Di pianeti gemelli e suonaseghe

Un paio di settimane fa parlavo del film Another Earth, visto in una delle ultime Coppi Night, e parlando delle (lente) dinamiche del film accennavo al fatto che uno dei personaggi in una scena centrale si esibisse in una corroborante suonata di sega. La cosa era buttata lì un po' come curiosità più che come elemento determinante, anche se a me quel concerto di sega aveva comunque fatto un certo effetto.

Fatto sta che qualche giorno dopo aver pubblicato la recensione (che come tutti i post su questo blog è finita poi linkata sul mio twitter), ricevo una risposta da tale "Saw Lady", nome di per sé eloquente, che mi chiede se mi è piaciuta la segata musicale del film, dicendo di essere stata lei a suonare in effetti il pezzo. La Signora delle Seghe mi ha anche fornito i riferimenti corrispondenti al compositore del pezzo Scott Munson, e al suo sito dove sono elencate tutte le sue performance. Che si svolgono più o meno così:


Ora, visitando il suo profilo twitter ho notato che il suo intervento in risposta a twit che parlano di Another Earth è sistematico, quindi al limite dello spam, ma d'altra parte come ci si può fare promozione in un settore così ristretto? Per questo mi sento di segnalare a mia volta la sua identità e la sua professione. Anche perché è noto il mio interesse per la musica più improponibile del mondo, dal theremin (il cui suono è piuttosto simile a quello della sega) ai broccoli. Quindi, senza nessun impegno, vi invito a visitare il sito della Saw Lady e provare ad apprezzare la sua arte. E ringraziatemi per essere riuscito a mantenere un tono perfettamente serio parlando della Signora delle Seghe e delle sue prestazioni. Nei commenti i doppi sensi sono comunque ben accetti.

Panthera tigris sondaica

Era da un po' che non inserivo sul blog uno dei miei racconti. E queste sonnacchiose giornate di fine estate mi paiono l'occasione ideale per sollazzarsi con un testo breve, se non altro per avere una scusa per rimanere in casa o in ufficio, al fresco dell'aria condizionata.

Il racconto che segue, come la maggior parte dei miei lavori brevi, deriva da un'edizione del concorso-lampo "Minuti contati", anche se non ricordo a quale risale. Il tema assegnato era "dall'altra parte dell'isola", che se sulle prime mi aveva ispirato qualche idea in stile Lost, alla fine mi ha portato a scrivere questo breve pezzo in prospettiva quadrupede. Il titolo è volutamente specifico in modo che una ricerca su wikipedia possa consentire al lettore di capire il nucleo della vicenda.



Panthera tigris sondaica

Affamata, esausta, rassegnata, procede acquattata tra i campi di riso, con passo silenzioso ma rapido, portando con sé suo figlio. Affamata per i lunghi giorni di digiuno; esausta per le continue fughe a cui è costretta da troppo tempo; rassegnata nel vedere il mondo intorno a lei cambiare, soffocando ogni sua speranza.
Il piccolo piange, terrorizzato da quell’esperienza sconvolgente. Trascinato contro la sua volontà, cieco e inerme, tutto quello che può fare è rivolgere appelli strazianti perché qualcuno lo aiuti. Ognuno di quei lamenti le strazia il cuore, facendole venire voglia di fermarsi, stringerlo a sé, carezzarlo. Da troppo tempo non sente le sue fusa.
Invece prosegue, spinta dalla disperazione, inoltrandosi in territori che non ha mai attraversato, per cercare un posto, anche lontano, dove le cose possano essere migliori. Dove è cresciuta lei non rimane più niente, la foresta è scomparsa, rimpiazzata dagli odiosi acquitrini che i bipedi fanno crescere per il loro sostentamento, le prede che cacciava con tanta passione in passato si sono esaurite, i suoi compagni e amanti sono morti, uno dopo l’altro, per fame o per l’azione dei bipedi. Non c’è più niente lì, per lei o per i suoi figli.
Ma forse, ha pensato, dall’altra parte dell’isola…
I due cuccioli dormivano quando ha deciso di partire. Non poteva prenderli entrambi, lo sapeva. Per un attimo ha pensato di trucidarne uno, per non dover dividere le poche forze rimaste. Ha avvicinato il muso a uno dei due, dischiudendo le fauci, lo ha afferrato. Il piccolo ha mugolato, appena indispettito dal suo tocco. Il suo sguardo è andato al fratellino adagiato lì accanto.
Se avesse potuto piangere, le lacrime sarebbero uscite nel momento in cui si è allontanata dalla tana, portando via uno dei suoi figli, abbandonando l’altro.
Tornerò, significava l’attimo di esitazione in cui si è voltata verso il vecchio nido, prima di partire.
Ora cammina, la schiena bassa per sfuggire alla vista dei bipedi che sa di dover temere, stringendo il tigrotto tra quei denti che innumerevoli volte hanno squarciato arterie, dilaniato muscoli, frantumato ossa. Ogni fruscio le fa guizzare le orecchie, saltare un battito del cuore, e allora si immobilizza, per un istante, prima di capire che può andare avanti. Vorrebbe che il piccolo si acquietasse, smettesse di pigolare quelle acute note di dolore, perché sa che i bipedi le sentiranno. Ma non ha scelta.
Un tempo era stata giovane e forte. Aveva dominato quelle terre, insieme ai suoi fratelli, con parsimoniosa crudeltà, infliggendo la morte alle altre creature solo quando era necessario. Poi le cose erano cambiate, la morte sembrava arrivare da ogni direzione, senza un criterio, come attirata dai bipedi che si erano moltiplicati così in fretta. A volte sognava di poter anche lei infliggere la morte non per necessità, ma per soddisfazione, e quelle volte le sue prede immaginarie erano sempre loro: i bipedi. A volte pensava che avrebbe potuto…
Ferma.
Un rumore. Movimento tra le piante basse. Un odore. Acido, sgradevole. Familiare.
Altri suoni, e adesso li riconosce: le vocalizzazioni dei bipedi. Toni diversi, in avvicinamento.
Deposita il figlio a terra e si abbassa con lui, lecca il pelo ancora ispido sulla sua schiena cercando di tranquillizzarlo. Il piccolo sembra gradire, e inizia ad appisolarsi. Appena in tempo, forse i bipedi non l’hanno sentito.
No. Troppo tardi. Eccoli sbucare dai campi, sono tre. Due grossi e uno più piccolo, che emette suoni squillanti e scomposti. L’hanno vista, si sono fermati a fissarla. Uno ha un’appendice rigida che gli spunta tra gli arti anteriori, che punta nella sua direzione.
È finita. Sa cosa sta per succedere.
Ma allora pensa che potrebbe davvero provarci, come ha immaginato. Che se il piccolo bipede è come il suo piccolo figlio, allora colpendo lui quelli grandi capiranno. Forse è il panico, forse la fame. Se potesse comprenderlo, saprebbe che è anche vendetta.
Compie un balzo, uno di quelli eleganti e micidiali che praticava spesso in passato, e si avventa sul bipede piccolo, che inizia a squillare ancora di più, emettendo versi che lei riconosce come grida di terrore.
Con le zanne trova subito la gola, afferra e apre, tira e lacera, assaporando l’inebriante sapore del sangue, finché un boato non le ferisce le orecchie e qualcosa la punge e spinge all’indietro.
Viene sbalzata, cade sulla schiena, il muso finisce accanto al cucciolo adagiato al suolo. E allora, si accorge che non si era addormentato. Non respira più.
Un altro boato e un’altra puntura, ancora dolore. Mentre le forze la abbandonano, ripensa al figlio che ha lasciato nella vecchia tana. La vita le scivola via, e sa che presto succederà anche a lui.
Non sa che con lui morirà un’intera specie. Non le importa. Sa solo che non ha mantenuto la sua promessa.

Futurama 7x06 - The Butterjunk Effect / Il derby delle farfalle

La stagione 6 ci aveva fornito episodi con accoppiate insolite di protagonisti, come Bender e Hermes, o Amy e Nibbler. Questo è invece il primo episodio della nuova serie a offrire un assortimento insuale: Leela ed Amy. Beh, in effetti non si direbbe che la loro sia una coppia strana, perché in quanto uniche due donne dell'equipaggio spesso sono comunque accomunate in molte situazioni. Tuttavia, il rapporto personale tra le due è stato raramente mostrato, e pur essendo colleghe da dodici anni non è ben chiaro come si collochino l'una rispetto all'altra, al di là delle incombenze "professionali".

In questo episodio, vediamo finalmente in modo esplicito il rapporto Leela/Amy, che nonostante qualche alterco mostrato in passato sembra sostenersi di una solida stima reciproca. Anche se all'inizio si lanciano frecciatine a vicenda, durante una cena galante coi rispettivi partner, Leela stessa fa notare che in realtà si capisce quando tra due donne c'è attrito se si fanno dei complimenti. Proprio da questi continui battibecchi amichevoli parte la sfida che le porta a unirsi a un "butterfly derby", un particolare spettacolo di combattimento che si svolge sulla Luna: una squadra composta da due donne combatte in un ring/voliera, con delle ali membranose attaccate alle braccia, che grazie alla bassa gravità lunare consentono loro di volare; chi finisce al suolo è fuori. Lo sport si rivela da subito violento, e dopo una sfilza di sconfitte la nuova coppia scopre che per incrementare la propria forza e aggressività le "farfalle" bevono il nettare, una sostanza aliena che aumenta le prestazioni (e la mascolinità) di chi la assume. E, naturalmente, il nettare dà una forte dipendenza. Quando poi le ragazze rimangono a corto, e si scopre che il nettare deriva da una pianta che cresce su Amphibios 9, il pianeta natale di Kif, non resta loro che recarsi lì per attingere direttamente alla fonte della droga. Qui Fry rimane coinvolto in un incidente con una farfallone, e la sua doccia di feromoni lo renderà irresistibile alle ragazze... e anche qualcosa di più.

L'episodio ha pressoché la struttura di tutti quelli basati su uno sport, come Raging Bender o A Leela of Her Own, con il solito Abner Doubledeal che si presenta come produttore dello show e offre un contratto alle due protagoniste, intuendone le potenzialità (più di immagine che sportive). La squadra raggiunge il suo apice e poi cade inevitabilmente nella sua partita più importante, per poi chiudere con la disciplina in questione. Fin qui tutto regolare. In questo caso però abbiamo un risvolto in più, che è quello della dipendenza dal nettare e della ricerca della nuova fonte, che porta poi alla contaminazione di Fry e al suo sfiorato threesome con entrambe, che sono costantemente eccitate dal suo puzzo mascolino di farfalla (questo era probabilmente un omaggio alle porno-fanfiction che dall'inizio immaginano incroci e sovrapposizioni sessuali del genere... si sa, vale sempre la regola 34). Forse il percorso di disintossicazione è risolto troppo facilmente, ma si tratta in fondo solo di un passaggio che serve a condurre al finale dell'episodio. Le varie fasi risultano comunque piuttosto bilanciate, per cui si riesce a seguire e apprezzare tutto l'arco narrativo che muta più volte.

Un altro aspetto interessante è quello del reciproco rapporto di Fry e Kif con le due ragazze, che in questo episodio, vista l'influenza del nettare, sottomettono completamente i loro compagni. I due infatti si trovano accomunati nella sventura, e nonostante vengano ignorati (se non malmenati!) dalle rispettive donne, cercano teneramente (o forse ingenuamente) di trovare il loro appoggio. Kif da parte sua (in una delle sue rarissime apparizioni senza Brannigan come controparte) riesce anche a perdonare il "tradimento" di Amy, che obnubilata dal nettare si getta su Fry.

The Butterjunk Effect (il cui titolo si presta a svariate interpretazioni) è quindi una puntata leggera, che non approfondisce l'universo di Futurama o quello dei suoi personaggi, ma offre diverse sequenze divertenti e qualche richiamo gustoso, come il ritorno sul pianeta di Kif, sempre affascinante con le sue paludi e la sua fastidiosa flora e fauna gigantiforme. Voto: 7/10

Ultimi acquisti - Agosto 2012 (parte 2)

Nel precedente post riguardo gli ultimi acquisti musicali del mese, ho fatto un grossolano errore di conteggio, affermando di aver acquisito 12 nuovi pezzi. In realtà erano 13, e dopo aver presentato gli album techno/house nella parte 1, in questa parte 2 ecco gli album di genere diverso e le compilation.


Anche stavolta si inizia con qualcosa di soft. Anzi, a dirla tutta, anche banalotto. I Dark Room Notes sono un gruppo post-pop che si impegna a realizzare musica orecchiabile ma al di sopra degli standard. I pezzi qui contenuti infatti, pur discendendo da una chiara anima pop, hanno una struttura e una varietà di suoni più tipici dell'elettronica, dalla house alla disco. Il risultato però non è del tutto soddisfacente, perché a invalidare il valore della musica in sé ci sono i testi, che tanto per la voce che per le parole fanno troppo effetto boy-band, banalizzando il tutto. Ciò non toglie che qualche canzone possa essere gradevole, ma difficilmente colpisce davvero.



Qui si arriva su qualcosa di più ricercato: Funkhaus Studio Sessions, ultimo album di Jazzanova, un collettivo di musicisti/dj specializzati (indovinate un po') in jazz e simili. L'album riprende appunto le sonorità più tipiche del jazz, funk e soul, interpretandole in modo egregio, considerando che siamo nel 2012 e questo tipo di musica ha smesso di essere in voga diversi decenni fa. È facile innamorarsi di questi pezzi, dai quali emerge tutta la passione e il coinvolgimento che il gruppo ha messo nella registrazione (rigorosamente live, rigorosamente con strumenti veri e non elettronici) delle canzoni. Bella prova di un nome da tenere d'occhio.



Disco a metà strada tra compilation e album, questo Reworks del 2006 raccoglie una serie di remix di alcune delle tracce più famose di Paul Kalkbrenner, che è già passato altre volte su queste pagine. Le tracce originali derivano da singoli o da album come Berlin Calling, e la schiera di remixer è di grande eccezione: Withnomy Brothers, Sascha Funke, Ellen Allien & Apparat, Agoria, Joris Voorn, Alexander Kowalski, Modeselektor, Michael Mayer... e praticamente l'ho elencati tutti, ma sono nomi che non si possono ignorare. Naturalmente da gente del genere si può avere solo roba di qualità, e infatti tutti i pezzi hanno un loro valore, con un risultato complessivo più che buono. In particolare ho gradito le versioni di Kowalski e Voorn, che sono riusciti a dare un'interpretazione degli originali in chiave di ottima techno, ma comunque tutti i pezzi sono validi.

La storia che sta dietro Bar 25 Tage Ausserhalb der Zeit è a suo modo triste. Il Bar 25 era un famoso club di Berlino molto "estremo", al punto che più che un locale era come un mondo a parte, un'isola di divertimento e dissolutezza dove la gente si perdeva per giorni interi, trascinata dalla musica e, diciamolo pure, dall'abbondante traffico di sostanze fantasiose. Forse per questa sua fama non proprio eccellente, nel 2010 il Bar 25 è stato chiuso, e da allora molti lo rimpiangono. Per celebrare la sua dipartita, quest'anno è stato realizzato un docu-film che ne racconta la storia, di cui questa compilation raccoglie la colonna sonora. Due cd che contengono tracce di autori noti come Oliver Koletzki, Wareika, dOP, Marcus Meinhardt e Margaret Dygas, oltre a pezzi di altri più strettamente legati all'ex club. Alcuni pezzi sono stati composti proprio per l'occasione, e raccontano o salutano il Bar 25, come There Was a Bar, Baptism of the Dolls, Abschied25, 25/7 Mode. Una compilation quindi non solo musicalmente valida, ma con un tema di fondo che la rende ancora più completa.


Un classico dell'estate è la Cocoon Compilation, arrivata qui alla sua dodicesima edizione (contrassegnata dalla lettera L). I discorsi su questa raccolta annuale rischiano di farsi monotoni, ma è ormai un fatto assodato che la Cocoon è l'etichetta che da un decennio sta facendo la storia della techno, per cui c'è poco da girarci intorno: grandi autori e grande musica, in grado sia di interpretare le tendenze attuali che di crearne di nuove. In questo caso oltre ai nomi di qualità troviamo anche delle interessanti collaborazioni, come Rampa/Re.You, Tale of Us/Visionquest, Secret Cinema/Peter Horrevorts. Aggiungi a questi un Christian Smith, Paul Ritch e Daniel Stefanik e non puoi che avere una grande raccolta. Come sempre, del resto.

Per restare in ambito Cocoon abbiamo anche questa compilation, una delle tante sfornate dall'etichetta durante l'anno, e che propone i set di due dj di punta con i pezzi più hot della stagione. Stavolta per questa Cocoon Heroes (il motto delle ultime due stagioni musicali) ci si affida a Joris Voorn e Cassy. Il primo riese a zeppare ben 26 tracce diverse in 70 minuti, con alcuni pezzi che sembrano fare appena un cameo di due minuti per poi passare al successivo. Il mix è comunque molto vario e movimentato, con una selezione di grande qualità. Cassy invece punta su una techno molto dura, e si limita a uno standard di 13 tracce, concedendo a ognuna il tempo di svilupparsi. C'è da dire però che inserire in un set così ristretto tre pezzi dello stesso autore (Mr. G) appare un po' uno spreco, quando sarebbe stato più opportuno concedere spazio a un maggior numero di autori.



Altra mix compilation è Vagabundos 2012, mixata da Luciano, caposcuola della Cadenza e uno dei migliori interpreti della minimal negli ultimi anni. Un mix molto vario, che riunisce tanto pezzi di tradizione minimale che musica più houseggiante con aggiunte tribali. Inoltre, l'abilità nel djing di Luciano gli consente di creare non solo un semplice mix tra i pezzi, ma una vera e propria sovrapposizione delle tracce (ad arte, non pastrocchiata) che aggiunge un tocco personale alla selezione, di per sé già molto interessante.

Coppi Night 12/08/2012 - Another Earth

Sembra che ultimamente la fantascienza se la passi bene nel Coppi Club. Infatti, scorrendo gli ultimi film proiettati, non solo ce ne sono diversi afferenti o affini al genere, ma questi film risultano tra i migliori (sia in termini relativi che assoluti) di quelli visti durante le serate domenicali (mi riferisco ad esempio a WALL-E e Strange Days). Il film di questa settimana, invece, è stato a suo modo una sorpresa.

Sorpresa perché, nonostante lo si intuisca dal titolo, e nonostante l'idea di partenza, Another Earth non è del tutto classificabile come fantascienza. Naturalmente, l'etichetta si applica per definizione a una storia che comincia con la scoperta di un nuovo pianeta, del tutto simile alla Terra, all'interno dello stesso Sistema Solare. Dopo questa premessa tuttavia, la trama si sposta su un filone completamente diverso, e la presenza del pianeta gemello diventa un elemento di sfondo, utile per creare alcune belle scenografie, e che riemerge solo nelle ultime sequenze. Tutto il resto del film, che scorre con una certa difficoltà, serve a esplorare la condizione della giovane protagonista, involontaria stragista di un'intera famiglia, e il suo ritorno alla vita "normale" dopo quattro anni di carcere, che la porta ad avvicinarsi (in incognito) all'uomo di cui ha ucciso moglie e figlio in un'incidente stradale provocato da una distrazione (e qualche birrino di troppo). È un percorso sofferto e turbato, e per quanto sia comprensibile lo spirito della ragazza, annichilito prima dalla tragedia e poi dal suo ritrovarsi fuori dal mondo, non è facile seguire per decine di minuti il suo sguardo perso nel vuoto e le sue peregrinazioni senza meta.

Non sto dicendo che sia un brutto film, perché ci sono molti elementi positivi: la colonna sonora avvolgente, la fotografia suggestiva, la recitazione ottima della ragazza [Contro l'uomo invece ho dei pregiudizi, perché si tratta di Ethan di Lost e lui l'ho sempre odiato nella serie. E poi quale credibilità può mai avere uno che di mestiere fa il suonatora di sega?]. Però, sembra che si sia cercato di dare priorità proprio a questi spetti piuttosto che a costruire una storia solida e coinvolgente. Mi rendo conto che questo può essere un mio problema: la mia predisposizione per la fantascienza o comunque le opere "di genere" è data prorio dal fatto che preferisco di gran lunga la forza dell'idea che muove una storia, piuttosto del modo in cui questa storia viene mostrata (che è a sua volta importante, ma non basta se l'idea è moscia). Per questo stesso motivo non amo la letteratura "generalista" in cui un intero romanzo può rivolgere intorno a un fiocco di neve che cade. Another Earth soffre dello stesso problema: tanta "emotività" sprecata, quando con le premesse si sarebbe potuta mettere su una storia molto più interessante. Naturalmente non mi aspettavo di vedere la spedizione su Terra2, perché è chiaro fin dall'inizio che il mondo speculare sia soprattutto una metafora (tanto più che la sua invadente presenza nel cielo non provoca alcuna reazione sulla Terra1, mentre avrebbero dovuto verificarsi notevoli sconvolgimenti gravitazionali), ma il pianeta gemello forniva l'opportunità di importanti riflessioni, che invece vengono fuori solo negli ultimi dieci minuti. Questo senza contare che ci sono anche diversi punti oscuri, o lasciati senza spiegazione (come la scena finale). Bisogna capire se si tratta di superficialità o intenzione.

Riassumendo, non mi sento di dire che sia un film da evitare. Con una predisposizione diversa dalla mia, probabilmente può essere apprezzato. Ma per quanto mi riguarda, l'essenza della storia avrebbe funzionato molto meglio come cortometraggio, dieci minuti intensi invece di un'ora e mezzo vacua.

Ultimi acquisti - Agosto 2012 (parte 1)

Se si considera che gli acquisti di luglio non sono stati fatti in negozio ma online, con la visita pre-ferie a Mastelloni mantengo la media di una visita ogni due mesi. Questa volta il bottino è stato di 12 dischi, che come sempre divido per comodità in due post, questo dedicato agli album techno/house e il successivo ad album di altri generi e compilation.



Iniziamo con qualcosa di soft. A Broken Shape of You è il primo album dei Public Lover, duo tedesco (anche se uno dei due è di chiara ascendenza italiana) attivo da un paio di anni. Non rientrano nei "grandi nomi", ma non per questo sono da scartare. Le otto tracce ammontano a meno di tre quarti d'ora di musica, che consistono essenzialmente in pezzi lounge/house, con solo un paio di tentativi di cercare suoni più duri. Tutte le tracce sono comunque a tema "sentimentale", come è evidente dai titoli, con ricco uso di vocal melodici. Musica piacevole e non troppo impegnativa.



Affine in quanto a genere, ma con una maggiore varietà di suoni (e qualche anno in più di carriera), è Sasse, con il suo Third Encounter. Anche qui ci si muove principalmente nell'ambito house, con qualche contaminazione electro, ma si rimane sempre in un genere di facile ascolto. Nessun grandioso virtuosismo, ma dieci pezzi ben confezionati, che si rifanno in parte alla moderna house in stile Crosstown Rebels e in parte alle sonorità disco anni '90.





I System of Survival sono invece una coppia italiana che in qualche modo è arrivata a pubblicare un album con BPitch Control, l'etichetta di Ellen Allien. Needle and Thread è il loro primo album, fresco fresco di stampa. Qui ci troviamo di fronte a una electro-house di qualità, con suoni moderni che riescono a comporre pezzi avvolgenti. La presenza di vocal riesce poi ad alleggerire il tono in quei momenti in cui l'archetipo musicale techno inizia ad emergere in modo evidente, consentendo così di mantenere il tema di base per tutta la durata dell'album.



Con un po' di ritardo sono riuscito a ottenere anche The Drawing Board, album dell'anno scorso degli Art Department, una delle più interessanti figure in ambito house in giro negli ultimi anni (una delle stelle dei già citati Crosstown Rebels). I pezzi che compongono l'album sono house come-deve-essere-fatta, curata in ogni aspetto, dal beat ai bassi, dalle percussioni ai vocal. La ricercatezza si riscontra anche nella schiera di collaboratori, da Seth Troxler a Soul Clap, oltre all'utilizzo di alcuni testi originali di Frank Knuckles. Volendo essere onesti però, mi pare che molti pezzi siano troppo lunghi rispetto a quanto hanno da dire, con ben due tracce oltre i 10 minuti. Forse una riduzione ai minimi termini avrebbe fatto guadagnare in sostanza.



Nina Kraviz è una dj russa che si sta distinguendo ultimamente con le sue produzioni, adocchiate da diversi professionisti in tutto il mondo. Forte di questo successo, a inizio 2012 ha prodotto il suo primo album, che porta il suo stesso nome. Lo stile della Kraviz è una techno abbastanza pulita, che si affida soprattutto a synth e percussioni, con l'aggiunta del suo cantato. Il risultato complessivo è buono, tuttavia mi sarei aspettato da lei un maggior "calore", mentre le tracce sembrano tutte più fredde, tecnicamente perfette ma senza quella scintilla di ispirazione che si dovrebbe percepire, a partire dal singolo Ghetto Kraviz fino al pezzo accappella The Fire che chiude il disco.



Quella di Shackleton è una musica piuttosto ermetica. E la collaborazione con Pinch, in questo Pinch & Shackleton (che si può considerare alternativamente il titolo, o semplicemente l'indicazione dell'autore per un album "untitled") conferma la sua particolarità. Musica eterea, quasi astratta, che procede seguendo criteri imprevedibili, con ripartenze e pause, voci distorte che si sovrappongono a percussioni e una totale assenza di synth. Roba difficile da inquadrare, e ancora di più da apprezzare, ma che racchiude una valenza artistica forse superiore alla media.

One Fridge Picture a Day

Solitamente le "immagini" non sono immagini in senso letterale, come spiego nella pagina delle rubriche. E in ogni caso, raramente riferiscono qualcosa realizzato da me, ma sono frammenti di mondo che mi capitano davanti e decido di condividere. In questo caso però, propongo una serie di "immagini" che sono davvero immagini, e che sono catturate da me stesso.

Stavolta però mi permetto di segnalare un'iniziativa che sto portando avanti su altri canali: One Fridge Picture a Day. Come il nome consente di dedurre, si tratta semplicemente di "una foto al frigo al giorno": ogni giorno, intorno alle 20:30, scatto una fotografia del frigorifero di casa mia, a partire dalla sera successiva all'ultima spesa, in cui il frigorifero appare stipato di articoli. Col passare dei giorni, il progressivo consumo del cibo mostrerà un panorama sempre più desolato, fino a quando non sarà più possibile rimandare ulteriormente la spesa successiva.

Chiariamo subito che non è un'idea del tutto originale, anzi, si ispira (e omaggia) la genialità del fotografo Noah Kalina, che da dodici anni si ritrae ogni giorno, per poi incorporare le foto in sequenza all'interno di un video la cui visione risulta piuttosto inquietante. One Fridge Picture a Day parte pressappoco con lo stesso intento: prendere qualcosa di comune e mostrare come si evolve nel tempo, in una prospettiva dove con "evoluzione" si intende soprattuto "decadimento". Forse, al contrario di Everyday di Kalina, l'effetto nichilistico è stemperato dalla quotidianità dell'oggetto: è molto più facile confrontarsi con mozzarelle e lattine di birra che svaniscono, piuttosto che con le rughe che si scavano la strada su un volto. Inoltre, potrete anche scoprire cosa si mangia in casa mia, che può essere avvincente.

Non metterò le foto qui sul blog. Forse lo farò quando la serie sarà completa, ma l'upload quotidiano non avverrà qui. Potete seguire e commentare One Fridge Picture a Day nell'apposito album se mi siete amici su facebook, oppure sul mio twitter, cercando l'hashtag #1fpad. Niente impedisce che anche voi prendiate parte all'iniziativa, prenendo a fotografare il vostro frigo.

Futurama 7x05 - Zapp Dingbat / La crisi del quarantunesimo anno

Quando, durante il countdown to Futurama, ho letto la trama di questo episodio, la mia reazione immediata è stata di scetticismo. Questo perché la situazione iniziale prevedeva che i genitori di Leela (Morris e Munda Turanga) si separassero, e la madre iniziasse una relazione con Zapp Brannigan. Il mio scetticismo era causato dal fatto che, come era avvenuto in Proposition Infinity, una coppia "stabile" dello show venisse spezzata per il gusto di crearne un'altra bizzarra: lì erano Kiff e Amy a venire separati, per dare modo di svilupparsi alla coppia Amy/Bender e la successiva battaglia per i diritti dei robosessuali; qui, i coniugi Turanga si separano perché la madre rimanga invischiata con Brannigan, che probabilmente sfrutterà la sua posizione per arrivare a Leela. [Qualcuno potrebbe anche ricordare che uno dei preziosi consigli del capitano recita così: "Il modo migliore per arrivare a una donna sono i suoi genitori. Fai sesso con loro ed è fatta."] Intendiamoci, non è che io creda così intensamente nel matrimonio, ma questo tipo di situazioni da sit-com non mi soddisfano più di tanto, perché so che Futurama è in grado di mantenere degli standard di coerenza più elevati. E la coppia Morris/Munda incarna l'immagine dei genitori anziani e bonari, per cui distruggerla per un gioco del genere sarebbe stato meschino.

Invece, mi sono dovuto ricredere. Cioè, la trama è proprio quella, e di fatto i Turanga divorziano a pochi minuti dall'inizio. Ma la rappresentazione della crisi matrimoniale è estremamente credibile, e coinvolge anche rilevanti sconvolgimenti nella vita della coppia, tra cui la possibilità per i mutanti di emergere in superficie (dopo la rivolta della sesta stagione). Munda, che come sappiamo da Leela's Homeworld è una studente di xenolinguistica, ha sempre desiderato esplorare le stelle, mentre Morris (spaventato dallo Spazio) è contento della sua vita nel sottosuolo, e il suo unico suo sogno irrealizzato è quello di surfare le grandi fogne del mondo. Il conflitto esplode durante il quarantesimo anniversario di matrimonio, e i due si separano. Dopodiché, Munda trova presto in Zapp Brannigan il compagno ideale, che la porta con sé nelle sue missioni interplanetarie, mentre Morris riprenderà la sua via surf-zen, e nessuno dei due sembra rimpiangere troppo l'altro. Leela, presa nel mezzo, da una parte è convinta che Brannigan stia usando sua madre per avere lei, dall'altra è irritata dalla noncuranza del padre. Insomma, le cose sono più complesse di come potevano sembrare a una prima lettura, e risultano perfettamente coerenti con i personaggi per come li conosciamo. Poi è ovvio che alla fine i genitori di Leela torneranno insieme, ma il percorso non è banale, e anche la risoluzione finale, con un momento di riscatto per entrambi, riesce a dare peso a una trama che minacciava di essere presa troppo alla leggera.

La puntata ruota principalmente intorno ai due (che non avevano mai avuto tanto spazio, essendo sempre stati dei personaggi di secondo piano), con Leela che alterna la sua presenza ora da un genitore ora dall'altro. Il resto dei personaggi (Fry e Bender compresi) ha una parte limitata, ma la storia è abbastanza equilibrata da non far sentire la loro mancanza. Zapp è a sua volta al centro dell'attenzione, in un ruolo un po' insolito rispetto a quello che gli spetta di solito, ma regala comunque dei bei momenti. Forse l'episodio non è tra i più esilaranti, anche se ci sono alcune gag di buon livello (come tutti i riferimenti nella scena della "Mos Def Cantina"), ma anche in questo caso, dato il tono "drammatico" della vicenda, non si fa caso all'assenza di battute in serie. Voto: 7.5/10

300 recensioni su aNobii

Giusto due righe al volo per segnalare che sulla mia pagina aNobii ho scritto qualche giorno fa la mia tecentesima recensione. Sono attivo sul social network (credo si possa definire così) dal 2008 e da allora non ho saltato un solo libro acquistato/letto/valutato. La storia della mia formazione letteraria recente è tutta lì.

Pochi giorni fa ho aggiunto la pagina recensioni anche qui sul blog, dove si possono trovare anche le recensioni degli stessi libri che sono elencati su aNobii. Perché questa sovrapposizione? Intanto, in realtà, le recensioni su aNobii e quelle sul blog sono scritte con approcci diversi: su aNobii più specifiche e sintetiche, qui mi concedo spazio per un po' di background e note personali. Inoltre, il pubblico è differente, per cui, anche se alcuni contenuti possono essere simili da una parte e dall'altra, preferisco mantenere (finché ne avrò voglia) entrambe le vetrine. Quindi continuerò a scrivere sia là che qui.

Fateci un giro per scoprire tutto quello che ho assorbito negli anni, e scommettere su quali saranno le mie prossime scelte tra i libri ancora da leggere.

Coppi Night 5/08/2012 - WALL-E

L'avevo dichiarata. Avevo promesso già più volte che prima o poi avrei fatto vedere questo film al Coppi Club. E questa domenica ci sono riuscito! Perché ci tenevo così tanto a rendere noto questo film alla platea domenicale? Detta semplicemente, perché WALL-E (tecnicamente dovrebbe starci un pallino tra la L e la E, ma non ho voglia di cercarlo), è uno dei miei film preferiti. E, a differenza di altri, so che si tratta di un film godibile anche da un pubblico generico, come si può considerare quello, seppur limitato, del Coppi Club. Quindi ero pressoché sicuro di soddisfare tutti portandolo alla vittoria. Ce n'era bisogno, di un bel film, dopo le ultime delusioni.

Che cosa rende WALL-E tanto speciale? In fondo, è pur sempre un "cartone", no? Beh, intanto, questa è una discriminazione che io non eseguo (basta considerare quanto spazio e professionalità dedico a Futurama) e che credo sia ormai osboleta, a certi livelli. Ma al di là di questo, la storia stessa è un ottimo esempio di fantascienza intelligente, coerente e anche divertente. Per chi non l'avesse visto, riassumo brevemente la trama (spoiler-free): WALL-E è il nome dei robottini (che ricordano per design Numero 5 di Corto circuito) incaricati di ripulire la Terra, ormai completamente rivestita e circondata di rifiuti, tanto da essere inabitabile ("WALL-E" è infatti l'acronimo di Waste Allocator qualcosa). Mentre i WALL-E mettono a posto il pianeta, l'umanità (o almeno parte di essa) si è imbarcata su un'astronave costruita e gestita dalla Buy'N'Large, una mega-ultra-multinazionale che controlla le vite delle persone in ogni aspetto, dal cibo all'istruzione, dal divertimento alla cosmesi. Il viaggio dovrebbe durare cinque anni, ma a quanto pare la situazione della Terra è peggiore di quanto previsto, e il lustro di lavoro previsto per i WALL-E è tutt'altro che sufficiente. I robottini continuano a lavorare per secoli, uniche creature "viventi" sulla superficie, ma infine anch'essi iniziano a danneggiarsi. Così, alla fine ne rimane solo uno, il WALL-E protagonista della storia, che vediamo nelle prime immagini del film svolgere il suo compito accumulando cubi di rifiuti, ma al tempo stesso coltivando il vezzo di collezionare oggeti curiosi (primo indizio della sua "personalità"). Le cose cambiano quando sul pianeta arriva un razzo, che deposita un altro robot di "tipo femminile": EVE (Extraterrestrial Vegetation Evaluator). WALL-E conosce EVE e inevitabilmente se ne innamora, per questo la segue anche quando lei, dopo aver recuperato un campione di pianta vivente, finisce in stasi e viene portata via dallo stesso razzo che l'aveva lasciata. WALL-E arriverà così sulla Axiom, dove vive ciò che resta dell'umanità, ormai inflaccidita e annebbiata per l'assenza di attività e di stimoli. Qui si scoprirà che, una volta rilevate tracce di vegetazione, l'astronave dovrebbe far ritorno sulla Terra per riniziare la colonizzazione, ma non è tutto così semplice. Anzi, sembra che qualcuno abbia piani ben diversi...

Forse ho detto anche troppo. Ma in realtà questo non è che il contesto iniziale. Perché la storia, che dura i canonici novanta minuti e spiccioli, è estremamente ricca di idee, nozioni e rivolgimenti. È anche epica, perché la battaglia per riappropriarsi della Terra da parte di un'umanità che ormai l'ha dimenticata, battaglia eroicamente portata avanti dai robot che dell'umanità sarebbero i servitori, si dimostra davvero emozionante. Alcune sequenze, anche se hanno un tono decisamente più leggero, hanno lo stesso carattere epico di Braveheart o 300 [Esagero? Io credo di no!]. Ma ciò che veramente colpisce, è la cura con cui tutti i dettagli si rivelano importanti, nel corso della storia. Anche particolari che sembrano insignificanti, inseriti più che altro come gag, in seguito assumono un ruolo centrale: dalla capacità di WALL-E di ripararsi, all'uso "propulsivo" dell'estintore, dai robot ribelli al piccolo robot pulitore che segue sistematicamente WALL-E, e così via. Riguardando il film una seconda volta, ci si rende conto di come tutti questi pezzettini vengano disseminati fin dall'inizio, per fare poi la loro comparsa centrale successivamente: questo è ciò che distingue le storie ben scritte da quelle improvvisate, e permette di trarne grande soddisfazione. E infine, si tratta anche (soprattutto?) di una storia d'amore, quella tra WALL-E ed EVE, che saranno pure delle macchine, ma riescono ad esprimere in modo estremamente convincente i loro sentimenti, prima a senso unico, poi ricambiati. Alcune scene, in cui la trama si intreccia con la parte sentimentale, sono davvero commoventi. E poi ci sono sequenze come questa che davvero ti mozzano il fiato:


Ah, e dopo tutto questo ciarlare non ho ancora accennato il fatto che il film è pure divertente, e parecchio. Nelle sequenze iniziali, quando è da solo, WALL-E è adorabile, e anche in seguito continua a essere l'eroe imbranatello che era all'inizio. Il contorno di robot altrettanto specializzati lo aiuta nell'intrattenimento, e così fanno i mollacciosi umani sulle sedie levitanti. Insomma, WALL-E è un film completo sotto tutti i punti di vista, che realizza in pieno tutti gli obiettivi che si propone un'opera del genere. Come nota finale, aggiungo che è anche il film detentore dei titoli di coda più belli della storia del cinema (qui però si rischia lo spoiler):



Credo di essere riuscito a giustificare tutto l'anticipo che avevo dato a questo post, e ho infine soddisfatto la mia smania di parlare di questo meraviglioso film. Fatevi del bene: procuratevelo.

L'era dei pollosauri

Premetto subito che questo post non ha carattere rivoluzionario, e non è un appello al risveglio delle coscienze. Il mio intento è solo di portare all'attenzione una nozione ormai accademicamente accettata ma che fatica a entrare nell'immaginario collettivo: l'idea dei dinosauri piumati.

Contestualizziamo: i dinosauri sono stati una delle mie passioni fin da bambino, come immagino lo siano stati per molti altri. Ma il mio interesse col tempo si è spostato dal semplice fantasticare di mostri lucertoloidi giganti [Chi ha detto che tengo un iguana come più diretto succedaneo di questa immagine?] a un approccio più razionale. Sia chiaro, non sono un esperto, ma mi piace comunque tenermi informato. Attualmente, i dinosauri sono universalmente conosciuti e accettati (probabilmente anche dai più accaniti creazionisti), e forse per la potente mitologia che è stata costruita loro intorno sono anche piuttosto popolari. L'immagine-tipo di dinosauro impressa nella memoria di tutti è quella che deriva dal film Jurassic Park, fatto talmente lampante che non mi spreco nemmeno a fornire altri riferimenti. Il tirannosauro, velociraptor, brachiosauro, triceratopo: quando pensiamo a queste bestie del passato, nella mente evochiamo le immagini del film. Ora, però, le cose sono un tantino differenti da come ci sono state mostrate.

Non entriamo nel merito della verosimilità della storia, ma limitiamoci a considerare le ricostruzioni degli animali. Per quanto all'epoca le ricostruzioni fossero sostanzialmente coerentei con le teorie più accreditate (in realtà non del tutto, ma diamolo per buono), col tempo e le nuove scoperte paleontologiche, il livello delle conoscenze è cambiato. Negli anni '90 era infatti già accettato che i dinosauri fossero gli antenati degli uccelli, tassonomicamente più vicini a questi che ai rettili moderni, ma ancora non era assodato quanto questa parentela fosse stretta. Vale a dire, non si pensava che i dinosauri avessero le piume.

Oggi, invece, sappiamo che è così. E non mi riferisco solo all'archaeopterix, che tutto conoscono, il popolare anello mancante tra rettili e uccelli (che a sua volta non è né il primo né il più rilevante dei cosiddetti "dinosauri aviani"), e ai suoi affini. Anche buona parte dei "dinosauri non-aviani", con ogni probabilità, era in parte coperta da piume o protopiume. Si noti che sono andato cauto con la terminologia, perché come sempre, quando si parla di fossili di creature vissute centinaia di milioni di anni fa, è difficile parlare per assoluti. Ma le prove raccolte finora dimostrano senza dubbio che almeno alcuni dinosauri (in particolare teropodi) erano ricoperti di piume, almeno in alcune parti del corpo. Se a questo si aggiungono alcuni elementi, come la considerazione che le piume sono strutture di difficile fossilizzazione (e quindi ben poche tracce di esse possono esserci arrivate), le evidenti affinità evoluzionistiche tra dinosauri e uccelli moderni (tanto che alcune recenti teorie tassonomiche fanno rientrare il genere aves all'interno di dinosauria), e il fatto che la presenza di piume sarebbe coerente con le caratteristiche metaboliche/fisiologiche che i dinosauri avrebbero dovuto avere (a differenza di quelle di tipo rettilino), si può arrivare a inferire che le piume fossero, se non la norma, quantomeno comuni nei dinosauri. L'ipotesi più accreditata è che le piume abbiano iniziato ad evolversi proprio durante il mesozoico, e che in modi differenti più o meno tutti i dinosauri ne fossero portatori. In seguito, alcune specie le hanno conservate e evoluto ulteriormente, fino a diventare i progenitori degli attuali uccelli, altri se ne sono liberati.

Questa nozione ha raggiunto un livello di prove e di diffusione che ormai non è più legittimo ritenerla una teoria: si tratta di un fatto accertato. Certo, come già detto, non si può avere la sicurezza per ogni singolo fossile rinvenuto, ma il fatto che i dinosauri siano stati portatori di piume è assodato. Questo concetto però non si è trasposto nell'immaginario collettivo dei dinosauri, e tutt'oggi le rappresentazioni degli animali di quest'epoca si rifanno più ai draghi che ai polli. Sì, perché, se prendete un velociraptor e lo ricoprite di piume, avete come risultato qualcosa di molto simile a un tacchino un po' cresciuto (che poi è la teoria del bimbo rompipalle all'inizio di Jurassic Park... ma, ehi, allora aveva ragione lui, non il presuntuoso paleontologo!) come quello che vedete qui accanto. Riservate lo stesso trattamento anche a miti quali il tirannosauro, lo spinosauro, l'allosauro, l'oviraptor, il deynonichus, lo pteranodon (probabilmente anche il brachiosauro e il triceratopo, e l'hadrosauro e il pachicephalosauro, ma qui non sono tutti altrettanto sicuri)... e vedete come il vostro scenario preistorico si trasforma in una voliera di passeri giganti. Forse, la fatica che questa nozione impiega per essere assorbita dal grande pubblico sta proprio nel fatto di dover passare dalla romantica prospettiva di dragoni assassini a una più quotidiana aia di uccellacci dall'aria tonta. Purtroppo però, le cose stanno così.

Personalmente, l'idea che i dinosauri fossero in pratica degli uccelli non mi disturba più di tanto. Anzi, li rende ancora più affascinanti, perché non posso evitare di pensare, quando vedo un airone salire in volo, che quello che sto guardando è il nipote di un baryonix. Ma se per voi quest'idea è inconcepibile, non fate i timidi. Unitevi pure al gruppo di protesta anti-dinosauri piumati, e iniziate ad appiccicare in giro l'adesivo ufficiale:


Come ho già detto, io sono un profano, quindi la mia trattazione è tutt'altro che scientifica. Per chi fosse interessato a dettagli in più su questo argomento, posso fornire qualche link valido (di seguito). Inoltre, per quanti sono interessati a seguire gli sviluppi della paleonotologia, invito a seguire il blog Theropoda, tenuto dal paleontologo italiano Andrea Cau, voce autorevole e aggiornatissima.


Pagina recensioni

Sicuramente non ve ne accorgerete fino alla fine di questa frase, ma se guardate qui sopra, nell'elenco delle pagine (insieme a "rubriche", "manifesto" ecc), nella quinta casella trovate adesso "recensioni". Ho da poco aggiunto questa pagina, che contiene tutte le recensioni di libri, dischi e film che ho inserito nel tempo all'interno del blog. Ho deciso di creare questo indice perché, con lo scorrere dei post, vecchi articoli possono andare persi, nonostante risultino comunque attuali, perché una recensione scritta un anno fa è valida tutt'oggi, e ha forse lo svantaggio di non essere più "in evidenza". In questo modo invece si può consultare la pagina e recuperare anche i commenti risalenti a parecchio tempo addietro.

Le liste sono piuttosto corpose, grazie soprattutto all'apporto delle rubriche rapporti letture, ultimi acquisti e coppi club, che fanno volume nel giro di pochi post. In ogni caso, per distinguere le opere a cui ho dedicato dei post specifici, li ho messi in grassetto, in modo che si capicsa a quali è stata data un'attenzione particolare.

Futurama 7x04 - The Thief of Baghead / Il ladro del sacchetto di carta

Tra le numerose frivolezze che Bender mostra occasionalmente ma costantemente fin dall'inizio dello show (come la passione per la cucina), ci sono anche la mania di scattare foto e quella di ossessionare le celebrità (l'obiettivo più frequente del suo stalking è Calculon, seguito da Elzar). Intersecando queste due caratteristiche, era pressoché scontato che prima o poi Bender iniziasse a fare il paparazzo. Naturalmente, da egocentrico competitivo qual è, era altrettanto scontato che il robot pensasse subito di puntare alla missione più ardita di qualunque paparazzo del XXXI secolo, ovvero ottenere una foto del volto di Langdon Cobb, universalmente riconosciuto come il più grande attore di tutti i tempi...  nonostante interpreti ogni ruolo (e si mostri in pubblico) solo ed esclusivamente con un sacchetto di carta sul capo (da cui la "baghead" del titolo). Bender riuscirà davvero a ottenere la foto di Cobb, ma questo lo porterà solo a scoprire che l'attore non è un umano, ma un "lichene quantico", un alieno parassita dell'attenzione composto da un'alga in forma umanoide e una parte fungina, che fungono (non ho saputo resistere al gioco di parole) rispettivamente da id ed ego collegati da entanglement quantistico. Sì, è un po' arzigogolato, ma credibile (quasi). Per questo, quando Cobb inizia a combinare qualche casino, non resta che individuare e distruggere il suo ego micotico, in modo da ripristinare la "forza vitale" delle persone da lui assorbite. Ma per sconfiggere l'ego, è necessario prima indebolirlo, ed ecco che Bender chiederà di nuovo l'aiuto di Calculon, che sfiderà l'attore rivale in un duello di recitazione.

La trama sembra un po' complessa, ma si svolge in modo digeribile, e anche se si trova qualche azzardo (in particolare, la già citata natura "psico-mico-quantica" del "lichene", che è un modo leggermente forzato di dare forma a un antagonista, considerando che è la prima volta che viene nominato) la storia procede come una normale avventura: introduzione-scoperta-problema-soluzione-missione-fallimento-twist. Ci sono poi alcuni riferimenti a celebrità contemporanee, soprattutto durante le prime fasi di paparazzaggio di Bender, che stonano con la natura di Futurama, che di solito si mantiene lontana dalla "pop culture". In questo senso, l'episodio riprende alcuni degli aspetti più negativi di altri come Attack of the Killer App, ma si presume che ogni tanto il pubblico gradisca anche questo tipo di battute. Al contrario, altre caratteristiche funziano in modo sorprendentemente efficace, come l'ostentata passione di Bender per la fotografia (che coi suoi quattro minuti per scegliere la lente giusta ricorda un po' il fotomaniacalismo odierno), e la recitazione di Calculon nel duello finale, che risulta davvero convincente (non sto scherzando!), come se tutto sommato il celebre robot sapesse davvero fare il suo mestiere, ma di solito non si prendesse la briga di impegnarsi. A questo proposito c'è un altro particolare che andrebbe notato, ma non lo cito perché dovrei spoilerare direttamente una parte del finale. Forse però ci torneremo in seguito.

The Thief of Baghead è uno di quegli episodi "monster of the week", che non racchiude una grande profondità di trama né di emozioni. Il livello delle gag è buono ma non ci sono situazioni esilaranti, per cui alla fine si arriva appena sopra la sufficienza. Voto: 6.5/10

Rapporto letture - Luglio 2012

A differenza di giugno, luglio è stato un mese produttivo, e sono arrivato alla fine con un punteggio di 7 libri assimilati. In parte però, come dicevo in quell'ultimo rapporto letture, bisognerebbe fare una media tra i due mesi, perché il voluminoso tomo che ho terminato nei primi giorni di luglio in realtà mi ha tenuto impegnato per buona parte del mese precedente. Ma alla fine dei conti, siccome la quantità importa poco, vediamo quali pagine ho maneggiato durante questi 31 giorni di afa.

More about Immodest ProposalsIl già citato libro che è stato letto principalmente durante giugno è una raccolta di William Tenn in lingua originale. Immodest Proposals è la parte 1 del suo omnibus, edito da NESFA Press (presso cui anni fa ho acquistato anche l'essenziale omnibus di Fredric Brown). Tenn non è forse un autore molto conosciuto, in particolare in Italia, eppure il suo contirbuto alla fantascienza, a partire dalla "età d'oro" fino a metà degli anni 60, è stato notevole, con centinaia di racconti pubblicati. Soprattutto, Tenn era uno scrittore profondamente immerso nell'ambiente fantascientifico, e nelle note che seguono a ogni racconto riferisce numerosi episodi che hanno per protagonisti personaggi come Theodore Sturgeon, Harlan Ellison, Robert Heinlein, John Campbell, Daniel Keyes e così via. Gli oltre trenta racconti spaziano argomenti vari, dal contatto con alieni al viaggio nel tempo, dall'esplorazione alla guerra, ma l'approccio è sempre originale e sorprendente. Un'attenzione particolare è riservata al conflitto tra i sessi (come il racconto The Masculinist Revolt), anche quando ne esiste uno solo (Party of the Two Parts) o sette (Venus and the Seven Sexes). Ci sono anche altri racconti notevoli, come Time in Advance, Winthrop Was Stubborn, Firewater, Lisbon Cubed eccetera. In generale il tono è spesso cinico a volte satirico (The Liberation of Earth), orientato al grottesco, ma riesce anche a farsi drammatico in alcune occasioni (Down Among the Dead Men, The Servant Problem). Nel complesso, l'antologia è sicuramente meritevole, perché illustra in modo completo la carriera di un vero professionista, e offre dei lavori ben svolti, con un paio di risultati mediocri ma mediamente di buon livello. Voto: 8/10


More about AutocrisiIl volume Autocrisi pubblicato da Urania Collezione raccoglie il romanzo breve del titolo e alcuni racconti di Pierfrancesco Prosperi, tutti a tema "automobilistico". Nel primo, dopo essere entrati in contatto con una civiltà aliena, gli umani pensano bene di esportare loro la produzione di autoveicoli, mentre un movimento di resistenza anti-auto si sviluppa e sfrutta gli alieni come alleati per ottenere la vittoria; nei racconti successivi è sempre presente un elemento paradossale che serve a mostrare come l'utilizzo compulsivo dell'automobile sia una perversione della società attuale. Ora, per quanto io mi trovi del tutto d'accordo su questa tesi si Prosperi, sinceramente mi sembra un'idea un po' debole di per sé per trarne tutto questo materiale. Le storie infatti, pur essendo di facile lettura, alla fine dei conti lasciano poco, e il messaggio risulta fin troppo didascalico. Voto: 6/10


More about Ieri e domaniUhm, qui in verità sto barando. Perché non ho materialmente letto questo Ieri e domani. Lo avevo scelto dall'armadio (perché buona parte dei libri li tengo nella parte superiore dell'armadio), ma quando sono arrivato ad aprirlo mi sono accorto che avevo già letto i due racconti lunghi di Allen M. Steele che contiene. Si tratta di La morte di Capitan Futuro e Dove gli angeli temono di avventurarsi, entrambi vincitori di un Hugo e che infatti avevo già letto nel volume I Premi Hugo 1995-1998. In ogni caso, dovendo giudicare solo questi due lavori, posso dire che si tratta di buone storie (il primo space opera, il secondo viaggio nel tempo), orientate principalmente all'azione con buoni risultati. Voto: 7/10


More about Una favolosa tenebra informeUna favolosa tenebra informe è invece un libro insolito (fin dal titolo, che sorprendentemente è quello originale, citazione di una poesia che non ricordo). D'altra parte Samuel Delany è a sua volta un autore molto particolare, che purtroppo conosco poco (ho letto solo Babel 17 e forse un paio di racconti vincitori dell'Hugo). Questo romanzo è ambientato sulla Terra, abitata da una popolazione di "mutanti" che non sono umani per loro stessa ammissione, e che hanno occupato il pianeta dopo che gli umani "se ne sono andati". Vivono in una sorta di organizzazione tribale, e alcuni hanno strani poteri, come il protagonista che è in grado di "assorbire" la musica pensata dalle altre persone. Dopo la morte di una sua amica, Lobey parte alla ricerca del modo per riportarla indietro e forse vendicarsi di chi l'ha uccisa, scoprendo un mondo confuso, in un viaggio che è probabilmente più allegorico che fisico. È difficile descrivere la trama e la scrittura, ma tutto il libro è impregnato di forti suggestioni, e anche se a volte non è ben chiaro cosa l'autore stia raccontando, non si ha mai la sensazione di essere di fronte a qualcosa di improvvisato (in alcune epigrafi inserisce frammenti del suo diario di quando stava scrivendo il libro). Il risultato è effimero, ma a suo modo profondo. Voto: 8/10


More about Il virus dell'odioPur pubblicato su Urania, Il virus dell'odio (Hater, in originale, ed è meglio lasciarlo così perché di virus non c'è traccia) è probabilmente un romanzo più vicino all'horror che alla fantascienza. David Moody racconta di un'improvvisa esplosione di violenza, prima come fenomeno isolato di pochi individui che improvvisamente attaccanto per uccidere persone a caso, poi via via sempre più diffusa, fino a che la popolazione si trova praticamente divisa in due fazioni. Il tema del "noi contro loro" è fin troppo evidente, anzi sono gli stessi hater (così vengono definiti coloro che attaccano all'improvviso), che al di là del loro odio sono del tutto razionali, ad affermare di dover uccidere "gli altri" prima di essere uccisi da loro. La storia potrebbe essere coinvolgente, perché si tratta di una sorta di apocalisse zombie con zombie molto più furbi, ma la gestione del romanzo non mi ha convinto: innanzitutto la narrazione in prima persona non sembra la più adatta, inoltre oltre metà del romanzo è spesa a illustrare la vita monotona e frustrante del protagonista/narratore, e nel finale non si ha nessun elemento su come le cose andranno a finire. Voto: 6.5/10


More about Slant/Slant è un romanzo degli anni 90 scritto da Greg Bear, uno degli autori che hanno plasmato il cyberpunk dopo la sua prima esplosione. Anche questo si può collocare nello stesso genere, visto che elementi base della trama sono le IA, le nanotecnologie, il sesso, capitali occulti che manovrano il mondo eccetera. Tutta la storia ruota intorno all'Omphalos (definito anche "slant" per la sua forma piramidale sghemba), un edificio che apparentemente dovrebbe funzionare da tomba per qualche migliaio di ultraricchi ma chi si rivela nascondere ben altro. Diversi personaggi (un mercenario, una star del prono sensoriale, un'agente di polizia, un'IA e il suo programmatore) si ritrovano tutti coinvolti in una spedizione all'interno dell'Omphalos, durante la quale si scoprirà un malefico piano messo in atto da alcuni estremisti per annichilire la popolazione mondiale, da tempo soggiogata a terapie e riscritture psichiche per sopportare l'alienazione della vita moderna. La storia ci mette più di mezzo libro a ingranare, e solo quando si arriva finalmente all'interno dell'Omphalos le cose iniziano a procedere, mentre tutta la parte precedente sembra una luuunga presentaizone dei personaggi con qualche nozione infilata qua e là. Inoltre è insolito che i capitoli abbiano un titolo fino al nono, e dal 10 in poi invece non siao presenti. Insomma, la storia è interessante, ma piuttosto disequilibrata. Voto: 7/10


More about Bacchiglione blues
Concludiamo con un libro che esula dai generi che pratico di solito: Bacchiglione Blues di Matteo Righetto potrebbe definirsi come un "pulp fiction de noantri", anche se la terminologia coatta è fuori luogo perché la storia è ambientata nella bassa padana, tra le piantagioni di barbabietola e soia che costeggiano il corso del fiume Bacchiglione. La storia segue alcuni criminalucci che cercano di sistemare le loro vite misere sequestrando la moglie di un ricco imprenditore (della barbabietola da zucchero, chiaramente), ma che si rivelano non troppo adatti a gestire la situazione. La narrazione segue principalmente il trio di bruti, spostandosi poi sull'imprenditore e sulla squadra da lui assoldata per liberare la moglie. La vicenda naturalmente andrà a finire male per tutti, ma non ci si poteva aspettare di meglio. La storia non è molto originale, ma nemmeno si sforza di esserlo, e non avvertono forzature. Più che la trama in sé, ad essere interessanti sono i personaggi, tutti abbrutiti e volgari, che sembrano rispondere solo ai loro istinti più primordiali (cibo, sesso, violenza). La scrittura non è sempre precisa, soprattutto in alcune occasioni il pov passa da un personaggio all'altro nel giro di un paragrafo. La lettura è comunque scorrevole (io l'ho tirato giù in poco più di un giorno) e concede qualche sorriso, per cui il giudizio è positivo. Voto: 7/10

Coppi Night 29/07/2012 - Midnight in Paris

Quando ho visto per la prima volta Midnight in Paris, un paio di settimane prima della data in calce a questo post, il mio primo pensiero è stato: "Sì, un film gradevole, ma di certo non potrebbe mai essere visto in una Coppi Night". Evidentemente, mi sbagliavo.

In ogni caso, ciò che intendevo quando ho fatto quella considerazione, è che Midnight in Paris è un film leggero, dove una storia appena accennata serve soprattutto a fare da sfondo a una serie di personaggi caratteristici, definizione che comprende tanto quelli contemporanei "inventati" che quelli storici "veri" (metto le virgolette perché naturalmente gli artisti presenti vengon resi in modo quasi caricaturale). Il protagonista, sceneggiature frustrato dalla prospettiva di scrivere "qualcosa di serio", la sua promessa sposa opprimente e ossessiva, l'amico di lei pedante e arrogante, i suoceri ostili, e così via: sono tutti personaggi stereotipati, che di fatto non hanno un vero approfondimento, visto che le loro vicende servono solo a dare l'idea del senso di inadeguatezza in cui si trova a vivere il protagonista. Da qui deriva la sua gioia nel trovarsi nella Parigi degli anni 20, che lui stesso indicava come sua epoca preferita, nella quale stringe rapporti con una serie di elementi notevoli, da Hemingway a Picasso, da Fitzgerald a Dalì. Quello che poi avviene, nei successivi balzi tra il 1920 e il 2010, non ha molta importanza, perché è solo un gioco di contrapposizioni dal quale, chiaramente, il protagonista uscirà rinvigorito.

Nonostante ci sia in un certo senso una forma di viaggio nel tempo, non si può certo classificare questo film come fantascienza: la comparsa nel 1920 infatti ha più il carattere di un incantesimo che di un fenomeno naturale, tant'è che avviene solo allo scoccare della mezzanotte. E in effetti, tutto il film ha un po' il sapore della favole, con questi miti del passato che tornano in vita per dare consigli allo sperduto uomo del futuro. Certo, per essere apprezzato, bisogna avere una certa conoscenza di base dei personaggi dell'epoca (io ad esempio non sapevo chi fosse Gertrude Stein) per poter cogliere allusioni e riferimenti. In questo modo si riesce anche a divertirsi con le interpretazioni date di ognuno di loro: i migliori sono sicuramente Hemingway, coi suoi discorsi sulla guerra, l'onesta e la boxe, e Dalì, con la sua fissa per i rinoceronti. Ci sarebbe anche da documentarsi se davvero tutte queste personalità fossero riunite proprio a Parigi in quegli anni, ma dopo tutto si tratta di una favola, quindi ci possiamo anche credere.

Alla fine, confermo quel mio commento iniziale: film gradevole, sicuramente non sconvolgente, ma che all'interno di una Coppi Night probabilmente non trova il suo miglior habitat.