Da non confondersi con The Cirle, film dell'anno scorso con Tom Hanks ed Emma Watson sui social network. No, Circle senza articolo davanti è un film di qualche anno fa, che da quando ho Netflix vedo sempre lì tra quelli proposti ma avevo sempre adocchiato con un certo scetticismo.
La storia è semplice, anzi, essenziale. Cinquanta sconosciuti in una stanza, impossibilitati a muoversi; ogni due minuti uno di loro viene ucciso da una scarica elettrica; possono decidere con una votazione chi verrà ucciso. Non c'è altro, tutto il film si basa sullo sviluppo di questa idea di base. Il meccanismo di fondo e le dinamiche che si sviluppano sono simili a quelle di altri film, ad esempio Cube (e il titolo mi fa pensare che la somiglianza non sia casuale) o The Exam. Tutte storie in cui un gruppo di persone che non si conoscono sono costrette a un gioco mortale di cui non sanno le regole, dal quale solo uno potrà uscire vivo.
Il nodo centrale di Circle è che i personaggi sono troppi perché si possa stabilire una qualche empatia con chiunque di loro. A qualcuno sono riservati pochi secondi di dialogo, altri sono più ciarlieri, ma la caratterizzazione è per forza di cose minima, in molti casi ridotta appena al modo di vestire. Questo in un film del genere può essere in un certo senso un vantaggio, perché porta lo spettatore a mantenere il distacco necessario ad accettare la semi-casualità della morte di ognuno; ma dall'altro lato, significa anche che allo stesso spettatotre non importerà niente se a morire al prossimo turno sarà la ragazza incinta o lo yuppy, il pastore o la professoressa. Possono formarsi delle simpatie momentanee, ma mai un attaccamento vero e proprio che provoca sconcerto quando il personaggio viene abbattuto.
Non potendo contare sui personaggi, bisognerebbe puntare sul meccanismo del gioco. Che putroppo, è in realtà abbastana confuso e con regole non sempre chiare. Anche volendo ignorare il fatto che il gruppo scopre troppo velocemente il sistema di voto, sembra che di volta in volta le regole cambino, soprattutto sulla questione degli spareggi. Non ho avuto voglia di contare i presenti e i voti da assegnare a ogni turno, ma sono anche convinto che in diverse occasioni le situazioni di parità non fossero in realtà possibili.
Infine, arriviamo ai temi. Che cosa vuole dire Circle? Un apologo sulla meschinità umana? Certo, ok, ma non c'era bisogno di tutto questo arzigogolo per arrivarci. Un'allegoria sui nostri pregiudizi, potrebbe essere. Spesso le conversazioni nel gruppo per decidere chi condannare vertono su alcune caratteristiche personali che rendono le persone "meno degne" di vivere: età, razza, famiglia, lavoro, religione, orientamento sessuale. Ma sono tutte comete, l'argomento emerge per il tempo di un paio di minuti e poi svanisce, quindi nessuno di questi ha davvero importanza. Sembra quasi che si volesse seguire una checklist: Prete nero? Check. Criminale latino? Check. Lesbica? Check. Ragazza madre? Check. Quelle che sono sullo schermo sono macchiette, non persone, per cui non si può davvero prendere sul serio i loro problemi di rappresentanza e discriminazione. Il finale poi, anche a volergli assumere significati che non sembra dichiarare, non aggiunge comunque nulla a quanto era già emerso prima.
Quindi cosa rimane? Ecco, ben poco. Certamente uno script che ha richiesto una scenografia molto economica, una singola stana con un po' di luci. Un giochino gustoso da vedere dall'esterno, ma che tirato per le lunghe si fa ripetitivo, non offrendo niente al di là della possiblità di scommettere su chi sarà il prossimo. Ridotto a cortometraggio di venti minuti avrebbe potuto funzionare, ma un'ora e mezzo a girare in cerchio è in effetti troppo.