Rapporto letture - Settembre/ottobre 2024

Fine estate impegnativa con diverse letture forzate per impegni e un paio di discorsi antipatici che mi tocca fare e porteranno ad argomenti più estesi, altrove da qui.

In realtà inizio con un recupero, perché mi ero dimenticato nel rapporto letture precedente che ad agosto avevo letto pure Solaris. O meglio, riletto, perché il capolavoro di Stanislaw Lem lo avevo già letto tanti anni fa, forse troppi, non abbastanza per essere in grado di capirlo davvero. Per questo ho pensato che fosse il caso di provare a rileggerlo (nella nuova traduzione pubblicata da Sellerio) per vedere come mi sembrava adesso che sono forse un po' più maturo del diciannovenne (o anche meno) che lo ha letto la prima volta. E vabbè, che vi devo dire. Mica avete bisogno che vi parli io di questo libro, no? Per me è tutto quello che la fantascienza dovrebbe essere, fare e dire. Lem si conferma una delle mie guide spirituali, l'obiettivo che non raggiungerò mai come scrittore. Sono anche in difficoltà a dare un voto perché, davvero, con che diritto assegno un numero a una cosa del genere.

Iniziato durante l'estate ma finito a inizio settembre, Tomorrow and Tomorrow and Tomorrow è una lettura su cui ero partito con una certa diffidenza. Avevo sentito parlare di questo "romanzo sui videogiochi" di Gabrielle Zevin, ambientato tra la fine degli anni 90 e il 2000, e temevo un'operazione notalgia per millennial malinconici. Invece si è rivelato meglio costruito di quello che pensavo, con la storia dei due amici game developer che lavorano assieme dai tempi della scuola fino all'età adulta, perdendosi e ritrovandosi, litigando e facendo pace, mentre il mondo attorno a loro cambia insieme alle loro vite. È un libro che rappresenta bene il rapporto tra due persone che collaborano da una vita, e tra i quali scorre anche un filo di romanticismo che però non trova mai soddisfazione. Mi è sembrato che nella parte finale andasse a forzare un po' la situazione, quando uno dei personaggi secondari fa una brutta fine, mi è sembrato un meccanismo artificioso per portare nuovo conflitto tra i protagonisti, ma in generale è trattato tutto molto bene, con un uso intelligente del narratore onniciente (probabilmente ne parlerò sul canale) e il giusto spazio al game design. E soprattutto, niente notalgia per i perduti anni 90. Voto: 8/10

Quelli che seguono sono i tre romanzi finalisti del Premio Mondofuturo, la prima edizione di un premio letterario per romanzi di fantascienza organizzato nell'ambito del Trieste Science+Fiction Festival di cui sono stato giurato. Li ho letti tutti nel corso di settembre perché appunto dovevo fornire la mia valutazione in tempo. Devo ammettere che non è andata benissimo, i tre finalisti (selezionati da una commisione interna) mi sono sembrati tutti poco adeguati, di certo non il meglio che si potesse trovare nella fantascienza italiana del 2023 (di questo ho parlato durante le riunioni con la giuria, ed è stato preso in considerazione, per cui non sto accoltellando nessuno alle spalle). Iniziamo dal primo, Prigionieri dell'effimero di Nino Martino, a mio avviso il peggiore in assoluto. Il romanzo è ambientato sul pianeta utopico di Sogno III (che però, in un'occasione diventa inspiegabilmente Mango III, wtf!?), occupato da una comunità che potremmo definire di hippy spaziali dediti ai giochi di ruolo (tanto che obbligano tutti gli stranieri in visita a partecipare a una sessione di roleplay perché così possono tracciare la loro personalità). Su questo pianeta perfetto è avvenuta la morte di una scienziata/poetessa, che si sospetta essere un omicidio ma di cui non si riesce a scoprire moventi e colpevoli. Dell'indagine sono incaricati due fratelli, agenti di una qualche forza d'ordine interplanetaria (e figli dei protagonisti di storie precedenti dell'autore) che sono l'esempio più efficace di bamboccioni privilegiati dal nepotismo. I due protagonisti infatti sono degli inetti totali, non hanno una singola qualità o expertise, non arrivano a una sola deduzione logica ma lasciano che sia la loro IA ginoide (che ha accesso a tutte le informazioni del mondo e capacità di calcolo infinite) a mettere insieme i pezzi, mentre il resto viene svolto in videochiamata dai genitori che se ne stanno nella loro villa a prendere il tè. L'unica cosa che sono in grado di fare i fratelli è punzecchiarsi a vicenda (a volte con uno strano innunendo erotico), chiedere alla IA di fare qualcosa al posto loro, osservare i corpi delle donne (umane o robotiche o olografiche non importa) che per qualche ragione hanno sempre queste vesti leggere che scoprono i seni, e guardare dalla finestra della loro astronave a fine capitolo in modo che si possa concludere con uno scorcio di uccelli che volano contro il tramonto. La parte investigativa è del tutto assente, priva di qualsiasi tensione perché ogni cosa viene risolta offscreen, piena di red herring che non portano da nessuna parte e risolta poi semplicemente con un interrogatorio che sarebbe potuto facilmente svolgersi al giorno 1. Le brillanti deduzioni proposte sono in realtà le informazioni di base che gli investigatori avrebbero dovuto avere sul caso, per esempio il fatto che la vittima fosse una poetessa di fama interplanetaria con un fandom di cultisti dovrebbe stare nei file dell'indagine, no? E invece no, quando lo scoprono pare una grande rivelazione. Ci sono sicuramente degli spunti fantascientifici che hanno un qualche valore ma non sono niente di diverso da quello che si leggeva nel 1945 e sono accrocchiati dentro una storia che non li supporta, quasi per ficcare temi "importanti" (l'arte, la vita, la morte) e dare così di riflesso profondità al libro. Una cosa che mi ha fatto particolarmente incazzare per la sua illogicità è che la tipa che è stata uccisa (una nigeriana nerissima con i denti bianchissimi, cosa che ci viene fatta notare a ogni occasione) era una biologa che seguiva la terraformazione del pianeta, ma al tempo stesso una poetessa "effimera" nel senso che le sue poesie diffuse in rete avevano un codice intrinseco che le faceva sparire dopo un giorno. Ecco, proprio perché lei usava questo codice di autodistruzione dei suoi post su tumblr, è capace di ricavare che nel codice genetico delle piante di Sogno III è presente un gene che porta all'autodistruzione nel giro di qualche generazione. Cioè capito, è come dire che siccome so come fare un header in html allora se leggo il DNA di un cammello so quali geni compongono la testa. E tutto ciò riguarda solo quella che è la costruzione della storia, ma la scrittura stessa è di un livello infimo. Ripetitiva, farraginosa ma al tempo stesso vuota, e i dialoghi in particolare sono spesso surreali, i personaggi hanno delle interazioni inconsequenziali, parlano tra loro come se metti Siri e Alexa a rispondersi a vicenda. Ci sono poi alcune espressioni lessicali curiose, come per esempio l'uso reiterato di "qualche cosa" in vece di "qualcosa", che forse era prassi nel ventennio, ma oggi, ecco, la lingua corrente è un po' aggiornata. Nota di demerito per il male gaze rivolto a questi corpi sinuosi e capezzoli sporgenti che emerge in ogni capitolo, e quella punta di paradigma colonialista con le razze non bianche ritenute "esotiche". Un romanzo veramente brutto sotto tutti i punti di vista, che non rende assolutamente giustizia al livello della fantascienza contamporanea. Voto: 4/10

Secondo libro della tornata era Il dio elettrico, del pressoché esordiente Federico Tamanini. Qui la storia inizia da una IA globale che prende il controllo e decreta che la sopravvivenza dell'umanità richiede dei sacrifici, impone quindi a ogni nazione di scegliere una possibile strada per evitare l'estinzione: vita sotterranea, svolta ambientalista, emigrazione su Marte ecc. La premessa, per quanto certo non originale, ha comunque un potenziale, perché conduce a un mondo diviso in zone in cui ognuna pratica una strada diversa sotto il giogo di quest'entità malevola, un po' come se AM di Harlan Ellison per qualche motivo avesse a cuore la continuazione dell'umanità ma non perdesse il suo odio per i creatori. Purtroppo a partire da qui la trama si fa dispersiva, con un tentativo di romanzo corale che però rimane solo fuori fuoco, dato che le vicende di buona parte dei personaggi non hanno nessun impatto sulla storia e si concludono senza una vera risoluzione. Inoltre il finale è un deus ex machina terribile, con l'IA onnipotente che viene battuta perché il suo programmatore aveva già previsto un codice per disattivarla alla bisogna e doveva solo trovare il modo di avvicinarsi, per cui tutte le azioni costruite fino a quel momento appaiono del tutto irrilevanti dato che la soluzione c'era già. Di buono c'è che alcune sequenze di azione sono condotte benino e alcuni personaggi hanno storie personali abbastanza interessanti, ma tutto ciò rimane annacquato nella mediocrità del resto. La scrittura anche qui ha difetti macroscopici, con sezioni di infodump (una in apertura al libro che descrive tutta la situazione, tanto che sembrava il riassunto della stagione precedente di una serie tv) e problemi anche a livello di sintassi, spesso nei dialoghi non si capisce chi parla i soggetti delle frasi balzano da una frase all'altra. Anche le mere convenzioni tipografiche sono ignorate, per esempio nella formattazione dei dialoghi. Una convenzione banale come quella di usare il corsivo per i pensieri inframezzati ai dialoghi qui è ribaltata, con i dialogue tag che decrivono le battute in corsivo, e i pensieri tra virgolette (wtf!?). Roba che basterbbe aver letto due libri negli ultimi trent'anni per aver notato come viene svolta di solito. Naturalmente su questi aspetti la responsabilità va imputata all'editore, perché se decidi di pubblicare un testo che magari ha delle imperfezioni tecniche, ti incarichi di metterlo a posto, e invece qui non è successo. Nel complesso non mi sento di squalificare troppo il libro, perché l'autore è alle prime armi e qualche spunto interessante è presente. Questo è uno dei casi in cui l'intervento di un buon editor avrebbe potuto tirare fuori da un'opera grezza e approssimativa un prodotto quanto meno discreto. Non posso assegnargli la sufficienza ma ho una moderata fiducia nelle possibilità di Tamanini, se avrà la pazienza di mettersi a studiare e lavorare meglio sui suoi testi. Voto: 5/10

L'ultimo finalista del premio è considerato uno dei maggiori esponenti della fantascienza italiana, e appartiene a quella cerchia di "autori urania" che spesso vengono presi a rappresentaione dell'intera scena fantascientifica. Di Piero Schiavo Campo credo di aver letto un paio di racconti (sulle antologie estive di questi anni) ma Il viaggio della Electra Persei è il primo romanzo. Anche questo si apre con un lungo infodump che è letteralmente il riassunto delle puntate precedenti perché fa riferimento a fatti e nozioni derivanti da Il sigillo del serpente piumato, con cui questo romanzo condivide l'ambientazione in una galassia che sfrutta il paradigma della simulazione, in cui esistono esseri e poteri sovrannaturali che corrispondono agli sviluppatori del nostro universo. In questo la storia si svolge come una space opera classica, con protagonsita un diplomatico che si ritrova coinvolto in traffici loschi e assiste alla distruzione della Terra. Per ripristinare il pianeta natale deve accettare la sfida di uno di questi esseri superuniversali, che sfortunatamente anche qui si conclude con l'intervento di un deus ex machina... indovina? Un'IA superintelligente, anche qui. Ci sono idee interessanti, come gli scacchi infiniti e il pianeta che riproduce l'inferno dantesco, ma anche questi sembrano rimanere al livello di curiosità, non sono mai troppo approfonditi e integrali nella vicenda. La narrazione ogni tot capitoli viene interrotta da parti in cui una voce narrante (quella dell'autore?) illustra alcune nozioni sul multiverso, la probabilità, i viaggi nel tempo ecc. Informazioni interessanti, che però non è chiaro come si inquadrino nella vicenda complessiva, da che punto della storia derivino e sembrano del tutto extradiegetiche, quando ci sarebbe stato modo di farle emergere dalla storia. Nel complesso questo è un romanzo leggibile, la scrittura è precisa e pervasa da un velo d'ironia che la rende piacevole, ma non brilla sicuramente né per innovazione né per stile, sembra un po' di leggere certe cose che scriveva Farmer negli anni 60. Voto: 6/10

Chiuso il sottocapitolo del premio, passiamo ad altre letture. Avevo fatto un po' indigestione di fantascienza per cui mi sono dovuto disintossicare e ho pensato di farlo con Bugifera, l'ultimo capitolo della saga del Regno di Taglia di Jack Sensolini e Luca Mazza. Se vi ricordate qualche mese fa avevo letto Apocalemme e mi aveva conquistato, e il fatto che a così breve distanza abbia letto il successivo mi sembra rivelatorio. Bugifera chiude l'esalogia (novelle incluse) iniziata con Vilupera qualche anno fa, e riprende dalla fine del precedente, con la guerra infernale che sta per travolgere tutto il Regno. A opporsi alla discesa dei demoni ci sono i Fratelli di Taglia, soldati rinnegati che si incaricano di combattere la guerra che il re aveva cercato di condurre da solo. La storia segue due piani principali, uno con i preparativi alla guerra (che intrecciano molte delle vicende e personaggi incontrati nei volumi precedenti) e l'altro con la processione (Via Trucis) con cui uno dei protagonisti viene torturato per compiere un rito demoniaco che porterà all'evocazione dell Bugifera, la "Fiera del Vespro" che dovrebbe portare il mondo alla rovina totale. Come hanno già dimostrato, gli autori hanno uno stile unico e un'intensità rara nel raccontare le gesta di derelitti e antieroi, che come dicevo per Apocalemme bilancia dramma e farsa in un modo impeccabilel che mi ricorda i migliori spaghetti western. In questo caso devo ammettere che mi è piaciuta di più la parte di processione/rituale, che ha dei momenti di estrema truculenza ma mantiene il tono epico/biblico, mentre la guerra è forse un po' affrettata nelle parti iniziali, ma diventa poi più convincente andando avanti. Nel complesso si respira un'atmosfera quasi nostalgica, si percepisce che quella che stiamo leggendo è la fine di qualcosa (di una saga, di un'era, di un regno, e di tante persone) e questo lo rende a suo modo diverso da tutti i precedenti. Apocalemme rimane il mio preferito ma questo è una più che degna conclusione. Voto: 8/10

La bellezza è un libro che mi era stato segnalto fin dall'uscita perché parla di funghi che contaminano e ibridano gli umani, e l'ho finalmente letto (in preparazione del podcast sui funghi) e posso dire che sì, ha molti tratti in comune col mio Spore (che però è uscito prima, ecco). In questo romanzo Aliya Whiteley racconta di un mondo in cui le donne sono scomparse, e una piccola comunità di soli uomini viene visitata da donne-fungo che diventano compagne e amanti, perché si sa, gli uomini scoperebbero qualsiasi cosa con una parvenza di mammelle. Il romanzo si inserisce nel filone new weird, con tanti discorsi su questa "bellezza" che visita l'uomo e come la comunità viene cambiata dall'incontro, non necessariamente positivo visto il potere seduttivo quasi soprannaturale di questi funghi le cui intenzioni non sono ben chiare (e come potrebbero esserlo, sono funghi). Un buon romanzo, a mio avviso un po' preveidbile, ma forse perché sono abituato a questo tipo di storie e forse anche perché l'avevo già scritta prima io. Voto: 7.5/10


Infine mi sono letto un quasi Premio Strega, ci credete? Invernale è stato finalista all'ultima edizione e ho dovuto leggerlo per presentare Dario Voltolini a Pistoia. In realtà non sapevo bene cosa aspettarmi e forse se l'avessi saputo non avrei accettato. Non perché il libro non sia valido, ma perché tocca temi a cui sono fin troppo sensibile. È la storia della malattia del padre dell'autore, scritta in occasione del quarantesimo anniversario della morte dell'autore. Questo è un argomento che non riesco ad affrontare con lucidità (vi ricordate La strada?) ma al di là della mia sensibilità posso dire che il libro (che non so se si può classificare come romanzo, è quasi una cronaca, non è costruito come una storia) è scritto con grande maestria e colpisce dove deve. È una lettura che per chi ha vissuto un'esperienza del genere può essere traumatica o terapeutica. Non so se consigliravelo, decidete voi. Non posso dare un voto in casi come questo.


Fantascienza - Storia delle storie del futuro

Dopo quindici anni di carriera è strano poter dire che sta uscendo di nuovo il "mio primo libro". Perché Fantascienza - Storia delle storie del futuro è in effetti una prima volta per me, perché è la mia prima pubblicazione non di narrativa. Ed è anche la prima volta che non scrivo da solo ma in coppia con Angela Bernardoni, con cui immagino sappiate già, collaboro già da diversi anni per articoli, podcast e riviste.

 

Di fatto FSSF (come lo chiameremo d'ora in poi) è nata proprio come evoluzione di una serie di episodi di Reading Wildlife in cui abbiamo ripercorso la storia della fantascienza. L'esigenza nasce dal fatto che, ci siamo accorte, là fuori non c'è tanto materiale disponibile e facilmente fruibile per chi volesse farsi una rapida e sommaria cultura di fantascienza letteraria. Ovvio che ci sono saggi, articoli e wiki, ma sono fonti dispersive e spesso troppo vaghe o troppo specifiche, e per chi non ha familiarità e interesse già maturato rispetto al genere è facile lasciarsi sopraffare e mollare tutto. Soprattutto per lettori giovani e volenterosi, ma poco pazienti.

FSSF non è un testo per specialisti, ma piuttosto un "Fantascienza for dummies" che abbiamo voluto dedicare a chi ha interesse a scoprire questo genere ma non l'ha mai fatto, o per chi è rimasto al 1984 o per chi non è ancora sicura che la fantascienza le piaccia o no. Abbiamo tracciato un percorso storico/critico che procede in ordine cronologico, dalla proto-protofantascienza fino al solarpunk, parlando di movimenti, tendenze, correnti, topoi, autori, autrici, titoli, premi. E anche problemi, limiti, dubbi, perché ci sono anche quelli, da sempre, ed è bene che siano espressi.

Quello che vogliamo fare è rendere la fantascienza accessibile anche a chi non la frequnta quotidianamente, come facciamo noi da tanto tempo, e non si rende conto che da fuori è difficile capire di cosa stiamo parlando. Anche per questo la pubblicazione con Armillaria, casa editrice non di genere, che si dedica alla saggistica di temi vari, serve a portare questa materia al di fuori del solito giro.

Fantascienza - Storia delle storie del futuro sarà disponibile in libreria dal 28 novembre, ma è già preordinabile sul sito dell'editore.


Rapporto letture - Luglio/agosto 2024

Sono talmente in ritardo con questi rapporti che potrei farli diventare trimestrali. Ma questa estate, e in particolare il periodo a cavallo tra agosto e settembre, è stata particolarmente faticosa e stressante, quindi anche se ho letto abbastanza non ho avuto moltissimo tempo da dedicare a un post di commenti approfonditi e il poco tempo che avevo per il blog l'ho dedicato ai commenti su Futurama che capirete bene hanno la priorità. Comunque è stata un'estate non solo di letture per "piacere" ma anche per ricerca, per scopi che vi saranno presto chiariti.

Visto che quest'anno non avevo consumato abbastana Dune (chissà come farò il prossimo) uno dei libri consumati in questi mesi è stato I segreti di Dune, un saggio di Paolo Riberi e Giancarlo Genta che approfondisce molti aspetti della costruzione e della lore del romanzo di Frank Herbert (principalmente il primo, ma con accenni anche al resto della serie originale). Vengono esaminati aspetti come le ispirazini storiche e letterarie, la visione religione e filosofica, la politica e la tecnologia. Molti dei riferimenti citati li conoscevo o li avevo comunque sentiti, ma ce ne sono stati alcuni che mi sono suonati del tutto nuovi e anche molto interessanti. In particolare tutta la questione del legame con l'islam e in particolare per alcune specifiche correnti, che non avevo mai approfondito. Ovviamente si tratta di un saggio per appassionati e addetti ai lavori, e il fan occasionale probabilmente faticherebbe ad assimilarlo, ma visto che a Shai Hulud piacendo rientro nella prima categoria, l'ho trovato affascinante e illuminante.

Per rimanere nello stereotipo della mia personalità dichiarata, dopo Dune passiamo ai dinosauri. Mi sono infatti deciso a leggere un piccolo cult dei dinomaniaci, il romanzo scritto dal paleontologo Robert Bakker con protagonista un'utahraptor. Raptor Red è stato un piccolo fenomeno all'epoca, certo non un successo mondiale (anche se comunque si è difeso benissimo) ma insomma un libro di cui si è parlato molto negli ambienti della paleontologia e affini. La storia della raptor rimasta sola, che deve lottare per sopravvivere nell'inospitale Utah di 120 milioni di anni per poi ricostruirsi una famiglia, è costruita proprio come uno di quei documentari "narrativi" più avvincenti, solo con gli animali del mesozoico. Raptor Red è la protagonsita ma i capitoli spesso si dedicano ad altre creature sue coeve, illustrandone la biologia e il comportamento, per quanto ne possiamo dedurre. Bakker specula forte, e si lascia andare a ipotesi libere sull'ecologia dell'ambiente che descrive, raccontando un habitat di cui sappiamo molto poco. Tuttavia il suo racconto è al passo coi (suoi) tempi e descrive comunque un mondo vitale, variegato, interconnesso, che riesce a dare forma e dignità a un'epoca spesso ridotta a caricatura. Detto questo, il romanzo è obiettivamente scritto male, con una quantità di ridicole onomatopee che sfiorano il futurismo, e una prosa in generale goffa. Un libro da non considerare per il suo valore letterario, piuttosto come la sceneggiatura di un documentario che non potremo mai girare. Voto: 7/10

Torniamo poi a qualcuno che scrive per davvero, con il "primo romanzo fantasy" pubblicato da Zona 42, ovvero La resa di Vargas. La storia è quella di due figure archetipiche, Eroe e Necromante (quest'ulimo è un po' il classico Signore Oscuro), che da sempre sono contrapposte nella battaglia tra bene e male e hanno dato origine a ogni mito e leggenda della storia, ma a un certo punto decidono di deporre le armi e abbandonare la loro guerra millenaria, lasciando l'umanità libera di decidere il proprio destino invece di continuare a usarla per combattersi. Durante questa resa, i due continuano a frequentarsi, e mentre il Necromante è immortale e immutabile, l'Eroe è invece un semplice umano che si reincarna ogni volta in individui diversi. Li conosciamo quindi in un paesino della provincia italiana, con l'Eroe che al solito cerca di mantenere un basso profilo ma pur vivendo nel corpo di una bambina si trova a scatenare di nuovo una guerra per i suoi ideali di libertà. La storia poi si ripete anche dall'altra parte del mondo, con l'Eroe inconsapevole che mette su un team di supereroi e si ritrova coinvolta nelle rivolte della popolazione afroamericana contro i soprusi della polizia. Il libro è volutamente ironico e grottesco, e il Necromante spicca come personaggio mostruosamente adorabile, perché i cattivi sono pronti a smembrare il prossimo sono sempre più simpatici. La prima parte è indubbiamente la più spassosa, perché l'impressione è quella di un Good Omens ambientato al paesello, con una surreale sovrapposizione tra scontri epici e vita di provincia. La seconda parte cambia un po' di tono e forse è meno fresca, perché vira troppo nel supereroistico, e sembra invece un Kikc-Ass coi mostri di carne. Nonostante la mole è comunque una lettura veloce e divertente, ma non per questo superficiale, proprio una di quelle che fa ridere ma fa anche riflettere. Voto: 7.5/10

Dai necromanti ai non-morti veri e propri, con un bel racconto di zombie: Cristiano Brignola si inventa gli zombie incel in L'estate in cui sono marcito. I morti viventi li abbiamo visti in tutte le salse e fluidi corporei, come allegoria di tante cose brutte (consumismo, razzismo, nichilismo) ma questa è la prima volta in cui sono usati come rappresentazione di una incapacità di accettare il rifiuto e gestire i sentimenti. Il protagonista infatti è stato lasciato dalla ragazza e continua a fissare la sue foto con il nuovo fidanzato, e gradualmente si accorge che sta marcendo. Il suo ragionamento è collegare le due cose, ovvero che il disfacimento del corpo deriva dall'ingiusto trattamento che ha subito il suo cuore spezzato, e potremmo inzialmente empatizzare con lui se non fosse che poi si lascia trascinare in un gorgo di malvagità quando entra in contatto con gli altri ragazzi dal cuore spezzato che attribuiscono alle donne che li hanno lasciati o non li hanno mai voluti la colpa della loro decomposizione. Il gruppo sviluppa presto dinamiche tipiche di queste sottoculture rancorose, con un suo lessico e azioni dimostrative e violente che fanno porre diversi dubbi anche al protagonista. Una novella forte, che prende un tema abusato ma lo interpreta in un modo nuovo e attualissimo. Voto: 8/10

Visto che come forse sapete questa è stata un'estate anche di scrittura e di studio, tra i testi consumati ce ne sono anche alcuni "da consultazione", come Scrivere fantascienza di Robert Silverberg, che raccoglie articoli e interventi di uno dei massimi autori della fantascienza americana, e forse l'unico dei grandi maestri dell'età classica della scifi ancora in vita. Silverberg si presenta subito come molto critico nei confronti dell'ambiente della fantascienza in cui è cresciuto, anche se ne ha fatto parte fin dall'inizio ne ha visto molti dei limiti e ne parla senza timore. È interessante vedere come il mondo editoriale degli USA in quegli anni fosse totalmente diverso da quello che ci aspettiamo noi oggi, ma nonostante questo molte dinamiche di amichettismo e gatekeeping sono riconscibilissime. Molto curiosi (e in certi casi struggenti) anche i coccodrili che Sturgeon, in quanto ultimo sopravvissuto della cerchia, ha scritto per la dipartita dei vari colleghi nel corso degli anni. Mi ha fatto piacere soprattutto scoprire gli aneddoti su Harlan Ellison, con cui a quanto pare ha avuto un rapporto molto stretto. Un testo per appassionati e connaisseur, ma di grande valore.

E infine sempre per la parte formativa dell'estate 2024, ho finalmente letto un libro che avevo in libreria da anni e anni, un saggio di Roberto Paura (direttore dell'Italian Institute for the Future) che come dichiara il sottotitolo fa da "introduzione alla speculative fiction" e incidentalmente porta il miglior titolo possibile: Il cielo sopra il porto. Paura declina questa introduzione in una serie di temi ricorrenti nella fantascienza ma non solo, perché tocca anche il werid e il fantasy, con una lunga trattazione dedicata anche a Tolkien e Lewis. L'approccio forse non dà un quadro completo ma dà molti spunti interessanti, mettendo in relazione testi e argomenti che non sempre vengono correlati, proprio per la tendenza a considerare i generi e le epoche come comparti stagni che non comunicano tra loro. Mi verrebbe da dire che forse come "introduzione" non sarebbe ottimale, perché qualcuno che non abbia già una certa familiarità con questi testi e generi forse non avrebbe un punto di riferimento da cui partire, tuttavia come approfondimento su temi specifici è sicuramente molto efficace.


Futurama 9x10 - Otherwise / Realtà alternative

E così ci siamo di nuovo. Siamo al quinto finale di Futurama. Ricordiamo infatti che quando Hulu ha commissionato i nuovi episodi, ne sono stati prodotti venti, che hanno composto i due blocchi da 10 della stagione 8 e 9. Per questo l'ultimo episodio della stagione 8 non era inteso come possibile finale della serie, ma questo invece sì, perché non c'era nessuna certezza che ce ne sarebbero stati altri. Poi le cose sono andate bene, e tra un blocco e l'altro Hulu ha richiesto altri 20 episodi, ma ormai Otherwise era già stato preparato, e quindi avrebbe potuto essere il finale finale (di nuovo) dell'intera serie.


Si era già speculato sul titolo (orribilmente trasposto in italiano) e la sua affinità con Meanwhile, e infatti il collegamento con il precedente finale è diretto. Fry infatti subisce l'influsso del multiverso e recupera i ricordi della realtà alternativa in cui lui e Leela hanno vissuto insieme fino alla vecchiaia in un universo fermo nel tempo. Da qui inizia l'ossessione per scoprire che cosa è successo, e la minaccia di una nave fantasma che sembra essere il relitto della Planet Express che ha subito danni fatali all'inizio della puntata.

Devo dire che l'inizio con la dismissione dell'astronave mi stava quasi facendo commuovere, perché davvero la PE è quanto mai rappresentativa di tutto quello che succede in Futurama, e vederla abbattuta e persa per sempre era davvero un peccato (probabilmente mi ha risvegliao ricordi traumatici di Battlestar Galactica). Da lì si entra poi nella parte della storia in cui Fry subisce i dejà vu, fino alla battaglia finale a bordo della nuova Planet Express.

La puntata è sicuramente valida, e riesce a tenere bene il ritmo pur cambiando continuamente situazione. Forse però il dramma di Fry rimane anche troppo tangenziale al procedere della storia, e non viene mai sviluppato a fondo il modo in cui perscepisce una storia dimenticata, tutto quello che succede sono dei flash dai quali si ritrova privo di sensi. Inoltre, anche se la conclusione è a suo modo romantica (ed è una scelta perfetta che a sposare Fry e Leela sia proprio Zapp), il fatto di resettare di nuovo la coppia nel momento in cui riesce a raggiungere la sua unione definitiva è un po' on the nose, e anzi proprio perché sappiamo che per qualche ragione questa cosa non avverrà mai nel canone della serie, appena si vede accadere capiamo che quello che sta succedendo in qualche modo non è "reale" e sarà riscritto. E infatt il plot twist dell'universo alternativo (abbastanza intuitbile dal titolo) ripristina la situazione di partenza. Insomma un altro uso del reset button nel rapporto Fry/Leela che credevamo di esserci lasciati indietro dopo il quarto film.

C'è anche da dire che nel 2024 questa pressione per il matrimonio comincia a diventare anacronistica. Dopo tutto Fry e Leela stanno insieme come coppia stabile da anni, convivono e condividono tutto: è davvero importante che siano ufficialmente sposati, a questo punto? Forse si potrebbe trovare qualche obiettivo nuovo, meno burocratico e più concreto, per dare forza alla loro relazione.

Insomma, se da una parte l'episodio di per sé funziona, inteso come finale di stagione e potenzialmente di serie rimane più debole, e già rispetto al finale della stagione 8 a mio avviso risulta inferiore, sia dal punto di vista del sense of wonder che della forza emotiva. Fortunatamente sappiamo che, almeno nel nostro universo, avremo altri 20 episodi di Futurama, quindi possiamo rimandare le preoccupazioni al prossimo finale di serie ever. Voto: 7/10


Futurama 9x09 - The Futurama Mistery Libbery / Il mistero della libberia

Ogni stagione di Futurama ha il suo episodio non-canon suddiviso in tre ministorie accomunate da un tema proposto in tre variazioni. Queste puntate (nella tradizione di quelle di Halloween dei Simpson) sono spesso degli hit-or-miss, perché possono essere molto gustose o molto fiacche. Quella della stagione 8 per esempio, è stata una degli episodi peggiori ever della serie, a mio avviso. Difficile fare peggio di così.

 

Infatti il tema di questo episodio è quello delle storie del mistero per ragazzi, basate su tre prodotti di successo (libri o cartoni) che sono stati riadattati coi personaggi e il contesto di Futurama. Il problema stavolta è soprattutto quello di distanza culturale, perché due dei tre prodotti di origine mi erano sconosciuti, e sono probabilmente noti al pubblico americano ma non oltre, per cui è difficile cogliere le reference, che in puntate di questo tipo sono una parte consistente del valore.

Nel primo segmento la protagonisa è Leela che cerca di risolvere il mistero di alcuni oggetti scomparsi, e la puntata sembra assumere un twist quando dal libro iniziale si passa poi a un libro-nel-libro, che avrebbe potuto dare origine a una struttura ricorsiva ma invece finsice lì. La soluzione è simpatica, ma non così brillante.

La seconda parte è quella che ho gradito di più, forse proprio perché l'ho riconosciuta: Fry è un equivalente di TinTin, l'investigatore storico francese che gira per il mondo a scoprire misteri archeologici. In questo caso i diversi personaggi coinvolti sono tutti una trasposizione azzeccata di quelli originali, e la soluzione del furto di reperti ha un twist efficace.

Nel terzo Bender è la trasposizione di un tale Billy Encyclopedia di una serie mistery per ragazzi, anche qui in cerca della soluzione di un caso di sparizione, che viene poi spiegato con il cameo finale di Niel DeGrass Tyson. Un deus ex machina simpatico ma che tronca un po' la vicenda.

Per la media di questi episodi è sicuramente da apprezzare, ma rispetto a una puntata regolare è piuttosto scarso, e sembra sempre che si sprechi l'occasione di fare qualcosa di davvero ambizioso, una volta privi dei limiti imposti dal canone della serie. Voto: 5/10