del settore” in un ambiente in cui anche i piccoli editori o gli scrittori sono prima di tutto lettori, che fanno altri lavori per campare e si vivono l’evento da appassionati?

    Tornando al tuo post, io mi considero decisamente parte del pubblico, perché tutto quello che ha a che fare con la SF lo faccio per passione e senza ambizione di trasformarlo in un lavoro. Altri blogger invece sono da considerarsi addetti del settore.

    Se da un lato il rischio è che ci si legga a vicenda e basta, dall'altro vedo una grande ricchezza in un "settore" di cui ognuno si sente parte integrante, come dimostra l'esempio di Giorgio Raffaelli.
    E poi, avendo conosciuto indirettamente l'ambiente dell'editoria "mainstream", non crediate che lì dentro le cose siano tanto diverse, cambiano solo le proporzioni.

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  5. Farei due considerazioni.
    Innanzitutto, sull'evento in sé: Stranimondi è un connubio tra una fiera di editori e una convention; è quindi un tipo di evento che interessa molto gli "addetti ai lavori", perché trovano i loro interlocutori, ed è quindi normale che siano anche motivati a venire da altre città. Poi interessa i lettori di un settore in sé abbastanza ristretto, quello dei lettori del genere fantastico; il fatto che sia a Milano potrebbe in linea teorica attrarre più persone. Il problema è farglielo sapere.
    Allora si potrebbero investire soldi (che non si hanno…) in pubblicità sugli autobus e sul metro, per esempio. Da valutare. Non lo abbiamo fatto e non solo, ammetto, per mancanza di budget, o di tempo (non facciamo solo questo lavoro e siamo in pochi), ma anche perché la struttura è piccola ed era prevedibile che già così saremmo stati in difficoltà. Diciamo che qui "c'è spazio" per lavorare per il futuro.

    Secondo punto. Mi verrebbe da dire che oggi, con blog, self publishing, microeditoria, editoria digitale, il confine tra "lettore" e "addetto ai lavori" è sfumato quanto non lo è mai stato; per questo, come dicevi, chi è appassionato di lettura spesso finisce per fare qualcosa e in un modo o nell'altro attraversare il confine.
    Qui però mi devo controbattere da solo, perché sono nel mondo della sf da trentacinque anni e questo "problema" – se è tale, e non sono convinto – è sempre esistito. Negli anni Settanta c'era questa persona del giro di Borgomanero che veniva scherzosamente considerato "l'unico solo-lettore" del mondo della sf; gli altri erano tutti scrittori, editori, critici, fanzinari, illustratori, eccetera. Lo stesso titolo ancora una decina di anni fa veniva assegnato a un noto appassionato di Monza.
    Mi pare quindi che sia proprio una caratteristica endemica nel genere fantastico e forse in particolare della fantascienza di trasformare i propri lettori in appassionati attivi. Lo scotto alla fine è di essere accusati di autoreferenzialità, ma la verità è che si tratta di un patrimonio inestimabile di persone che fanno e alimentano il genere.



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  6. Sottoscrivo. Soprattutto il passaggio riguardo la "guerra tra poveri", sempre molto triste. Faccio poi notare una cosa. Se uno scrittore fosse anche considerabile "addetto ai lavori", è pur vero che molto spesso si tratta di un lettore forte, che a fronte di un libro pubblicato ne avrà letti un buon numero. Decine? Centinaia? Dipende dalla prolificità dell'autore e da quanto facilmente riesce a farsi pubblicare, ma se dovessi guardare il rapporto percentuale fra libri letti e pubblicati penso proprio che lo considererei un "lettore" e solo in minor parte un "addetto ai lavori". Credo alla duplice veste solo fino a un certo punto, insomma. Non penso che l'ecosistema sia asfittico perché tutti scrivono e si leggono vicendevolmente, ma perché c'è poca gente che legge, punto. E per di più, poca che legge i libri "strani".

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    1. vero, si potrebbe inserire una sorta di "indice di purezza del lettore" come rapporto tra libri consumati e libri immessi sul mercato! per quanto mi riguarda, se continuo a produrre coi ritmi attuali, molto presto tornerò a pieno diritto tra i lettori puri.

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  7. Completamente d'accordo. Credo che la SF italiana (ma anche il weird, l'horror...) dovrebbe fare quadrato per promuovere se stessa, anziché sfibrarsi di polemiche. Inutili, anzi, sbagliate, perché il genere è bello proprio perché ammette di essere declinato in infiniti modi, e non esiste un modo "giusto".

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  8. Sottoscrivo in pieno.
    Vero è che i confini oggi come oggi sono molto più sfumati rispetto al passato, faccio un esempio semplice: io sono un lettore semplice, non certo uno scrittore ed in questa veste ho partecipato a Stranimondi. Però oltre che lettore ed appassionato sono anche blogger, intervisto, recensisco, segnalo etc, etc, non mi ritengo certo un "addetto ai lavori" lo faccio per pura e semplice passione eppure proprio a Stranimondi parlando con alcune persone ho scoperto che ritenevano tale anche il sottoscritto nonostante la mia "non professionalità".
    Insomma, la mia domanda è: dove sono i confini?E con quali criteri li tracciamo?

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    1. appunto, è il problema che ponevo all'inzio del post: già definire i confini tra appassionato e addetto ai lavori è difficile, e il tuo è in effetti un caso molto ambiguo.

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  9. Sai una cosa che ho notato, però? Il "movimento" verso la lettura che crea un "addetto ai lavori", quindi qualcuno con testa e piedi dentro la tinozza, è piuttosto limitato. Mi spiego meglio: mi capita spesso di consigliare letture e di trascinare verso il fantastico la gente che conosco; se fossi un "addetto ai lavori (AAL)" il mio operato puzzerebbe di conflitto di interessi e questo le persone lo annusano.
    Voglio dire che l'impegno maggiore ce l'ha il lettore a portare nuove leve. Gli AAL devono puntare sui lettori "puri", altrimenti è il cane che si mangia la coda e torniamo al punto di partenza.

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    1. sì questo è vero, il lettore che arriva da fuori e si sente trascinato da chi ha le mani in pasta può dubitare della sua buona fede. infatti non dico che questa quasi-corrispondenza tra lettori e AAL sia sana e auspicabile, soltanto che forse è una conseguenza quasi fisiologica di come il settore è strutturato.

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  10. Si potrebbe applicare questa dicotomia addetti ai lavori-scrittore/semplice lettore-acquirente anche ad altri contesti. Ad esempio, dalle mie parti c'è l'Expo del caffè, il TriestEspresso. La fiera è teoricamente aperta a tutti, ma da quanto si legge, nelle scorse edizioni vi andavano solo gli investitori, i degustatori e gli stretti specializzati. Se fosse stata una fiera del libro, ci sarebbe stato il pianto a dirotto di chi si lamentava che non c'erano i "normali" lettori/acquirenti di caffè. Eppure la fiera è un successo e nessuno si lamenta che mancano i semplici "bevitori". O nel caso di Stranimondi i "semplici lettori". Ecco, è ovviamente un altro settore, ma credo dimostri che la dicotomia che molti hanno lamentato è parecchio artificiale.

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  11. Sottoscrivo e confermo. Non è un caso che io girassi con due cartellini al collo, uno da espositore e uno da visitatore, preso col crowfunding. Sono più lettore che scrittore, più appassionato che operatore e non capisco cosa ci sia di male in questo. Vado nelle scuole a spiegare ai ragazzi quanto è bello leggere, scrivo perché mi diverte, leggo perché non potrei farne a meno. Siamo in tanti così, e forse è un bene.

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  12. /1 Andrea, credo che la tua sia un'analisi puntuale e abbastanza esaustiva del fenomeno. Mi permetto di aggiungere che ci sono persino studi che identificano la fantascienza come quel genere letterario che muta più di tutti gli altri perché vive anche del contributo dei fan che si fanno editori, scrittori, studiosi e critici. Si chiamano "Fan studies" e a questi è dedicato qualche paragrafo del volume "Science Fiction. A Guide for the Perplexed" di Sherryl Vint. Ti riporto tre citazioni:

    "“This chapter focuses on the role of sf consumers, parcticularly but not exclusively formal organizations of fandom, in making this genre distinct from other popular culture. Although other genres have fandoms, the history of sf is distinct in the prominent role played by fans and the ease of movement between fan and other roles”.

    "Early academic discussion of sf, as I have noted, have their roots in fan communities, with many founding scholars of the field coming out of fan writing and organization".

    "By labeling certain texts sf, Rieder explains, authors, critics, advertisers, or editors rhetorically intervene in the genre's distribution and reception. They advocate its use by a particular community of readers, trained to read in a particular way. The result is that the act of labeling certain texts “science fiction,” and hence shaping the genre to particular forms and ends, is also an act that produces the genre's communities of practice. Unique among popular genres, sf is characterized by a highly interactive relationship among its authors, readers, and fans, particularly in the early days of the pulp magazines when fiction labeled sf was largely read by only a small group of enthusiasts".

    Come vedi, il passaggio da "lettore" a "addetto ai lavori" sarebbe proprio una caratteristica della fantascienza. Mi permetto di aggiungere alle osservazioni di Vint una mia interpretazione: la fantascienza ha tra il suo pubblico molte persone con una cultura scientifica, o appunto, perlomeno fantascientifica. Più che in ogni altra comunità di lettori potrebbe esserci una "mentalità laboratoriale" (una sorta di percezione della necessità di un lavoro di squadra) anziché una forte "mentalità autoriale". Non dimentichiamo che siamo gente che legge dei bug-eyed-monsters, e che qualcosa dalla coscienza collettiva deve pur essere passato. Poi, ovviamente, ci sono reucci e reginette ma questo non cambia il trend complessivo.

    So che una di quelle che è un po' la nostra studiosa nazionale, Giulia Iannuzzi, ha dedicato qualche articolo ai fan studies. Stava facendo una ricerca qualche mese fa e ne ha accennato alla conferenza sulla fantascienza al femminile.

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    1. /2 Quanto a Stranimondi. Io sono molto soddisfatto dell'edizione di quest'anno. Tento di essere un "addetto ai lavori", non so se mi riesce. Ma rimango certo anche un lettore. Perché fare questa separazione netta? Io, ad esempio ti ho chiesto l'autografo sul libro dei dinosauri e dieci minuti dopo ero al microfono a presentare il romanzo di cui sto facendo la curatela.

      Che mancano lettori è vero. Le fiere dell'editoria sono così. Voglio però lanciare una provocazione.
      Ad esempio, il S+F di Trieste - invito tutti a venire, è dall'1 al 6 novembre - è un festival cinematografico che potrei definire il corrispettivo filmico di Stranimondi: incentrato sulla fantascienza, aperto a tutti i generi del fantastico, con un'attenzione alla scienza empirica. Il pubblico cinematografico è certamente diverso da quello delle opere narrative, ma lì se gli addetti ai lavori sono un 10% è già tanto. Perché? Anche perché è un festival del cinema e si proiettano film.
      Immagino che ad un festival delle arti figurative si mostrino dipinti, sculture, installazioni eccetera. E c'è un pubblico che viene a vedere queste cose.
      Nell'ambito della narrativa questo non è possibile: uno che guarda film va a un festival e anche lì guarda film; uno che apprezza l'arte va a un festival/mostra e può vedere opere d'arte. Un lettore che va a un festival letterario non ci va a leggere libri. E non gli vengono neanche letti, ma presentati da una prospettiva che non corrisponde a quella che è la sua passione: leggere. Credo che questa riflessione molto banale possa servire a spiegare perché i festival della letteratura non esistano, in fondo, ma esistano solo i festival dell'editoria. E' come se un festival del cinema mostrasse solo locandine, televisori, cofanetti e bobine, ma non si vedesse mai uno spezzone di un film. Come se a una mostra d'arte ci fossero cornici, protezioni in plexiglass, quadri incartati di cui qualcuno ti racconta.
      Dobbiamo renderci conto che il libro è il supporto materiale della narrativa, non l'opera in sé, per quanto il lavoro degli editori, dei grafici e degli illustratori sia preziosissimo e giustamente valorizzato a Stranimondi.

      Si può fare qualcosa in proposito? Forse. Mettere a disposizione una sala dove vengano letti ad alta voce o distribuiti gratuitamente dei racconti dai 1000 ai 5000 caratteri o magari dei "veri booktrailer", che siano appunto un montaggio narrativo e non un scimmiottante spot cinematografico.
      Si potrebbe organizzare qualche rappresentazione pseudo-teatrale, cercando o adattando testi atti allo scopo. Magari col MUFANT che ha già fatto a Torino delle rappresentazioni dei testi teatrali fantascientifici di Primo Levi.

      Come sempre volevo scrivere due righe e ho scritto un temino. Scusa. Spero almeno di non aver detto troppe sciocchezze...

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    2. ignoravo totalmente l'esistenza di questo tipo di studi, e il fatto che forse in una certa misura confermano quella che è l'impressione generale. io conosco l'ambiente italiano e parlo di quello, ma se una cosa simile succede anche in altri paesi, allora forse tra essere un appassionato di sf e un AAL c'è proprio una correlazione, non tanto causale ma piuttosto con una causa comune: una particolare predisposizione porta tanto a seguire la fantascienza che a costituirsi parte attiva. non ho abbastana competenze sociologiche per poter argomentare meglio, ma certo è uno spunto interessante.

      alla differenza tra un "festival dei libri" e quelli di arti diverse effettivamente non avevo pensato. in effetti è molto probabile che a qualcuno piaccia leggere, ma non parlare di libri. d'altra parte la lettura è forse l'unica attività artistico-ricreativa che si può svolgere unicamente da soli: un film o una fotografia o un concerto si possono fruire insieme ad altri, un libro lo si legge necessariamente da soli.

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    3. @Timetrapoler: Non so chi tu sia, ma ti voglio costruire una statua! Io faccio letture dal vivo e realizzo booktrailer con audio letture e non sopporto quelli che non fanno altro che dire "libro sensazione", "un successo editoriale", "una storia inaspettata" e banalità del genere, con un po' di musica e i titoli in stile cinema. Mi sentivo l'unica a pensarlo, quindi grazie!

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  13. Ciao Andrea.
    Sono Luca Cresta e sottoscrivo qui il tuo intervento al 1000%. Da vero ed esclusivo LETTORE, voglio confermare l'ottima riuscita di Stranimondi, almeno per me. Tutte le presentazioni a cui ho partecipato (sopra il 50%) sono state interessanti, presentando opere che quasi certamente acquisterò. Da "NON-ADDETTO AI LAVORI" poco mi interessano le relazioni tra gli addetti ai lavori: l'unica cosa che cerco sono buoni testi, ed a Stranimondi li ho trovati e quindi il bilancio è senza dubbio positivo. Passando alla questione-madre di tutte le discussioni, cioè il progressivo ridursi di lettori di SF, ho delle convinzioni ben precise circa le cause ma assolutamente nessuna soluzione "pratica". I lettori preadolescenti ci sono (diciamo fino ai 12÷13 anni) mentre sparicsocno rapidissimamente entro i 15÷16. [Inciso: fantastica la presenza alla manifestazione di www.watsonedizioni.it: alla domanda "cosa proponete?" la risposta convinta e ben sipportata è stata "Fantascienza e Fantasy per ragazzi e ragazze"! Fine inciso] Mancano oggi quei testi che fanno sognare con la mente gli adolescenti. Mancano le letture di Salgari e Verne e simili, che una volta costituivano l'ossatura su cui poi il lettore andava ad innestare le letture più adulte. Se poi prendiamo in esame la generazione di lettori SF nati tra il '60 ed il '70, che probabilmente costituisce oggi la maggioranza dello "zoccolo"duro, quando si sono affacciati alla SF si sono trovati nel periodo (1975÷1990) in cui sono stati pubblicati in Italia tutti i capolavori di Farmer, Vance, Heinlein, Silverberg, Anderson, LeGuin ect ect ect, cioè i tempi delle collane Cosmo Oro, Argento, Fantacollana, dei grandi cicli Fanucci. Costoro hanno fatto proprio un livello di testi estremamente elevato e forse solo raramente raggiunto dalle pubblicazioni odierne, siano esse di scritttori italiani o di opere tradotte. Forse è una spiegazione semplicista troppo semplice. Grazie comunque per il tuo intervento, che ha stimolato tutte queste interessanti rifelssioni.

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  14. Chi ti scrive è uno di quei pochissimi visitatori di “Stranimondi” che può in tutto e per tutto definirsi “lettore puro”. Sono, questo è vero, anche un blogger ma non credo ci sia pericolo che qualcuno possa confondermi con un addetto ai lavori come è successo al Buon Vecchio Zio Nick (anche perché la mia proverbiale, quanto dannata, riservatezza non mi consente di tenere al collo collanine arancini).
    Di contro sono anche un tizio che in trent’anni di lavoro ha messo insieme una discreta esperienza come “addetto ai lavori” in rassegne che con l’editoria non hanno nulla a che fare. Anche roba grossa, tipo maratone di 15 giorni consecutivi che avrebbero steso anche un bisonte.
    Riguardo “Stranimondi” parlo ovviamente con poca cognizione di causa, avendola vissuta, quest’anno e il precedente, dall’altra parte della barricata e solo per un paio d’ore il sabato pomeriggio. Non sarei però così sicuro che la debolezza di questo mondo sia il fatto che esso si nutre solo di sé stesso e come tale destinato a sparire. L’impressione è che, per quanto non sappia nulla di eventuali scazzi o inciuci, che questa sia la vera forza del settore.
    La narrativa di genere è in crisi, questo è vero. Ma è sempre stato così, non credi? Al di là di quello che si dice, non è mai esistita una vera epoca d’oro della fantascienza, eppure nuove generazioni di appassionati continuano ad affiancare e/o a sostituire le precedenti. I numeri sono ovviamente inferiori, ma questo è un dettaglio che si può riscontrare in tutti i settori (tranne forse nella telefonia, che è il nuovo oppio dei popoli).
    Ma sto divagando… stavo parlando della forza. Sarebbe meraviglioso se anche da altre parti ci fossero addetti ai lavori che si confondono con gli appassionati. Credo di non aver mai visto un fenomeno del genere altrove, dove il confine tra editore, scrittore, blogger e lettore è talmente impalpabile da disorientare. Ho letto in quest’ultima settimana articoli e post di addetti ai lavori che mettevano orgogliosamente in mostra il loro bottino di guerra, dimostrando un entusiasmo fanciullesco quasi commovente. È lo spirito di questo mondo che lo ha reso immortale.
    Prendi qualunque altra manifestazione fieristica in giro per il mondo. Hai mai visto un addetto ai lavori di una qualsiasi azienda andare a curiosare da un concorrente? Se lo fa è solo per carpire improbabili segreti (che oggi non esistono più) o per andare a versare taniche di benzina sugli espositori nemici.
    Prendi la fotografia, un settore ancora più di nicchia della fantascienza (sempre grazie ai già citati telefonini) dove esistono solo due pesci giganteschi che si fanno la guerra e non lasciano nulla dietro di sé. Non hanno più nemmeno una fiera in Italia a causa dell’odio che negli anni hanno seminato. Prendi il Salone Nautico di Genova, il Salone del Camper di Parma, il defunto Motorshow di Bologna. Tutte grandi manifestazioni che attirano (o hanno attirato) un gran numero di appassionati ma che sono fredde come il marmo dal punto di vista dell’interazione espositore-visitatore. Perché? Perché sono troppo grandi e tra gli addetti ai lavori non ci sono appassionati, solo gente buttata lì a rompersi i coglioni in una fiera, per loro, mortalmente noiosa.
    Dammi retta, ce ne fossero mille di Stranimondi dove gli addetti ai lavori si nutrono di loro stessi. Ti chiedi se chi mangia se stesso diventa grosso il doppio o sparisce completamente: nessuna delle due. Secondo quella è invece la via per l’immortalità.

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  15. Mi scuso con il padrone di casa,ho letto gli interventi e commentato Obsidian senza salutare e presentarmi.

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