Moff's back baby!
Vedere il nome di Steven Moffat sulla title card è stato subito un momento di grande sollievo. Non ho mai fatto mistero del fatto che Moffat sia il mio scrittore preferito di DW, quello che maggiormente riesce a sfruttarne le potenzalità, e probabilmente anche quello che utilizza di più le gimmick fantascientifiche (dal che forse deriva il mio maggior interesse). Ma del ruolo e della scrittura di Moffat ho parlato già in un video su Story Doctor OFF quindi vi rimando a quello se volete approfondire il mio punto di vista. Qui rimaniamo su Boom.
In piena tradizione Moffat (don't blink, don't breathe, don't dream) questo episodio mette il Dottore nelle condizioni di non fare qualcosa: don't move, nello specifico. Bloccato su una mina (premessa affine a quella del film Mine), il Dottore è costretto a non muoversi e non usare nessuno dei suoi strumenti di risoluzione più tipici: il tardis, il cacciavita e la corsa. Gli rimane solo la parola, che insomma, per il Dottore non è poco.
Da qui inizia quindi la progressiva opera di convincimento prima di Ruby, poi dei soldati chierici che stanno combattendo la guerra, per intervenire e fermare il conflitto, così che la mina si disattivi prima di eliminare lui e buona parte del pianeta. È quindi tutta una battle of wits, dove il Dottore non solo è fermo ma anche vittima degli attacchi degli altri, e impossibilitato a intervenire per salvare Ruby. Non capita di frequente che Dottore e companion vengano colpiti, quindi vederlo succedere fa sempre una certa impressione.
L'abilità di Moffat (come dettaglio meglio nel video linkato sopra) sta nel collegare tra di loro i vari elementi di worldbuilding e relazioni tra i personaggi in modo da rendere appassionante e ricca di rivelazioni quella che è sostanzialmente una conversazione ferma in un unico posto. Nelle mani di altri sceneggiatori già l'idea di base sarebbe bastata per costruire tutto l'episodio, ma qui si riesce anche ad ampliare il raggio e includere il discorso sulla guerra e la sua inutilità, sulla disumanità e l'insensatezza dei conflitti che possono essere portati avanti senza criterio da algoritmi automatizzati. E non mancano anche i momenti emotivi, a partire dalla canzone iniziale fino alle catchphrases ripetute.
Volendo trovare un punto da criticare, forse la bambina sembra fin troppo ingenua e impermeabile a quello che succede intorno a lei, soprattutto all'età che dovrebbe avere pare che ragioni come un'infante di due-tre anni, e questo la fa risultare spesso irritante. Ma fortunatamente la storia non si concentra troppo su di lei e non viene utilizzata come oggetto per ispirare compassione, quindi questo fastidio rimane trascurabile.
Anche se i precedenti fondamentalmente mi erano piaciuti, questo è il primo epsiodio dai tempi di Capaldi che avrei voglia di rivedere. E ci voleva Moffat. Voto: 8.5/10
Nessun commento:
Posta un commento