An Adventure in Space and Time: le origini di Doctor Who

Sì, lo so che in questi giorni parlare di Doctor Who equivale a parlare di The Day of the Doctor, l'episodio speciale per celebrare il cinquantesimo anniversario della serie. Ovviamente l'ho visto, e ne avrei molte da dire in proposito, soprattutto in conseguenza del fatto che a suo tempo parlai proprio della conclusione della stagione 7 e di come questa rimescolasse astutamente le carte in tavola. Ma non lo farò. Un po' perché appunto ci saranno molti altri a parlarne, e non aggiungerei niente alle loro parole, un po' perché l'ho già fatto tra forum, social e portali vari e non me la sento di ripetermi ancora. Voglio piuttosto spostare l'attenzione su un altro "episodio speciale" andato in onda per celebrare le nozze d'oro, che forse è passato in secondo piano rispetto a questo: An Adventure in Space and Time.

AAISAT (consentitemi l'acronimo, sennò facciamo notte a ripeterlo ogni volta), per chi non avesse seguito i promo della BBC degli ultimi mesi, non è una puntata della serie, ma un prodotto diverso che loro chiamano semplicemente "drama", e che noi potremmo definire docu-film, nel senso che è di fatto un film, ma con intenti documentaristici: portare su schermo le vicende e i protagonisti che hanno dato origine alla storia pentadecennale di Doctor Who. Preferisco parlare di questo perché se The Day of the Doctor serve a proseguire e rinnovare la storia, preparando il terreno per le future (e speriamo numerose) stagioni, AAISAT guarda invece al passato, a come tutto è iniziato, e in tal modo è forse ancor più celebrativo dell'altro. Inoltre, a differenza di molti dei fan odierni (soprattutto quelli italiani), io negli ultimi anni sto lentamente recuperando la visione della serie classica di DW, e sono arrivato alla seconda stagione di Tom Baker/Quarto Dottore (quel simpatico vecchietto che si vede alla fine dell'episodio speciale, nda), e mi sento pertanto qualificato a parlare di questo più di molti altri.

AAISAT segue in pratica gli anni di William Hartnell, il mitico e indimenticabile Primo Dottore, negli anni tra il 1963 e il 1966. Hartnell (interpretato da David Bradley) è sicuramente il protagonista della storia, ma oltre a lui seguiamo anche altri personaggi: Verity Lambert, la giovane produttrice incaricata di portare avanti la serie ai suoi inizi, Sydney Newman, l'autore della BBC che ha ideato lo show nella sua concezione iniziale, e Waris Hussein, il regista delle prime serie. Sulle prime Hartnell non è nemmeno presente, in quanto la produzione della serie inizia prima di trovare l'attore che interpreterà questo "dottore", pensato proprio come un anziano burbero ma di buon cuore. Qui dobbiamo fare atto di fede e credere davvero che Doctor Who sia nato in queste circostanze del tutto incerte, andato in onda con la series première (come si dice oggi) il giorno dopo l'assassinio di Kennedy, ma è stato assicurato che l'autore di AAISAT si è documentato accuratamente, coinvolgendo tutti i testimoni a disposizione, per poter portare in scena una storia fedele quanto possibile alla realtà dei fatti.

La trama segue quindi l'origine della serie, l'inaspettato successo, il progressivo coinvolgimento di un Hartnell inizialmente scettico, e in seguito la partenza di alcuni personaggi chiave: l'attrice che interpretava Susan (la nipote del Dottore), i vari companion che si succedono, Waris e Verity. Il gruppo iniziale inizia così a sfaldarsi, e la "famiglia" di Doctor Who si perde, finché lo stesso Hartnell, nonostante tutta la dedizione possibile viene lentamente consumato dalla malattia che gli rende sempre più difficile recitare e riuscire a memorizzare le sue parti, è costretto ad abbandonare lo show, che proseguirà senza colui che fino a quel momento era il Dottore. La forza di AAISAT è proprio quella di non mostrare i personaggi, ma le persone che stavano dietro ad essi, che non dovevano affrontare Dalek e nemici vari ma mostri più comuni, anche se non per questo meno pericolosi: l'età, i dubbi, la malattia, il successo, il pubblico, i meccanismi televisivi e così via.

Al di là delle vicende portate in scena, è comunque notevole il lavoro di ricostruzione dell'epoca, con la resa di una Londra anni 60 davvero efficace, così come la strumentazione e gli studi BBC (dove tutti fumavano in ufficio, bei tempi!). Anche le interpretazioni sono buone (in particolare i primi companion: Susan, Ian e Barbara), e quella di Bradley è chiaramente di spicco. L'attore infatti non interpreta solo William Hartnell, ma interpreta anche William Hartnell sul set che interpreta il Dottore, raddoppiando così la profondità del suo ruolo. Ed in questo è eccezionale, perché anche se la fisionomia non è identica (ma sufficiente a rendere la somiglianza), l'atteggiamento, l'accento, la calata, la gestualità sono davvero una copia dell'originale, o almeno di quello che si vedeva sullo schermo... solo a colori, invece che in bianco e nero.

Infine, anche per chi non conoscesse la storia della serie classica e non avesse mai visto una puntata con William Hartnell, sarebbe impossibile non commuoversi nelle sue ultime scene, quando riceve la notizia che il suo personaggio sarà sostituito e si fa scappare un "I don't wanna go" che ricorda in modo straziante quello di David Tennant alla fine del suo percorso come Decimo Dottore. La storia si conclude sul set di The Tenth Planet, l'ultima puntata del Primo Dottore (e la prima con i Cyberman), dove Hartnell fa la conoscenza del suo successore Patrick Troughton (secondo me interpretato da un attore fin troppo giovane). Ed è qui che, con un'ultima visione del futuro che lui ha contribuito a creare, Mr. Hartnell ci saluta, ripetendo le toccanti parole del suo commiato alla nipote:


An Adventure in Time and Space è quindi molto diverso da The Day of the Doctor, al punto che non è possibile confrontare i due prodotti. Ma tra i due questo è probabilmente quello che maggiormente riesce a raggiungere il cuore, e rendere lo spettatore partecipe di una grande (e longeva) storia che non è fatta solo di avventure e battaglie degli eroi, ma anche di coraggio e passione delle persone comuni.

2 commenti:

  1. Concordo, devo però dire che la storia, in sé, mi è sembrata abbastanza povera e superficiale (che è un po' il marchio di fabbrica di Mark Gatiss eh). Bradley però bravissimo, così come Brian Cox, da soli portano avanti il film fino al finale davvero commovente :)

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    1. può darsi, ma in fondo la storia era quella e non si poteva girarci troppo intorno. niente di nuovo certamente, ma rispettava bene o male i fatti dell'epoca.

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